Visto lo spavento che si è presa, le è andata piuttosto bene. Sara Errani si dice “arrabbiata” per come si è sviluppato il suo caso di positività a un test antidoping, ma con una squalifica di soli due mesi (più la confisca retroattiva dei risultati dal 16 febbraio al 7 giugno), la sua carriera è salva e potrà giocare qualche torneo addirittura nel 2017. Sicuramente potrà effettuare una serena preparazione per il 2018. E' questo il verdetto della sentenza pubblicata dal Tribunale Indipendente ITF, presieduto da David Casement QC (presidente), Kitrina Douglas e Terry Kristal. A differenza di quanto uscito nell'articolo del Corriere della Sera, la sostanza rilevata è il letrozolo (presente in una medicazione definita “Femara”). Fa parte della stessa famiglia dell'Arimidex, anzi, è ancora più potente. Mai nessun atleta era risultato positivo alla sostanza, vietata per gli uomini dal 2001 e per le donne dal 2005. Tra l'altro, non esistono prove che tale sostanza migliori le prestazioni di un'atleta, ma è ritenuto dopante perché aumenta la massa muscolare e infatti è stato utilizzato da body builders, anche perché si è rivelato molto efficace nel ridurre gli effetti collaterali dell'aromatizzazione, anche con cicli ad alte dosi di steroidi. Detto questo, il medicinale “Femara” si trovava a casa dei genitori di Sara Errani perché mamma Fulvia lo prende per evitare il ritorno di un tumore, con cui combatte dal 2005: si è operata due volte e ha patito due ricadute, l'ultima nel 2012. Sempre dal 2012 prende la medicina: essendosi dimenticata di prenderla in alcuni giorni, ha scelto di collocarla nel ripiano della cucina accanto al tavolo, laddove prepara i pasti, in modo da ricordarsene. Tuttavia, era già capitato che una o due pillole terminassero accidentalmente nei cibi che stava preparando.
COLPA (MOLTO) LEGGERA
La ricostruzione dei fatti, sostanzialmente accettata dal Tribunale, è che una pillola di Femara sia finita nel cibo poi ingerito dalla Errani, nella fattispecie tortellini in brodo. Il test è stato effettuato giovedì 16 febbraio e analizzato al “solito” laboratorio di Montreal. La Errani è stata avvisata dei risultati il 18 aprile, poco prima di Italia-Taiwan di Fed Cup. Sara ha scelto di continuare a giocare in attesa dell'udienza, svoltasi a Londra lo scorso 19 luglio: c'era anche mamma Fulvia, che ha spiegato quanto successo in quei giorni. Il tecnico di parte dell'ITF, la dottoressa Christiane Ayotte, ha convinto il Tribunale del fatto che la presenza di letrozolo nell'organismo della Errani (65 nanogrammi / ml) non consentiva di capire se ne facesse utilizzo regolare o meno, ma ha detto di “non poter escludere” che l'assunzione fosse avvenuta nel modo descritto dalla difesa. Sulla base dei documenti presentati dagli avvocati di Sara (tra cui Ciro Pellegrino, uno dei legali della FIT), il tribunale ha ritenuto “plausibile” la versione e “sufficienti” le prove secondo cui il letrozolo sia entrato nel corpo di Sara nel modo accidentale descritto dalla madre. Inoltre, si è tenuto conto dei tanti test antidoping, tutti con esito negativo, cui Sara si era sottoposta in passato: 23 test alle urine dal 2014, 21 test del sangue dal 2012. Per ottenere l'assoluzione completa, avrebbe dovuto dimostrare di non avere nessuna colpa: tale punto è stato rifiutato dal tribunale, perché il farmaco – per quanto lei non lo conoscesse e non ne sapesse l'utilizzo – era in vista in cucina, e avrebbe dovuto affrontare la questione. In questo caso, la responsabilità di errori di terze persone ricade comunque sulla giocatrice. Tuttavia, visto che l'impianto difensivo è stato sostanzialmente accettato, la “colpa o negligenza” della giocatrice è stata definita “leggera”, quindi la sanzione sarebbe stata da 0 a 8 mesi. Il fatto che gliene abbiano dati soltanto due significa che, in effetti, anche i giudici hanno creduto alla sostanziale innocenza di Sarita.
IL TEST DEL CAPELLO (RIFIUTATO)
La sanzione è scattata il 3 agosto e terminerà il 2 ottobre, mentre le hanno tolto punti e prize money conquistati dal 16 febbraio (giorno del test positivo) al 7 giugno (giorno in cui si è sottoposta a un altro test, stavolta risultato negativo). Nel frattempo, Sara ha raccontato la sua versione dei fatti in una nota pubblicata sui suoi profili social. Nella nota, Sara ha parlato di un test del capello che l'avrebbe ulteriormente scagionata, poiché secondo test scientifici un eventuale utilizzo del prodotto sarebbe stato rilevato da questa tipologia di test. Ovviamente, non c'era traccia di letrozolo. La prova non è stata ritenuta valida in sede processuale: nella sua lettera, Sara ha parlato di “cavillo”: in realtà, la prova non è stata accettata perché non era stata mostrata prima dell'udienza, e secondo il tribunale “non c'erano ragioni per non presentarla in anticipo”. Al di là di questo, pur risultando piuttosto curiose le modalità di ingestione del letrozolo, l'immagine di Sara non ne esce particolarmente scalfita. Vista la generale severità dei giudici di primo grado, due mesi di sospensione profumano di assoluzione. Mercoledì, a Milano, la Errani spiegherà in prima persona la sua versione dei fatti, rispondendo alle domande dei giornalisti in un'apposita conferenza stampa.