Gli arrivi di Andre Agassi e Radek Stepanek hanno rivoluzionato l'entourage di Novak Djokovic. Ma c'è un punto di riferimento che resta tale, anche se con meno clamore di un anno fa. Sul finire del 2016, divenne di dominio pubblico la collaborazione tra Nole e Pepe Imaz, da molti definito “guru” per i suoi modi un po' particolari e il messaggio che dà anche il nome dalla sua filosofia: “Amor y Paz”, amore e pace. Imaz continua a vivere e insegnare nella sua accademia di Puente Romano, Marbella, e continua a tenere i contatti con Djokovic. In un'intervista con il Pais, pur tenendo bassi i toni (per esempio, ha parlato benissimo di Boris Becker e lo ha voluto ringraziare, dicendo di non essere a conoscenza delle critiche del tedesco), ha difeso la bontà del percorso intrapreso con l'ex n.1 del mondo. “Sono entrato in contatto con lui tramite il fratello Marko – ricorda ancora una volta Imaz – stava vivendo un momento di depressione e Novak voleva aiutarlo. Quando ha visto che le cose stavano migliorando, si è interessato alla mia persona. La verità è che io ho solo condiviso quello che mi ha fatto stare bene”. Il principio dell'amore, secondo Imaz, consente di vivere meglio. Poiché siamo stati abituati all'egoismo, al pensare soltanto a noi stessi, siamo abituati ai conflitti e a maltrattarci. “A me è successo con la bulimia, altri sono caduti in droga e alcol” dice Imaz. Scoprire l'amore e un approccio nuovo, a suo dire, migliora la qualità della vita. Parlando di Djokovic, Imaz si sofferma sulle tempistiche: due si sono conosciuti cinque anni fa e, per quattro anni, la collaborazione ha portato grandi risultati.
"A UN CERTO PUNTO, IL CORPO NON HA PIÚ RISPOSTO"
“Nel 2016 ha vinto il Roland Garros, unico Slam che gli mancava. Ho passato con lui tutta la notte rima della semifinale. Mi disse che era bello, dopo tanto lavoro, essere perfettamente calmo e non avere paura. Il calo di Novak è stato di natura fisica. Il corpo non ne poteva più, è stato come piantare una bandiera in vetta e voler scalare un'altra montagna da 8000 metri: a un certo punto, il corpo non ha più reagito. Lui non ha voluto fermarsi, pur ottenendo discreti risultati. Adesso è arrivato il gomito a sistemare tutto”. Secondo Imaz, lo stop per infortunio è servito a Djokovic per raffreddare il motore e consentirgli di ripartire. A suo dire, il rapporto con il vecchio team di lavoro era stato ottimo, sia con Vajda e il suo staff, sia con Boris Becker. “È una persona molto rispettosa, lo devo solo ringraziare. Poteva trattarmi male e non lo ha fatto, guardava tutti allo stesso modo”. A parole, Imaz dice di gestire senza problemi le critiche piombate sul suo stile e sul suo sistema di lavoro. “Preferisco le opinioni ai giudizi, ma non ci sono problemi. Ognuno è libero di esprimere la sua opinione. L'amore non ha bisogno di difendersi”. Dopo aver specificato che Djokovic non è l'impegno principale della sua vita: (“Guai se lo fosse!”), ha ribadito che per quattro anni ha funzionato tutto bene. Il calo degli ultimi mesi, dunque, sarebbe ascrivibile soltanto a un esaurimento fisico. Lo verificheremo presto, poiché il serbo sembra pienamente recuperato e si sta allenando a buon ritmo con Agassi e Stepanek. “Però io e lui continueremo a lavorare allo stesso modo. Quando avrà bisogno, andrò a qualche torneo. A breve passerà qui a Marbella per trascorrere un po' di tempo. È diventato papà per la seconda volta ed è una meraviglia: la bambina è nata proprio quando lui gli poteva dedicare tutto il tempo necessario. Il destino ha operato in modo fantastico”. Soltanto Pepe Imaz poteva esprimersi così. Altri la pensano diversamente: il 2018 ci dirà chi ha ragione.