Se tra gli uomini c'è ancora la Davis da assegnare, la stagione del tennis femminile è già in ghiaccio. E allora, con il ranking congelato fino all'anno nuovo, è tempo di riflessioni. Ed è inevitabile partire proprio dalla classifica: il computer WTA ha premiato Simona Halep, numero 1 al mondo senza aver vinto Slam e con un solo titolo in bacheca (sia pure importante come Madrid). L'ultimo grande titolo è andato a Caroline Wozniacki, trionfatrice al Masters e autrice di una stagione straordinaria per qualità e costanza. Ha raggiunto10 finali (vincendone due) e ha vinto 13 partite in più rispetto alla Halep e alla stessa Garbine Muguruza, numero 2 con un paio di titoli in cascina, tra cui Wimbledon. La spagnola è stata al comando per qualche settimana, ma le è mancata la costanza della Wozniacki. Nel corso dell'anno, la danese ha raccolto ben 14 vittorie contro le top-10, mentre il bilancio di Halep (5-6) e Muguruza (4-6) non è certo degno di una numero 1. Come se non bastasse, la Wozniacki ha vinto entrambi gli scontri diretti sia contro la Halep che contro la Muguruza. Eppure la classifica dice altro. Certe anomalie si spiegano con l'attuale situazione del tennis femminile, ma è giusto riflettere sui criteri di distribuzione dei punti. Da quando il computer ha fatto irruzione nel nostro sport, gli addetti ai lavori si sono divisi in due categorie: chi preferisce la costanza e chi ritiene che andrebbero maggiormente premiati i successi nei grandi tornei, nonché le vittorie contro le migliori. A ben vedere, la classifica WTA di fine anno non premia né gli uni, né gli altri.
L'IMPORTANZA DEGLI SLAM
Interpellato da ESPN, il top coach Craig Kardon (ex di Navratilova e Vandeweghe) ha detto che la priorità dovrebbe essere per gli Slam. “Anche il tour è importante, ma se guardiamo alle vincitrici Slam ci rendiamo conto che giocano pochi tornei e per questo sono penalizzate. Bisognerebbe dare più punti agli Slam, la gente li percepisce come i tornei più importanti”. Il problema è che i Major occupano appena otto settimane all'anno, mentre il resto della stagione è occupato dai tornei WTA. Il sindacato giocatrici, ovviamente, vuole che le tenniste giochino più tornei possibili e contribuiscano alla promozione del tour. Inoltre, è la stessa WTA a stilare le classifiche. Si spiega così una certa riluttanza a dare troppo peso agli Slam. Dando troppi punti in poche settimane, molte giocatrici sarebbero invogliate a giocare meno tornei. Patrick Mouratoglou è l'allenatore di Serena Williams, una delle pochissime a potersi permettere di programmarsi a piacimento. Il tecnico francese comprende le esigenze WTA, ma ritiene che alcuni tornei abbiano troppo peso. “Nel 2012, quando ho iniziato a lavorare con Serena dopo il Roland Garros, lei ha subito vinto Wimbledon – dice Mouratoglou – poi si è aggiudicata Olimpiadi, Us Open e Masters. Bene, a fine anno era numero 3”. Come a dire che i meccanismi di classifica l'hanno punita con una severità quasi scientifica. L'attuale sistema non è amico della famiglia Williams: quest'anno, Venus ha vinto più match di tutte nei cinque tornei più importanti (Slam più WTA Finals): con 23 successi, è nettamente davanti a Muguruza (18) e Halep (13). Nonostante tutto, ha chiuso in quinta posizione sebbene abbia giocato tre grandi finali. Il fatto è che ha giocato appena 16 tornei, meno di tutte le altre top-10. Alcune sono arrivate addirittura a 25. Qualche tempo fa, Martina Navratilova ha indirettamente difeso la WTA, sostenendo che chiudere l'anno al n.1 è un traguardo più significativo che vincere uno Slam, perché richiede maggiore costanza. “In fondo, per vincere uno Slam devi essere migliore di appena sette giocatrici”.
I BONUS POINT
Altri ritengono che nessuna giocatrice dovrebbe chiudere al numero 1 senza aver vinto almeno uno Slam. “Se succede, non è rilevante” ha detto Mouratoglou. Ma non è così raro, visto che Simona Halep è la settima giocatrice a salire in vetta senza aver vinto uno Slam, nonché la terza a chiudere la stagione al n.1 (prima di lei ce l'avevano fatta Jankovic e Wozniacki). Per evitarlo, la soluzione più scontata sarebbe assegnare un maggior numero di punti negli Slam: non solo per la vincitrice, ma anche per tutti gli altri piazzamenti. Fosse così, difficilmente la Halep sarebbe al comando, visto che è uscita al primo turno in Australia e allo Us Open. Ci sarebbe poi la possibilità di “pesare” la qualità dei singoli successi assegnando i bonus point, ovvero punti aggiuntivi sulla base del ranking WTA dell'avversaria battuta. Fino al 1999, la formula veniva utilizzata nel circuito ATP. Kamau Murray, coach di Sloane Stephens, non è d'accordo. “Diventerebbe tutto complicato: già adesso le giocatrici devono tenere a mente molte cose: aggiungere un calcolo in più diventerebbe controproducente. La mia filosofia è che bisogna scendere in campo e vincere”. Tre delle quattro vincitrici Slam del 2017 non sono neanche andate vicine al n.1 di fine anno: ma se il caso di Serena Williams non fa testo, la Ostapenko si è qualificata per un pelo per il Masters, mentre la stessa Stephens non ha chiuso neanche tra le top-10 (va detto che dopo lo Us Open non ha vinto neanche una partita). L'altra vincitrice Slam, Garbine Muguruza, ha chiuso al numero 2. Ma è opinione diffusa che nessuna delle quattro avrebbe cambiato la propria posizione con la Halep, barattando il proprio successo per il numero 1 di fine anno. Bisognerebbe domandarsi perché.