Il 30enne slovacco infila l'ottava vittoria consecutiva ed è sempre più vicino ai top-100, lui che è stato n.3 junior e n.44 ATP. “Ma per andare oltre avrei bisogno di un colpo super speciale, che purtroppo non ho”. La sua perplessità sulle superfici nei tornei ATP: “Troppo lente: ci sono molti tornei in cemento più lenti della terra… “

BRESCIA – Una decina d'anni fa, quando è stato numero 3 nella classifica mondiale giovanile, Lukas Lacko pensava di vivere una carriera migliore. E non immaginava di doversi giocare l'accesso diretto a uno Slam raccogliendo punti in un Challenger. Ma è una persona intelligente, riflessiva, consapevole dei propri limiti. Per questo sta approcciando nel modo giusto gli Internazionali Città di Brescia (43.000€, Play-It). Lo slovacco, reduce dalla vittoria a Bratislava, ha centrato le semifinali con una convincente vittoria su Stefano Travaglia. Un 6-1 6-4 con poca storia, anche grazie a una superficie non certo favorevole ai colpi carichi di rotazione dell'ascolano. Travaglia poteva fare match pari grazie al servizio, ma ha trovato un avversario molto puntuale in risposta. Il risultato non è mai stato messo in discussione, salvo un paio di game in cui Travaglia è arrivato a 40 in risposta. Troppo poco. Il break decisivo è arrivato sul 3-3 del secondo set, con Travaglia nervosissimo per una chiamata sfavorevole sul 15-30. Avesse ragione o meno, difficilmente sarebbe cambiato qualcosa. “Credo che la differenza principale sia stata in risposta – dice Lacko – sin dall'inizio ho risposto meglio di lui, la superficie è piuttosto veloce, io amo questo tipo di rimbalzi e lui andava in difficoltà ogni volta che acceleravo. Mi sembra che Stefano sia un giocatore più adatto alla terra battuta e abbia sofferto le mie accelerazioni”. Con questo successo, il 30enne di Piestany è sempre più vicino al ritorno tra i top-100 ATP. Un traguardo che vorrebbe dire un posto in tabellone in Australia, con tutto quel che ne consegue, guadagni compresi. Un traguardo che può distrarre. “Non penso a queste cose durante le partite – interviene Lacko – forse nel mio primo giorno qui ho pensato di essere vicino ai top-100. Ma non è un pensiero fisso, sono concentrato a fare del mio meglio”. Con la sua esperienza, lo slovacco è la persona adatta per fare il punto sull'evoluzione delle superfici. La sua disamina è piuttosto severa, soprattutto pensando al circuito ATP. “Il campo di Brescia mi piace molto perché è veloce. Nel tennis dovremmo avere tre tipi di superficie: la terra battuta lenta, il cemento medio e l'erba veloce. Oggi il trend è di rendere tutto lento, mi sembra una stupidaggine (ha usato il termine “bullshit”, ndr…). Ci sono troppi tornei sul cemento che sono più lenti della terra battuta. L'erba quest'anno era molto lenta, nessuno adottava il serve and volley… non so perché lo stiano facendo. Giocare su una superficie così veloce è sempre buono, il gioco è diverso, c'è un diverso tipo di pressione, i match sono molto equilibrati e si decidono su un paio di punti. Mi piacerebbe molto che ci fossero più tornei ATP sul rapido, ma al giorno d'oggi non ce ne sono”.

I PIÙ FORTI CORRONO DAPPERTUTTO”
Come detto, Lukas Lacko era un giovane molto promettente. Nel 2005, quando la sua Slovacchia raggiungeva una storica finale di Coppa Davis, era il terzo più bravo tra i minorenni, con tanto di semifinale al Roland Garros junior. Oggi ha 30 anni, è diventato papà, ed è stato al massimo numero 44 ATP. Il suo palmares è un po' scarno: una finale ATP (Zagabria 2012), quattro terzi turni negli Slam e un continuo rimbalzare tra i tornei ATP e i Challenger (dove peraltro vanta undici vittorie). Quando gli chiediamo se è soddisfatto della sua carriera, la sua sincerità è disarmante. “So di avere dei limiti. Ho alcuni punti forti, ma anche delle debolezze. Sono ben consapevole che per me è molto complicato superare determinati scogli. Sarà dura diventare top-20 o top-30 perché, quando vedi giocare certi giocatori, ti rendi conto che sono praticamente perfetti. Io sono un po deficitario negli spostamenti e nella fase difensiva. Mi piace attaccare, ma quando giochi contro i più forti loro corrono dappertutto. E le mie armi non sono così incisive… “. È raro ascoltare un'ammissione del genere. Sembra quasi una deposizione delle armi di fronte ai più forti. E allora proviamo a incoraggiarlo, ricordandogli la qualità del suo dritto. “Sì, è un buon colpo, ma non come quelli dei più forti – continua Lacko – io servo bene, ho un buon dritto ma per entrare tra i top-30 avrei bisogno di un colpo super speciale. Io me la cavo in tutto, quest'anno avrò perso solo 1-2 volte al primo turno, ma poi arrivi nei quarti e trovi un giocatore più forte e non c'è niente da fare. Stessa storia negli Slam: magari arrivi al terzo turno, come mi è capitato qualche volta, ma poi trovi un top-15. Io ho un brutto record contro i top-15: 0 vittorie e 18 sconfitte. Un paio di volte ci sono andato vicino, ma la verità è che per batterli bisogna essere più forte”. Ma se sul campo si abbandona al realismo, senza lasciare spazio ai sogni, al di fuori sta vivendo un momento splendido: un paio d'anni fa, infatti, è diventato padre del piccolo Lucas. “A ben vedere, la mia vita non è cambiata molto. Ho più responsabilità, ma per il resto la paternità non ha creato problemi alla mia carriera. Io e la mia fidanzata abbiamo fatto alcune scelte che mi hanno consentito di giocare ed essere un buon padre: ammetto che nel primo anno c'è stata un po' di confusione, ma adesso funziona tutto molto bene”. Come la sua combinazione servizio-dritto, che lo rende uno dei favoriti d'obbligo per la vittoria finale.