“Mi ricorda Agassi, ma gioca meglio a rete”, disse di lui Nick Bollettieri una dozzina d’anni fa. La previsione si è rivelata sbagliata, ma la corsa di Filip Krajinovic non è ancora finita. Dopo una splendida stagione a livello Challenger, con ben cinque titoli, il serbo ha agguantato i quarti di finale a Parigi Bercy. Lunedì sarà vicinissimo ai primi 50 del mondo.Nick Bollettieri è famoso per aver messo mano (con fortuna) nella crescita di una valanga di campioni, tanto da venire considerato un autentico “guru” del mondo del tennis. Ma nella sua carriera infinita, come è inevitabile che sia, ha preso anche lui degli abbagli. Per esempio, quando a 13 anni Filip Krajinovic è arrivato alla sua IMG Academy di Bradenton con le valigie piene di sogni, il buon Nick disse qualcosa come “mi ricorda Agassi, ma gioca meglio a rete. Una dozzina d’anni dopo la previsione fa scappare una sana risata, perché il 25enne di Sombor è sempre rimasto ben lontano dai record del Kid di Las Vegas, ma dopo parecchie stagioni buie sta finalmente tornando a far parlare di sé. Gli ottimi risultati del 2017 a livello Challenger gli hanno permesso di tornare a giocare un Masters 1000 dopo oltre un anno e mezzo, e lui non si è accontentato di partecipare alle qualificazioni. Le ha superate, poi ha infilato altre tre vittorie contro Yuichi Sugita, Sam Querrey e Nicolas Mahut, e oggi può assaporare il suo primo quarto di finale a certi livelli, con la prospettiva (molto probabile) di vedersela venerdì contro Rafael Nadal, sul Campo Centrale. Risultati che dovevano essere la normalità per uno che fin da ragazzino ha avuto addosso l’etichetta del predestinato, invece sono qualcosa di straordinario se si dà una sbirciata al periodo che stava attraversando sino a metà 2017. Lo scorso anno ha giocato a singhiozzo a causa di ripetuti problemi fisici e fino a maggio ha vinto pochissimo, tanto da essere sprofondato al numero 294 del ranking ATP. Un disastro, ma per sua fortuna non ha mollato. “Anche nei momenti più difficili – ha raccontato di recente al sito ATP – credevo che fosse possibile tornare fra i primi 100 del mondo, ma non avevo la certezza che ne sarei stato capace. Poi, di colpo, ho vinto un torneo partendo dalle qualificazioni e ho iniziato a giocare meglio. Ci ho creduto di più, mi sono avvicinato un passo alla volta ed eccomi qui”. CHALLENGER: UN BAGNO D’UMILTÀ
Oltre agli infortuni, in primis l’operazione alla spalla destra che fra 2011 e 2012 gli ha permesso di giocare appena una quindicina di tornei in due anni, fra le cause della sua maturazione al rilento ci sono anche un caratterino non semplice e uno spirito di sacrificio abbastanza distante dal modello di David Ferrer, per citarne uno. Fra 2014 e 2015 aveva lavorato anche con Diego Nargiso, ma nonostante l’ingresso fra i top-100 la collaborazione era durata poco più di sei mesi, chiusa dal tecnico napoletano per una sorta di mancanza di comunicazione. Il tennis non è soltanto dritto e rovescio, se il coach non riesce a conoscere bene il giocatore, come fa a migliorarlo?”, disse ai tempi Nargiso. Tra le righe si leggeva il fatto che Krajinovic facesse un po’ troppo il prezioso. Per uno così non dev’essere stato facile fare un bagno d’umiltà e tornare a giocare a tempo pieno i tornei Challenger, ma gli è servito da lezione. Ha accettato che la sua dimensione fosse diventata quella e per quasi tutto il 2017 ha rinunciato al circuito maggiore, giocando solamente a Sofia a febbraio. Il mese dopo ha dispitato addirittura un torneo Futures, a Santa Margherita di Pula (Sardegna), perdendo al secondo turno contro Marco Bortolotti. Ma toccare il fondo gli è servito, e a metà maggio è arrivata la svolta. Ha vinto il Challenger di Heilbronn partendo dalle qualificazioni, ed è come se fosse rinato. Da quel momento in poi ha continuato a vincere, vincere, vincere. Secondo titolo a Marburg, sempre in Germania, terzo a Biella, quarto al Due Ponti di Roma, quinto ad Almaty (Kazakhstan), record di successi stagionali a livello Challenger (47) e il ritorno nella top-100, con in omaggio un biglietto per giocare le qualificazioni a Bercy. Il resto è storia recente, ancora da concludere.
“LA MIA CARRIERA È SOLO ALL’INIZIO”
“Per me – ha detto – il 2017 è stato un anno incredibile. Nel 2016 ho avuto dei problemi fisici e ho faticato a giocare, e anche l’inizio di questa stagione non è stato facile. Ma poi d’estate è cambiato tutto”. L’assenza di Djokovic dai campi proprio nella seconda metà del 2017 gli ha permesso di avere molti più occhi puntati addosso rispetto a ciò che sarebbe successo con “Nole” in campo, ma quelle attenzioni che un tempo erano un problema, oggi fanno solo piacere. L’ATP l’ha anche selezionato fra i sei candidati per il premio “Comeback of the year”: non lo vincerà, perché insieme a lui ci sono anche Roger Federer e Rafael Nadal, ma è comunque un bel riconoscimento. Segno che il mondo del tennis non si è dimenticato di quando a 16 anni, in quel 2008 in cui Djokovic esplose ad altissimi livelli, Krajinovic era il suo “gemello” juniores, con semifinali a Wimbledon e Us Open under 18. E nemmeno del quarto di finale del 2010 all’ATP 250 di Belgrado, quando il derby serbo con “Nole” lo vinse lui. Ok, Djokovic era acciaccato e si ritirò dopo aver perso il primo set, ma Filip era lì ad approfittarne. Con la vittoria in tre set su Mahut il serbo si è garantito un +21 in classifica, che il prossimo lunedì lo porterà al numero 56, subito alle spalle di Viktor Troicki. “Il mio obiettivo – ha detto – era di chiudere l’anno nei primi 100, poi nei primi 70, ma sono già oltre. Ho accumulato tantissima fiducia, quindi scendo in campo molto sereno, a prendermi ciò che arriva. Per il prossimo anno punto a giocare solamente nel circuito maggiore. Sono pronto per una grande preparazione, e lavorerò più duramente che mai. Dopo gli infortuni che ho avuto ho imparato a prendermi cura del mio corpo. È il momento di sfruttare tutto il mio potenziale. Questo è solo l’inizio della mia carriera”. Parole forti: significa che secondo lui il bello deve ancora venire, con l’augurio di non trovarsi mai più Djokovic di fronte. Vuoi mettere chiudere la carriera 1-0 contro uno dei più forti di sempre?