La vita può cambiare in un momento, si sa. Come le botte di sfortuna, anche la buona sorte arriva all'improvviso.Bisogna saperla afferrare, poi maneggiare. Fosse stato Australian Open, Roland Garros o Wimbledon, Georgia Brescia non avrebbe potuto giocare il suo primo Slam. Il caso ha voluto che acciuffasse una posizione intorno al numero 200 WTA quando stava per uscire l'entry list delle qualificazioni di Flushing Meadows, unico Slam a regalare 128 posti nelle qualificazioni, mentre gli altri offrono “soltanto” 96 spot. La 203esima posizione non sarebbe bastata, giacché (al lordo dei forfait), la lombarda era la 102esima iscritta alle “quali”: sufficiente soltanto per Flushing. Colpo di fortuna, peraltro grazie agli ottimi risultati del 2017, coronati da un paio di vittorie in tornei ITF (Santa Margherita di Pula e Lenzerheide), a cui si aggiunge la finale ottenuta sul finire del 2016 a Canberra, capitale amministrativa dell'Australia, laddove si era recata senza coach, l'uruguaiano Gonzalo Vitale. Come vedremo, ben più di un allenatore per la 21enne di Monza, peraltro omaggiata dalla benemerenza sportiva dall'ex sindaco, lo scorso marzo. Vitale è a New York a vivere una favola che nessuno si immaginava, anche solo fino a poche settimane fa. A inizio stagione, in un eccesso di modestia, Georgia (per l'esattezza, Georgia Louise) sperava di chiudere l'anno tra le top-300 WTA. Adesso, invece, le basterà battere Tereza Martincova per entrare nel tabellone principale dello Us Open. Pazzesco, anzi, fiabesco. Il suo nome è pressoché sconosciuto, se non ai feticisti dei tornei minori. La sua vicenda, dunque, è ancora vergine e vale la pena raccontarla: mamma inglese (di Liverpool) e papà calabrese, Georgia ha iniziato a giocare ad appena 3 anni, sulle orme della sorella maggiore Natasha. Come tanti baby-tennisti, ha passato pomeriggi interi a tirare una pallina contro il muro. Ma lei era troppo piccola, senza forza a sufficienza. E allora, istintivamente, mise entrambe le mani sul manico. Ne è nata una giocatrice “quadrumane”, termine orribile (ma economico) per descrivere coloro che tirano a due mani sia il dritto che il rovescio. Qualche anno fa, ci fu una timida chiacchierata con Vitale per capire se valesse la pena staccare la mano sinistra. Non si andò oltre, dunque oggi l'Italia ha la sua piccola Monica Seles (la “quadrumane” più forte di sempre). O magari Marion Bartoli. Chissà se Georgia metterebbe la firma per vivere una carriera come Adriana Serra Zanetti, migliore azzurra ad adottare questo stile, quartofinalista a Roma e Australian Open, nonché capace di raggiungere gli ottavi al Roland Garros.
GONZALO VITALE, UN COACH PER AMICO
Per adesso si gode i successi su Patricia Maria Tig (giocatrice vera, n.19 del draw cadetto) e del ritiro di Stefanie Voegele, che però ha alzato bandiera bianca quando era già in svantaggio 6-4 4-2. La Brescia è una ragazza molto simpatica, con passioni tutte sue (passi per i bassottini, ma non tutti possiedono iguane e serpenti…), nonché fanatica di Vasco Rossi. Pur essendo italiana a tutti gli effetti, nonostante le origini materne, si allena in Svizzera. Oddio, subito dopo il confine, a Mendrisio, nella Svizzera italiana. Ma resta una faccenda curiosa, anche perché si reca ad allenarsi in treno, ogni giorno che Dio manda in terra. Ad aspettarla, un tecnico uruguaiano cresciuto ai tempi d'oro del loro tennis, quando c'erano Diego Perez e Marcelo Filippini. Lui non era alla loro altezza, ma imparò rapidamente il mestiere di coach. Ben presto è volato in Europa: prima Spagna, poi Svizzera, dove insegna da ormai 10 anni. Quando Georgia ne aveva 15, è iniziato un percorso professionale che l'ha portata fino a qui. La Brescia considera Vitale una specie di secondo padre, lo ringrazia spesso per averla resa una persona migliore. Hanno iniziato in un momento difficile per lei, senza particolari motivazioni. Ma Georgia è stata brava a crederci anche quando la razionalità spingeva altrove. A supervisionare il progetto c'è Tathiana Garbin, capitana di Fed Cup, che dà qualche suggerimento anche sul piano della programmazione. C'è anche lei, a New York, a verificare la crescita di una ragazza che ben presto potrebbe entrare nel giro della nazionale. Un nome nuovo, fresco, di cui l'Italia avrebbe un gran bisogno, anche se è difficile capire fin dove potrà arrivare. Georgia non pensa certo di diventare una nuova Schiavone, o magari una nuova Errani. Per adesso si gode un momento d'oro, che potrebbe diventare anche magico. Mica male, specie dopo che un mese fa le avevano diagnosticato l'overtraining, un po' come fecero qualche anno fa con Melanie Oudin. Semplicemente, aveva giocato troppe partite e il suo fisico non ne poteva più. Ma a 21 anni si recupera in fretta, e a New York lo sta dimostrando. E vuole continuare a dimostrarlo.