Ha avuto bisogno di 13 partecipazioni per raggiungere il terzo turno a Parigi Bercy. È sorprendente, o forse no. In fondo, Nicolas Mahut è uno degli ultimi esemplari di erbivoro puro. Basta dare un'occhiata al suo palmares: ha vinto quattro tornei ATP, tutti sui prati (uno a Newport, tre a 's-Hertogenbosch). Rispolverando tempi ormai antichi, si scova una vittoria a Wimbledon Junior. Correva l'anno 1999 e batté in finale Mario Ancic. Difficilmente ha vinto qualcosa lontano dall'erba, anche sotto i tetti francesi. Il buon Nicolas non può certo lamentarsi della sua carriera, anche perché gli ha fruttato oltre 8 milioni e mezzo di dollari. Però, in quel giorno di inizio luglio, 18 anni fa, non pensava che il suo best ranking si sarebbe attestato al numero 37 ATP. Numero strano, il 37. Per anni, era stato il limite di Roberta Vinci. Sembrava insuperabile, poi Roberta si è ribellata e ha raggiunto addirittura le top-10, vincendo cinque Slam in doppio. Difficilmente Nicolas la imiterà, anche se in doppio ha trovato una dimensione inedita: numero 1 del mondo e vincitore di due Slam insieme a Pierre Hugues Herbert. Tutto bello, sia per l'immagine che per il portafoglio, ma Nicolas passerà alla storia per un altro motivo. 22-23-24 giugno 2010, Wimbledon: per 11 ore e 5 minuti, spalmate su tre giorni, ha condiviso il campo con John Isner e hanno dato vita al match di tennis più lungo di sempre. Ha perso, però sarà ricordato in eterno solo per quella partita. Ne è ben contento, tanto da aver donato al museo della Hall of Fame gli abiti che indossava quel giorno… e ci ha addirittura scritto un libro, insieme al giornalista dell'Equipe Philippe Bouin. Si chiama “Le match de Ma Vie” (il match della mia vita), e tanto basta per capire.
TALENTO ED ELEGANZA
Ma la necessità di sintesi, di un risparmio cognitivo, non rende giustizia a una carriera lunghissima che sta per vivere il suo momento più importante. Sabato 25 novembre, lui ed Herbert scenderanno in campo a Lille per giocare il doppio contro i belgi. Potrebbe essere il match decisivo per restituire la Coppa Davis alla Francia dopo 16 anni. Se Tsonga e Pouille faranno il loro dovere nella prima giornata, potrebbe essere un clamoroso matchpoint. In ogni caso, sarà una partita fondamentale. Ma oggi c'è da giocare a Parigi Bercy, un ottavo di finale non impossibile contro Filip Krajinovic. “Diciamo che è un avversario abbordabile, ma contro di lui ho già perso. Inoltre ha battuto Querrey, quindi sarà una partita complicata – ha detto dopo la netta vittoria contro Pablo Carreno Busta – certo, non capita tutti gli anni la possibilità di arrivare nei quarti a Bercy. E poi nei quarti ci sarebbe Nadal, la ciliegina sulla torta. Ma prima fatemi vincere questa partita…”. Non sarà facile, perché il serbo (n.77 ATP) sta giocando alla grande. Per giocare il torneo di casa (è nato ad Angers, ma risiede a Boulogne-Billancourt, sobborgo di Parigi), Nicolas ha avuto bisogno di una wild card. Le vittorie in doppio gli hanno tolto un po' di energia per il singolare, facendolo franare al numero 111 ATP. “Questo risultato è una doppia soddisfazione, perché non ce l'avevo mai fatta e poi mi permetterà di evitare le qualificazioni all'Australian Open”. Schiacciato dalla moltitudine di top-100 francesi, Mahut non è troppo popolare ma è un personaggio positivo, consapevole del ruolo (anche) sociale di uno sportivo. Esempio di comportamento impeccabile, esprime un tennis molto elegante. Batte e scende a rete, quasi su ogni palla. Ricorda vagamente Tim Henman. Ed è apprezzabile che a 35 anni sia ancora competitivo. “Alla mia età, la cosa più difficile è essere regolari per tutto l'anno. Ci sono settimane in cui è più difficile, non sono in forma e ho meno voglia, però nei grandi tornei sono ancora in grado di alzare il mio livello. Penso di avere ancora qualche colpo in canna”.
UN DESTINO CURIOSO
Gira per i corridoi della AccorHotels Arena e abbraccia il piccolo Natanel, 6 anni, avuto dalla moglie Virginie. L'ha conosciuta nel 2007 quando lei aveva già un figlio, Thiefaine, nato da una precedente relazione. Lui si è prestato a fargli da secondo papà, denotando comprensione e pazienza. La stessa che ha mostrato nel 2010, in quella storica partita a Wimbledon. Qualche giorno dopo, non ricordava se avesse fatto i complimenti a John Isner. Allora gli ha scritto un lungo messaggio. Lo ringraziava per aver condiviso il campo in un match così duro. “E mi ha risposto con una splendida mail, che conservo gelosamente”. Andy Warhol diceva che ognuno ha diritto a un quarto d'ora di gloria. Mahut ha avuto ben 11 ore e e 5 minuti, a prescindere dal risultato. “Sì, resterà nella storia ma spero di avere altri momenti di gloria in futuro! – diceva nel 2010 – immagino che vincere la Coppa Davis possa offrire sensazioni incredibili”. Frasi che hanno un sapore incredibile, se rilette oggi. Ed è incredibile che oggi, dopo di lui, nel palestrone che i francesi hanno coraggiosamente chiamato Campo 1, giocherà Julien Benneteau. Proprio quel Benneteau con cui è cresciuto insieme. Si sono conosciuti quando avevano 10 anni. “Per un periodo ho visto più lui che i miei fratelli” rivela Nicolas. Per anni hanno giocato il doppio insieme, poi è successo che la coppia scoppiasse per scelta di Benneteau. Guy Forget, allora capitano della Davis francese, provò il team Benneteau-Llodra. Dovevano limitarsi alla Davis, ma poi Benneteau lasciò Mahut a piedi per giocare regolarmente con Llodra. “La scelta definitiva è arrivata al Roland Garros e per me fu molto dura accettarlo” ricorda Mahut. Il suo ex compagno voleva a tutti i costi vincere la Davis. Non ce l'ha fatta, nonostante una scelta che per qualche mese è stata frutto di tensioni profonde, poi sciolte e addirittura cancellate dalla partecipazione di Benneteau al match contro la Gran Bretagna, quando Herbert era assente per infortunio. Fra tre settimane, allo Stadio Pierre Mauroy, ci sarà qualcuno che potrà alzarla per davvero, l'Insalatiera: Nicolas Mahut. E Julien Benneteau, salvo sorprese dell'ultim'ora, starà a guardare. È proprio vero che il tempo è galantuomo.