36 anni Federer, 31 Nadal. La finale dello Shanghai Rolex Masters metterà in campo due “vecchietti”, con 67 anni complessivi di età. Non è così sorprendente per quello che abbiamo visto nel 2017, ma resta antistorico, curioso. Ed è interessante ascoltare le parole di Roger Federer: a suo dire, con l'età media dei top-player sempre più alta, sia lui che Nadal possono ridefinire le proprie carriere e quelle di chi verrà dopo di loro: “In passato i giocatori si ritiravano in una fascia d'età compresa tra i 29 e i 32 anni, poi il periodo è passato dai 31 ai 35 anni. Adesso, invece, ogni singolo giocatore deve ascoltare il suo corpo e capire in che situazione si trova, tenendo conto degli impegni familiari e della voglia di continuare a viaggiare”. In altre parole, se prima la durata delle carriere era più o meno standard, adesso le nuove tecniche di recupero forniscono più scelta ai giocatori. Il logorio fisico è soltanto una delle ragioni che spinge a smettere. E poi ci sono i prize money: molti giocatori non hanno particolari competenze al di fuori del tennis. Dunque, in vista di una possibile carriera da coach o magari da maestro di circolo, prolungano l'attività per intascare più soldi possibili. “È di sicuro un incentivo a continuare a giocare – continua Federer – inoltre i giocatori sono più sani, perché da qualche tempo investiamo di più nel portarci fisioterapisti e massaggiatori ai tornei. Più in generale, la riabilitazione è più corretta e precisa. I tornei offrono un servizio sempre migliore, poi i viaggi sono meno faticosi oggi rispetto a 30 anni fa. È pieno di voli diretti”. Insomma, la tendenza è segnata. Senza scomodare fenomeni di longevità come Ken Rosewall e Jimmy Connors, oggi ci sono sempre più tennisti – anche non di prima fascia – in grado di esprimersi al massimo anche ben oltre i 30 anni. Gli esempi di Andre Agassi, di Roger Federer e dello stesso Nadal, saranno un incentivo per le nuove generazioni.
IL GIGANTE ASIATICO
Tra i vari argomenti, Federer ha parlato anche del potenziale del tennis in Cina e più in generale in Asia, laddove c'è un bacino umano enorme ma una mentalità ancora lontana dal “setting” ideale. “Mi pare che in questo momento la Cina abbia più giocatori che mai, ed è un buon inizio. La cosa importante è creare un movimento. L'ultimo vincitore dello Us Open Junior è un cinese: per la prima volta la Cina avrà un top-100, o magari un top-50: da quello che mi dicono, Yibing Wu ha davvero un grande potenziale. Dovesse farcela, sarebbe una notevole ispirazione per tutti gli altri”. Federer ha fatto l'esempio di Kei Nishikori e il Giappone: da quando Kei ha sfondato a livello di top-10, si è creato un movimento interessante. “Io credo che vedremo sempre più giocatori asiatici. Più in generale, tuttavia, il tennis è uno sport complesso, in cui non ci si può limitare a fare le cose giuste per arrivare in cima. Ci vogliono tante cose, a partire da tanti giocatori, la giusta passione e buoni allenatori”. Sul piano organizzativo, la Cina non può certo lamentarsi. In campo femminile ne hanno moltissimi, ma la crescita è evidente anche tra gli uomini, con ben quattro eventi spalmati in tre settimane: Chengdu e Shenzhen, addirittura, hanno contravvenuto la norma secondo cui non possono esserci due tornei in contemporanea nella stessa nazione. “E poi c'è lo Shanghai Rolex Masters, che sarà in grado di rafforzare il futuro del tennis asiatico. Io credo molto in questo continente”. Probabilmente non farà in tempo ad affrontare un campione con gli occhi a mandorla, ma non è il momento di pensarci. Adesso c'è una finale tutta da giocare, contro il rivale di sempre. La volevano tutti, a Shanghai non si era mai giocata. A ben vedere, si erano trovati un paio di volte alle ATP Finals quando si giocavano al Qi Zhong, ma non era mai stata una finale. Dall'ultima volta sono passati dieci anni. L'appuntamento è alle 10.30, con diretta su Sky Sport 2. Guardateli bene: non vi sembrerà che abbiano 67 anni in due…