La fiaba di Krajinovic ha un nuovo capitolo: l'ex predestinato serbo batte anche Isner e conquista la finale a Parigi Bercy, da numero 77 ATP. Il sogno Masters dello statunitense va in frantumi sul 4-2 del tie-break del terzo, prima di un finale commovente. Krajinovic scoppia a piangere, trema dall'emozione, e il suo coach esulta come un pazzo a torso nudo.Le statistiche ricorderanno quella di Parigi Bercy come una delle peggiori finali nella storia dei Masters 1000, o Masters Series, o Super 9 o quello che c’era ancora prima. Ma per una volta i numeri vale la pena lasciarli da parte, perché il tennis è anche emozioni, non sempre legate solo ai soliti nomi. È normale che gli appassionati si innamorino dei big, ma le storie più belle sono spesso costruite nelle retrovie, e quando dai campi secondari volano in mondovisione fanno in fretta a lasciare il segno. È impossibile non aver provato nemmeno un piccolo brivido quando dopo aver conquistato una incredibile finale in un Masters 1000, battendo John Isner per 6-4 6-7 7-6, Filip Krajinovic si è sdraiato in terra, piangendo come un bambino. Era talmente emozionato che ha fatto una fatica tremenda anche a firmare la telecamera. Tremava, e la mano non ne voleva sapere di seguire i comandi. Il tutto mentre a bordo campo coach Petar Popovic si era tolto la maglietta, in piena trance, esultando a torso nudo come un pazzo. Scene che avranno fatto rivoltare nella tomba i pionieri del tennis che fu, tanto rigido e signorile da risultare noioso, ma hanno aggiunto ancora più emotività alla favola francese dell’ex predestinato serbo, la più bella dell’intero 2017 del circuito maggiore, proprio all’ultima occasione utile. Venerdì è arrivato a Parigi a firmare per le qualificazioni, nove giorni e sei vittorie più tardi, invece, sarà in campo per la finale. Il forfait di Nadal nei quarti gli ha dato una spinta decisiva, ma il resto (e non è poco) l’ha fatto lui. Come andare a battere John Isner al tie-break del terzo set, dopo 2 ore e 27 minuti, dopo aver perso male il tie-break del secondo e aver rischiato di non poterlo giocare, quello del terzo. Perché dopo un primo set complicato per un fastidio alla coscia sinistra Isner aveva iniziato a giocare al 100%, servendo da Isner e aggredendo ogni palla col drittone. La palla-break sul 4-4 poteva diventare il capolinea, verso un sogno ATP Finals sempre più concreto. Invece Krajinovic gliel’ha cancellata alla Isner, con una gran prima al centro, e il cannone da 31 ace del gigante di Greensboro l’ha disinnescato quando non c’erano più alternative, mandando in frantumi il piano dello statunitense. DALLA SARDEGNA ALLA FINALE A BERCY
Isner puntava a vincere il tie-break, e quando Krajinovic ha scentrato un diritto nel primo punto (al servizio), ne aveva già in tasca buona parte. Ma non aveva fatto i conti con le qualità e il carattere del serbo, davvero perfetto quando non poteva più sbagliare, sotto 4-2. Con una buona risposta ha costretto Isner a una demi-volèe non semplicissima per uno di due metri e otto centimetri, ha recuperato lo svantaggio, è salito 5-4, e dopo aver incassato l’ennesimo ace ha punito di nuovo Isner da destra. L’americano ha scelto di buttarsi a rete su una prima a tre quarti di velocità, lui gli ha spedito la palla al corpo e la volèe è rimasta sulla racchetta. Poteva dare il match-point a Isner, invece l’ha dato al 25enne di Sombor e lui se l’è giocato con una freddezza esemplare: prima al centro e diritto vincente, come se l’avesse fatto altre mille volte. “Questo è il giorno più bello della mia vita”, ha detto a fine match, e francamente non c’erano dubbi. Per rendere l’idea di ciò che ha fatto, un numero serve: è il giocatore con la peggior classifica ATP in finale in Masters 1000 dal 2003, quando sempre a Parigi arrivò in finale Andrey Pavel. Ma il rumeno, addirittura numero 191 prima del via, era già stato nei primi 20 e ci sarebbe tornato, mentre la 77esima posizione di Krajinovic è la sua migliore di sempre, dopo un anno intero trascorsi a sudare nei tornei minori. A maggio era numero 294 e ha giocato addirittura un torneo Futures, a Santa Margherita di Pula, e la sua presenza ai Challenger in Italia non faceva nemmeno più notizia. Sembrava che la sua dimensione fosse diventata quella, ben diversa dai sogni di quando da ragazzino arrivava in semifinale agli Slam juniores, ma dopo aver toccato il fondo Krajinovic ha iniziato una scalata incredibile, con cinque titoli Challenger. A fine settembre era ancora fuori dai top-100, mentre lunedì sarà almeno 33. Ammesso che non completi la sua favola vincendo anche la finale contro Jack Sock. Nel Masters 1000 più strano dell’ultimo decennio non c’è più nulla di impossibile.

MASTERS 1000 PARIGI BERCY – Semifinali
Filip Krajinovic (SRB) b. John Isner (USA) 6-4 6-7 7-6
Jack Sock (USA) b. Julien Benneteau (FRA) 7-5 6-2