Quell'improvvisa ondata di popolarità, tre anni fa, ha rischiato di bruciarla. Battendo Dominika Cibulkova allo Us Open 2014, ad appena 15 anni e 152 giorni, aveva un po' esagerato in precocità. In effetti c'è voluto un periodo di assestamento, ma oggi Catherine Cartan Bellis, per tutti “CiCi” (anche se la WTA non ha ancora esaudito la richiesta di mettere il nomignolo nella sua scheda), sta diventando una giocatrice vera. Aveva mostrato cose importanti con la semifinale a Stanford, ma non ha intenzione di fermarsi: al primo turno della Rogers Cup ha superato Julia Goerges, che si era presentata a Toronto fresca di leadership nella classifica degli ace. Prima del match ne aveva tirati 304 in tutto il 2017, più delle gemelle Pliskova. Musica ben diversa contro la Bellis: nel 4-6 6-3 6-2 finale, la tedesca ne ha tirati soltanto 6 e ha raccolto appena il 62% di punti quando ha messo la prima palla. Con la seconda, la percentuale è scesa al 47%. La Bellis è stata aiutata da una superficie piuttosto lenta: lo ha ammesso lei stessa, parlando con coach Anibal Aranda al termine del secondo set. “Bisogna spingere tanto su ogni palla”. In una specie di monologo, aveva fatto i complimenti ad alcune giocate della Goerges, pur ammettendo che “Quando riesco a rispondere profondo, lei va in difficoltà”. Oggi è la più giovane tra le top-50 ATP, ma soltanto un anno fa stava per mettere in ghiaccio la carriera: la Stanford University, proprio dove ha giocato bene la scorsa settimana, la stava per accogliere. CiCi ci ha pensato su, poi ha pensato di dedicarsi al professionismo. Dall'alto del numero 36 WTA appena conquistato, può essere felice della sua scelta. Può migliorare, anche a breve, perché il cemento all'aperto è la sua superficie preferita. Tuttavia, in primavera ha fatto una scelta di programmazione importante e coraggiosa: tanta, tanta terra battuta. Rabat, Madrid, Roma, Parigi. Si è ben disimpegnata, tanto da acciuffare il terzo turno al Roland Garros.
LA FILOSOFIA DI PEP GUARDIOLA
E' andata bene anche sull'erba, dove ha raggiunto le semifinali a Maiorca e ha giocato un buon match contro la Azarenka a Wimbledon. I banchi di scuola, forse, torneranno tra qualche anno: tuttavia, la Bellis è ancora una “studentessa” di tennis. “Sono impressionata dalla sua maturità, dalla sua fiducia in se stessa e dalla gran voglia di imparare” ha detto Chris Evert la scorsa primavera. In tempi non sospetti, le aveva predetto un posto tra le top-20 a fine stagione. Sembrava difficile, invece ci aveva visto giusto. A Stanford, la baby californiana (una delle tre teenagers tra le top-100) ha rifilato un netto 6-2 6-0 a Petra Kvitova. In quella partita, così come contro la Goerges, ha mostrato l'innata capacità di leggere il servizio e anticipare con efficacia la risposta. E sa sfruttare al meglio la potenza impressa dall'avversaria. A sua volta serve piuttosto bene, nonostante sia alta appena 168 centimetri. Non tirerà forte come Venus Williams, ma lo sa variare nel migliore dei modi. Contro la Goerges ha impressionato soprattutto nei turni di servizio: ha vissuto diverse situazioni delicate, ma quando aveva bisogno di un punto lo trovava quasi sempre. Ma non si è limitata a questo: risposte profonde, dritti precisi, volèe decisamente ben giocate e una condotta intelligente, che le ha permesso di capire cosa funzionava a cosa no. Ha dominato alla distanza, garantendosi la possibilità di sfidare Svetlana Kuznetsova. L'improvvisa crescita è arrivata (anche) grazie alle idee di Aranda, un paraguaiano che risiede negli Stati Uniti. Sta cercando applicare al tennis la filosofia di Pep Guardiola: ordine e disciplina fino all'area di rigore, poi libertà assoluta. E' lo stesso per la Bellis: guai prendere rischi inutili in fase di manovra, ma quando mette i piedi dentro il campo può fare quello che vuole. Per adesso funziona, con buona pace della Stanford University.