Non sappiamo se diventerà forte o titolato come lui, ma Pablo Carreno Busta è sulla buona strada per essere considerato il nuovo Ferrer, non tanto come stile di gioco, ma per la capacità di essere un giocatore-termometro, uno di quelli che rappresentano una porta d'ingresso verso l'elite. Se lo batti, significa che sei pronto. Altrimenti, no. “Nadal è un idolo, ma non va bene prenderlo come esempio, sennò rischi di diventare matto. Molto meglio prendere spunto da Ferrer” aveva detto, in tempi non sospetti. Si parlerà ancora, molto, di Denis Shapovalov. Ma oggi festeggia il ragazzo delle Asturie, nato a Gijon, lontano dalle tipiche rotte del tennis spagnolo, "pescato" dai tecnici federali e sostenuto economicamente per i primi anni dopo il trasferimento a Barcellona. Uno che ha lavorato duramente per arrivare lassù. Con grande fatica, aveva raggiunto i quarti al Roland Garros e poi non aveva potuto giocarsi le sue chance contro Rafael Nadal. Una bella sfortuna, che gli ha impedito di giocare a Wimbledon e gli è costato un altro mesetto per riprendere il ritmo competizione. Ma tanta sfortuna si è tramutata in buona sorte allo Us Open, dove ha centrato un record difficilmente ripetibile: per raggiungere i quarti, ha battuto quattro giocatori provenienti dalle qualificazioni. “Quando ho visto il tabellone non avrei mai pensato di giocare con 4 qualificati. Penso che in questo torneo ci siano state le qualificazioni più dure di sempre. Va detto che Shapovalov non è un qualificato normale, è già fortissimo ed è destinato a diventare uno dei più forti. Posso dire che i primi due turni mi sono serviti per prendere il ritmo e iniziare a giocare bene”.
AFFRONTARE LE INSICUREZZE
Il problema di Carreno, negli anni passati, è stata la fiducia. Non credeva di poter diventare un giocatore vero, aveva paura di fronteggiare i più forti. Non a caso, quando gli hanno chiesto la ragione di questo risultato, ha risposto senza esitazione: “Ho creduto in me stesso, molto più che in passato. Adesso so di potercela fare e penso di poter crescere ancora. Ad esempio, bisogna giocare con aggressività. Se non lo sei, gli altri spingono forte e giocano senza pressione. Sono migliorato su questo punto, così come sul servizio. Di solito, nei tie-break vince chi serve meglio: nei tre tie-break ho servito molto bene”. Il merito di Pablo? La capacità di fronteggiare l'insicurezza. Sentendosi inferiore agli avversari, ha continuato a lavorare, sempre più duro, insieme ai coach Samuel Lopez e Cesar Fabregas, fino a costruirsi una condizione fisica straordinaria. “La svolta è arrivata quando ho lasciato Javier Duarte e sono andato all'accademia di Juan Carlos Ferrero. È totalmente cambiata la mentalità”. Lo aveva già mostrato in stagione, non solo con i quarti a Parigi, ma anche con la vittoria all'Estoril e – soprattutto – la semifinale a Indian Wells. Senza dimenticare le singole partite, come quella contro Novak Djokovic a Monte Carlo. E adesso è sempre più concreta la possibilità di arrivare alle ATP Finals: con i 360 punti già intascati è salito in undicesima posizione, ma le già sicure assenze di Wawrinka e Djokovic lo proiettano già in nona posizione. Tra i giocatori rimasti nella parte bassa, è il meglio piazzato in classifica, anche se nell'ATP Race gli sta davanti Sam Querrey. Ma adesso c'è il sogno Us Open da portare avanti. Partirà favorito contro Diego Schwartzman, che ha centrato l'impresa contro Lucas Pouille, non prima di aver avuto qualche problema fisico. Insomma, dopo quattro qualificati, rischia di trovare un giocatore in difficoltà fisica. Un po' di fortuna, più che meritata, per un ragazzo che a 21 anni si era operato di ernia al disco e, in quei momenti, non pensava – davvero! – che il tennis potesse diventare una professione remunerativa. E invece….