Il 30 aprile del 1993 ad Amburgo il gesto folle dello squilibrato fan di Steffi Graf cambio la storia del tennis, interrompendo per due anni la carriera della campionessa serba. Dopo 14 anni passati in una clinica per malattie mentali, Parkhe si è spento in agosto come rivelato dalla Bild

Il 30 aprile saranno 30 anni dall’accoltellamento di Monica Seles al torneo di Amburgo, ma nessuno potrà intervistare il protagonista al negativo dell’attentato: Gunter Parkhe è morto nell’agosto del 2022 in una crinica per malattie mentali a Nodhausen, in Turingia, dove ha trascorso gli ultimi 14 dei suoi 68 anni di vita, come rivelato dalla Bild.

Quel giorno, alle cinque di sera, durante un cambio di campo del quarto di finale fra la numero 1 e Magdalena Maleeva Parkhe, un cappellino da baseball in testa, si avventò impugnando una lama di 23 centimetri contro la campionessa serba, che fortunatamente al momento dell’impatto si piegò per bere. La ferita fu minima nel fisico, meno di due centimetri fra scapola e polmoni, ma enorme per la psiche e la carriera di Monica, che non fu più la stessa. La Seles, che aveva 19 anni e aveva vinto otto degli ultimi dieci Slam, restò fuori dal tour per quasi due anni. Al rientro fu classificata numero 1 bis accanto alla grande rivale Steffi Graf. Vinse ancora uno Slam – agli Australian Open del 1996 – e un bronzo olimpico, ad Atlanta nello stesso anno, ma ormai il suo momento era passato, e il ricordo della terribile esperienza la segnò a lungo.

Parkhe, che rischiava 20 anni per tentato omicidio, se la cavò con due anni con la condizionale – non fu ritenuto socialmente pericoloso – ma in galera passò appena sei mesi. «Non volevo ucciederla, ma solo impedirle per giocare a lungo», confessò Parkhe, grande tifoso della Graf, che per mesi aveva stalkerato la sua vittima prima di entrare in azione per impedirle di rivaleggiare con la sua preferita. Una vicenda che ha cambiato la storia del tennis, e contribuito a irrigidire le misure di sicurezza. La Seles, che si è riritaa definitoivamente nel 2003, ai tempi giudicò troppo mite la pena, ma già da anni ha spiegato che non conserva tracce di quell’evento. «Nella vita di tutti giorni non ne risento più. Può darsi che sia rimasto qualcosa di cui non mi accorgo, ma la mia vita è normalissima oggi».