Forti tensioni interne in Spagna: il governo catalano ha indetto, in forma unilaterale, un referendum per l'indipendenza il prossimo 1 ottobre. “Capisco i catalani, ma siamo più forti se restiamo uniti” dice il n.1 del mondo, che ha vinto per 10 volte il torneo ATP di Barcellona. Intanto Madrid ha ordinato il sequestro delle urne…

È un momento di grande gioia per Rafael Nadal. Ha conquistato lo Slam numero 16, è ben saldo al numero 1 ATP e ha già fissato un nuovo obiettivo: chiudere la stagione in vetta al ranking mondiale. Sarebbe la quarta volta dopo 2008, 2010 e 2013. Rafa è atterrato in queste ore a Palma de Maiorca, ma si è dovuto esprimere su un tema che non lo riguarda direttamente. Tuttavia, la questione dell'indipendenza catalana gli sta a cuore. Vuoi perché molti dei migliori tennisti spagnoli arrivano o si allenano da quelle parti, vuoi perché lo zio Miguel Angel è stato un grande difensore blaugrana, vuoi perché il torneo di Barcellona è uno degli eventi più importanti del suo calendario. Lo ha vinto 10 volte, proprio come Monte Carlo e Roland Garros. In questi giorni si è inasprita la tensione tra Barcellona e Madrid, con il presidente catalano Carles Puigdemont ben deciso a far svolgere il referendum di autodeterminazione. Se è vero che la regione ha un forte senso identitario, espresso in mille modi (lingua propria, manifestazioni, una festa nazionale), il referendum previsto per il 1 ottobre non è accettato dal governo spagnolo. Si tratterebbe, dunque, di una manovra fuorilegge destinata a far crescere le tensioni interne. Tra l'altro, la Spagna non è nuova a situazioni del genere. Basti pensare all'ETA, organizzazione terroristica di separatisti baschi che negli anni si è macchiata di crimini di vario genere.

“IL 1 OTTOBRE NON DOVREBBE SUCCEDERE NIENTE”
Nadal aveva toccato l'argomento già a New York, con il trofeo dello Us Open in mano. Il suo pensiero è chiaro: “Dovremmo essere tutti preoccupati – ha detto – chi non lo è, evidentemente, non considera la Spagna come un Paese. La verità è che c'è un conflitto e bisogna risolverlo. La soluzione non è facile, ma esprimo il mio sentimento. Mi sento vicino ai catalani, ma sono anche molto spagnolo. Non posso immaginare una Spagna senza Catalogna. Non mi piacerebbe vederla e nemmeno immaginarla. Dobbiamo fare uno sforzo per trovare una comprensione reciproca e sono convinto che siamo più forti uniti che da separati. La Spagna è più forte con la Catalogna, e la Catalogna è migliore con la Spagna. Credo che il 1 ottobre non debba succedere niente, perché esistono delle leggi e non si possono contravvenire solo perché non ci piacciono. Non posso passare col rosso soltanto perché quel semaforo non mi piace. I catalani che vogliono fare certe cose, devono capirlo. Detto questo, rispetto i sentimenti di tutti e spero che si trovi una soluzione per continuare a vivere come paese unito”. Puigdemont non molla di un centimetro, incurante alle minacce che arrivano da Madrid: potrebbe essere incriminato dei reati di “disobbedienza”, “prevaricazione” e appropriazione indebita di fondi pubblici. La situazione è delicata anche all'interno della stessa comunità catalana, poiché sia Barcellona che una serie di comuni con più di 100.000 abitanti non metteranno a disposizione gli uffici municipali per lo svolgimento del referendum. Oltre 650 comuni, tuttavia, hanno deciso di collaborare nonostante le pressioni di Madrid e la minaccia di “conseguenze”. Nel frattempo, lunedì si è svolta la Diada, la festa nazionale che ricorda l'invasione borbonica del 1714 che privò la Catalogna della sua indipendenza. Secondo fonti interne, sono scese in piazza un milione di persone. Secondo Madrid, 350.000.

CUORE PULSANTE DEL TENNIS SPAGNOLO
Il governo centrale non esclude di ricorrere all'articolo 155 della Costituzione, che consentirebbe al Primo Ministro Mariano Rajoy di sospendere l'eventuale autonomia catalana e costringere la comunità a rispettare il dettato costituzionale. Tale scenario, ovviamente, potrebbe generare conseguenze incontrollate che nessuno si augura. Nel frattempo, è di queste ore la notizia che la Procura di Madrid ha ordinato alla polizia catalana di sequestrare il materiale per il referendum (urne, schede). Il problema è che Josep Lluis Trapero, capo dei “Mossos d'Esquadra”, è considerato vicino al fronte indipendentista. Un bel problema per un paese che ottiene dalla Catalogna (e dai suoi 7 milioni e mezzo di abitanti) un buon 20% del PIL. Detto che la faccenda è ben diversa rispetto al recente referendum di separazione della Scozia dalla Gran Bretagna (sul quale Andy Murray si era espresso positivamente, pur non avendo diritto di voto), un eventuale separazione tra Spagna e Catalogna avrebbe, in teoria, conseguenze importanti per il tennis spagnolo. A dire il vero, tra gli attuali top-100 ATP, soltanto Albert Ramos è catalano, a cui si aggiunge Pablo Carreno Busta come residente (ma è nato nelle Asturie). Ma non c'è dubbio che sia proprio Barcellona, da molti anni, il cuore pulsante del tennis spagnolo.