CHALLENGER: UN BAGNO D’UMILTÀFirst career Masters 1000 quarterfinal for @filipkrajinovic!
— Tennis TV (@TennisTV) 2 novembre 2017
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Oltre agli infortuni, in primis l’operazione alla spalla destra che fra 2011 e 2012 gli ha permesso di giocare appena una quindicina di tornei in due anni, fra le cause della sua maturazione al rilento ci sono anche un caratterino non semplice e uno spirito di sacrificio abbastanza distante dal modello di David Ferrer, per citarne uno. Fra 2014 e 2015 aveva lavorato anche con Diego Nargiso, ma nonostante l’ingresso fra i top-100 la collaborazione era durata poco più di sei mesi, chiusa dal tecnico napoletano per una sorta di mancanza di comunicazione. “Il tennis non è soltanto dritto e rovescio, se il coach non riesce a conoscere bene il giocatore, come fa a migliorarlo?”, disse ai tempi Nargiso. Tra le righe si leggeva il fatto che Krajinovic facesse un po’ troppo il prezioso. Per uno così non dev’essere stato facile fare un bagno d’umiltà e tornare a giocare a tempo pieno i tornei Challenger, ma gli è servito da lezione. Ha accettato che la sua dimensione fosse diventata quella e per quasi tutto il 2017 ha rinunciato al circuito maggiore, giocando solamente a Sofia a febbraio. Il mese dopo ha dispitato addirittura un torneo Futures, a Santa Margherita di Pula (Sardegna), perdendo al secondo turno contro Marco Bortolotti. Ma toccare il fondo gli è servito, e a metà maggio è arrivata la svolta. Ha vinto il Challenger di Heilbronn partendo dalle qualificazioni, ed è come se fosse rinato. Da quel momento in poi ha continuato a vincere, vincere, vincere. Secondo titolo a Marburg, sempre in Germania, terzo a Biella, quarto al Due Ponti di Roma, quinto ad Almaty (Kazakhstan), record di successi stagionali a livello Challenger (47) e il ritorno nella top-100, con in omaggio un biglietto per giocare le qualificazioni a Bercy. Il resto è storia recente, ancora da concludere.“LA MIA CARRIERA È SOLO ALL’INIZIO”
“Per me – ha detto – il 2017 è stato un anno incredibile. Nel 2016 ho avuto dei problemi fisici e ho faticato a giocare, e anche l’inizio di questa stagione non è stato facile. Ma poi d’estate è cambiato tutto”. L’assenza di Djokovic dai campi proprio nella seconda metà del 2017 gli ha permesso di avere molti più occhi puntati addosso rispetto a ciò che sarebbe successo con “Nole” in campo, ma quelle attenzioni che un tempo erano un problema, oggi fanno solo piacere. L’ATP l’ha anche selezionato fra i sei candidati per il premio “Comeback of the year”: non lo vincerà, perché insieme a lui ci sono anche Roger Federer e Rafael Nadal, ma è comunque un bel riconoscimento. Segno che il mondo del tennis non si è dimenticato di quando a 16 anni, in quel 2008 in cui Djokovic esplose ad altissimi livelli, Krajinovic era il suo “gemello” juniores, con semifinali a Wimbledon e Us Open under 18. E nemmeno del quarto di finale del 2010 all’ATP 250 di Belgrado, quando il derby serbo con “Nole” lo vinse lui. Ok, Djokovic era acciaccato e si ritirò dopo aver perso il primo set, ma Filip era lì ad approfittarne. Con la vittoria in tre set su Mahut il serbo si è garantito un +21 in classifica, che il prossimo lunedì lo porterà al numero 56, subito alle spalle di Viktor Troicki. “Il mio obiettivo – ha detto – era di chiudere l’anno nei primi 100, poi nei primi 70, ma sono già oltre. Ho accumulato tantissima fiducia, quindi scendo in campo molto sereno, a prendermi ciò che arriva. Per il prossimo anno punto a giocare solamente nel circuito maggiore. Sono pronto per una grande preparazione, e lavorerò più duramente che mai. Dopo gli infortuni che ho avuto ho imparato a prendermi cura del mio corpo. È il momento di sfruttare tutto il mio potenziale. Questo è solo l’inizio della mia carriera”. Parole forti: significa che secondo lui il bello deve ancora venire, con l’augurio di non trovarsi mai più Djokovic di fronte. Vuoi mettere chiudere la carriera 1-0 contro uno dei più forti di sempre?