Quando c'è dì un'occasione da sfruttare, Paolo Lorenzi non delude mai. Nel derby tricolore batte in tre set uno spento Fabbiano, controllando dall'inizio alla fine, e a 35 anni e 8 mesi diventa il giocatore più anziano dell'Era Open a raggiungere per la prima volta la seconda settimana in uno Slam. È l'ennesimo traguardo di una carriera da favola, e non è detto che a New York sia finita qui.“Sembrerà strano – ci raccontava Paolo Lorenzi lo scorso dicembre – ma non penso di finire la mia carriera domani”. Per fortuna, viene da aggiungere, con una preghierina perché non lo faccia nemmeno dopodomani, o fra una settimana, un mese o un anno. A 34 anni e sette mesi è diventato il più anziano a vincere il suo primo titolo ATP, e già sembrava il massimo, l’apice di una favola iniziata tardi, quando da brutto anatroccolo si è trasformato in un cigno, magari non invidiato ma di certo ammiratissimo, più di ogni altro connazionale. E invece no, il massimo ancora non si sa, non lo sa nemmeno lui, che a 35 anni e otto mesi è appena diventato il più anziano dell’Era Open a raggiungere per la prima volta la seconda settimana in un torneo del Grande Slam. Ancora lo Us Open, ancora quella New York dove prima “Paolino” ha vinto la fobia degli Slam, poi l’ha dimenticata col terzo turno del 2016 e oggi è lassù, sesto italiano di sempre agli ottavi di finale nella Grande Mela, dopo Panatta, Barazzutti, Pozzi, Sanguinetti e Fognini. Uno fra lui e Thomas Fabbiano aveva già il posto nella tasca del borsone, ma il più forte è Paolo e se l’è preso lui, portando sul Decoturf del Campo 17 la differenza di classifica ed esperienza, e tirando fuori il match perfetto nel momento perfetto. Non poteva essere altrimenti: la sua carriera è costruita sulle chance sfruttate, su treni che sarebbe facile perdere e invece lui non perde praticamente mai. Non era favorito con Sousa, e ha vinto. Non era favorito con Muller, e ha vinto. Era favorito con Fabbiano, e ha vinto di nuovo, per 6-2 6-4 6-4, senza correre rischi inutili. Il pugliese ha accusato il palcoscenico, il derby, la responsabilità di un match che in cuor suo pensava (giustamente) di poter vincere, ma solo a patto che funzionasse tutto bene. Invece ha funzionato quasi tutto male e ne è venuta fuori una prova al di sotto dei suoi standard, ma perdere contro uno che ha sempre indicato come un modello fa meno male.LORENZI FA IL BIG DALL’INIZIO ALLA FINE
Il compito di Fabbiano è stato difficile fin dall’inizio, col servizio bloccato dalla tensione, il diritto ballerino e colpevole di buona parte dei 38 errori gratuiti, ma anche o soprattutto un Lorenzi inavvicinabile. Paolo ha giocato da grande, con attenzione, ordine e una solidità disarmante. Gli bastava solamente giocare il suo tennis, e l’ha fatto senza strafare, dando sempre l’impressione di avere la situazione sotto controllo. Sapeva di essere superiore nello scambio e l’ha fatto pesare piazzandosi lontano dalla linea di fondo, pronto a difendere e contrattaccare. Thomas spingeva, spingeva, spingeva, ma la palla tornava sempre indietro e il primo a sbagliare era sempre lui. Ne sono venuti fuori tre set simili, con poco spettacolo e tanta sostanza, in pieno Lorenzi-style. Il toscano è passato a condurre già nel terzo game, e aiutato dal servizio ha sempre tenuto un margine di sicurezza, che gli ha permesso di passare indenne dai pochi momenti delicati. Ha perso la battuta quattro volte, non poche per un match vinto in tre set, ma non è un caso che l’abbia fatto sempre quando era in vantaggio. E nemmeno che in tre occasioni abbia allungato di nuovo nel game seguente, come a voler mostrare a Fabbiano che era solo lui a decidere cosa doveva e non doveva succedere. Non ha lasciato mezza chance, non ha mostrato un singolo segnale di debolezza e ha chiuso in due ore e spiccioli, regalandosi un altro traguardo meraviglioso, l’ennesima prima volta di una carriera che ha già raccolto buona parte degli aggettivi, ed pronta a raccoglierne ancora. Sia per il giocatore sia per l’uomo, che vale ancora di più. Un esempio? Quando a fine match gli hanno chiesto cosa sia cambiato rispetto al passato, non ha pensato nemmeno un secondo a sé stesso. Ha rivolto lo sguardo verso la tribuna e ha ringraziato coach e preparatore atletico, Claudio Galoppini e Stefano Giovannini, dando a loro tutti i meriti. “Quando ho iniziato a lavorare con loro – ha detto – ero numero 200 del mondo, a 28 anni. Poi, sono migliorato passo dopo passo”. Il prossimo lo porterebbe nei quarti di finale allo Us Open. Nei quarti di finale allo Us Open!
US OPEN 2017 – Terzo turno uomini
Paolo Lorenzi (ITA) b. Thomas Fabbiano (ITA) 6-2 6-4 6-4
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