Nel giorno della finale Federer-Nadal a Melbourne, Luca Nardi conquistava a Tarbes il torneo Les Petits As, una sorta di mondiale per under 14. A febbraio siamo andati a trovarlo nella sua Pesaro, scoprendo che gli ingredienti della crescita sembrano quelli giusti, in campo e fuori: ambiente sereno, nessuna pressione e la libertà di godersi la sua gioventù. Se son rose… (Tratto da Il Tennis Italiano)Grazie a una meravigliosa stagione, culminata con la vittoria nel Master finale (a 8 giocatori) del circuito internazionale Tennis Europe per under 14, disputato al Circolo Tennis Rocco Polimeni di Reggio Calabria, Luca Nardi ha chiuso il 2017 da numero uno del ranking di categoria. La storia insegna che vincere tanto da under non è sinonimo di successo fra i grandi, ma i passi che sta muovendo il quattordicenne azzurro sembrano davvero interessanti. Per "celebrare" la sua grande annata vi riproponiamo il nostro viaggio alla scoperta della vita del giovane pesarese, pubblicato sul numero di marzo 2017 della rivista Il Tennis Italiano.
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Nel luglio del 2016, su quei vialetti del Tennis Club Baratoff ci camminavano i dubbi di Juan Martin Del Potro, a Pesaro per la sfida di Coppa Davis fra Italia e Argentina, con in testa un cocktail di punti di domanda sul domani, suo e del suo polso maledetto. Oggi, invece, ci volano le speranze di Luca Nardi. Il futuro lo dirà il tempo, ma il presente è certificato dal successo a Les Petits As di Tarbes, una sorta di Campionato del mondo per under 14, con vincitori e finalisti che potrebbero riempire mezza top-100 del ranking mondiale. Cosa vuol dire? Per ora solo che il percorso è quello giusto, al motto di «non devo vincere adesso, ma da grande», la frase detta da un certo Rafael Nadal nel 2000, quando fu lui a conquistare Le Mondial ai piedi dei Pirenei.
Appena messo piede nella club-house del Baratoff ci si imbatte in una piccola bacheca. Alla sezione “under” ci sono un paio di ritagli del Resto del Carlino, che raccontano la vittoria in Francia e il successivo invito in Comune dal Sindaco di Pesaro, e anche i complimenti del direttivo. Spicca una frase: «Siamo orgogliosi di averti come tesserato, ma soprattutto di conoscere un ragazzo dolce e umile come te». Li accanto i soci chiacchierano di… calcio, ma la vittoria del giovane a Tarbes è ben nota a tutti. «Il successo di Luca – racconta il presidente del club Pierangelo Bedetti – ha generato entusiasmo anche fra i soci meno interessati alle attività agonistiche. Negli ultimi dieci anni abbiamo lavorato a dei programmi per far crescere il settore giovanile, e Luca è uno dei risultati: la sua famiglia frequenta il club da tempo e lui ha iniziato a giocare sui nostri campi, a 7 anni. È una soddisfazione enorme averlo fra noi. È solo all’inizio, ma un buon inizio».
Troviamo il giovane impegnato col fratello Niccolò, su quel Campo 2 che a luglio reggeva la tribuna riservata alla caldissima Hinchada argentina. Palleggiano a ritmo sostenuto, sotto gli occhi di mamma Raffaella e dell’immancabile Rino, un socio che quando in campo ci sono i suoi due tennisti preferiti ha l’abbonamento alla panchina. Niccolò, 21 anni, è mancino; Luca è destro. «Come i Bryan», dice Rino. Ma gli americani sono gemelli. «Allora i Murray». Meglio. La palla di “Jamie” Niccolò viaggia di più, grazie a sette anni di età (e di muscoli) di differenza. Gli archivi FIT recitano 2.5, l’occhio dice qualcosina di meglio, ma fra tennis e università ha puntato la seconda. Vive a Milano, studia al Politecnico e quando può si allena nell’Accademia di Laura Golarsa all’Aspria Harbour Club. Però si nota subito che ad aver qualcosa in più è l’altro, “Andy”, il giovane. Quanto? Tanto se a parlare è la classe: 2003. Il colpo migliore è il diritto, ma non c’è nulla di costruito. Funziona tutto e tutto bene. Il timing sulla palla è preciso, il fisico è da formare ma arriverà, data la statura nella media dei coetanei (se non appena sopra). La palla che esce dalla sua Wilson Blade fa rumore, ma nell’epoca del grunt non c’è alcun verso ad accompagnare i colpi. Un particolare che ricalca un ambiente che trasmette grande serenità. Ridono, si divertono, ma sempre con la massima attenzione.«Il programma d’allenamento di Luca è ancora standard: due ore al giorno di tennis e una di atletica, dal lunedì al venerdì. Rispetto ai coetanei fa una vita normale, e questo è un gran bel vantaggio. È sempre motivato e mai stressato, trova piacere in ciò che fa». Una frase da stampare in fronte a tutti quei (tanti) genitori che credono di avere in casa il nuovo Federer, da forgiare 7 giorni su 7, per ore e ore. A pronunciarla è Francesco Sani, con quell’accento alla Valentino Rossi che non può non ispirare simpatia. Ha appena 27 anni, ma le sue parole trasudano esperienza. È lui, insieme a Roberto Antonini, ad aver plasmato il tennis del ragazzo. Poi il primo ha cambiato strada trasferendosi in Cina per allenare dei professionisti, e gliel’ha affidato, ma continua a distanza a supervisionare il progetto, condiviso anche con un’altra figura importante come Gabriele Costantini, direttore tecnico della scuola tennis. «Siamo un team – spiega quest’ultimo – che comprende anche il preparatore atletico Enzo Vagnini e il fisioterapista Frank Musarra. Abbiamo raggiunto un equilibrio eccezionale, anche con i genitori di Luca, e gli abbiamo trasmesso la nostra umiltà. L’assenza di pressioni gli permette di giocare con naturalezza e divertirsi: è la sua forza». Per trovarne conferma basta dare uno sguardo a come ha vinto a Tarbes, in un clima da torneo ATP (in Francia, per intenderci, le finali sono andate su Eurosport), ma anche agli scorsi Campionati Italiani under 13. «Oltre al livello tecnico elevato – dice il fratello Niccolò – Luca vince perché in campo mostra maggiore professionalità e maturità rispetto ai ragazzi della sua età. Non si fa coinvolgere emotivamente da ciò che gli succede attorno. Quando gioca a tennis entra completamente in un altro mondo».
Il primo a prendere la racchetta in mano, in casa Nardi, è stato papà Dario, notaio in uno studio della città, poi seguito dalla moglie Raffaella e da Niccolò. Quest’ultimo ha ispirato Luca, il più piccolo della famiglia (c’è anche Giulia, 19 anni, che ha scelto il nuoto) che sogna di diventare il più grande in campo. «Mi piacerebbe arrivare nel circuito ATP – ammette –, magari fra i primi 50 del mondo, ma i miei genitori non insistono mai. Mi dicono sempre e solo di divertirmi. Cerco di vivere come un ragazzo normale, di stare con gli amici. D’estate organizziamo partite a calcetto, ci divertiamo». Il tennis è solo una parte della sua vita: ne parla poco, e in tv lo guarda ancora meno. Preferisce YouTube, per spiare qualche segreto di ogni campione, dal suo preferito Novak Djokovic in giù. «Luca ha lavorato in modo splendido sulla difesa», suggerisce l’aficionado Rino, mentre il fratello scarica nella sua metà campo una pallata via l’altra. «Ci siamo accorti presto che era molto portato – prosegue Sani – perché imparava più velocemente di tutti. Però l’abbiamo sempre protetto, continuando a farlo allenare con gli altri ragazzini fino a quando ce n’è stata la possibilità». Poi, una volta capito che il livello era interessante sul serio, un paio d’anni fa hanno iniziato a seguirlo sempre di più, ma senza stravolgergli la vita: a 13 anni sarebbe pericolosissimo. Un esempio? Altro che sveglia presto, allenamenti prima di andare a scuola e poi di nuovo al pomeriggio, quindi compiti fino a tarda serata e via a letto, come leggenda narra di molti “pro”. Qui va all’opposto: prima la scuola, poi i compiti e nel tardo pomeriggio il tennis, come fosse uno svago qualsiasi. «La scuola ha la sua importanza – racconta mamma Raffaella –, quindi abbiamo cercato di far sì che Luca possa fare i compiti con calma prima di allenarsi, così da dedicarsi al tennis con nulla a cui pensare».Luca vive tutto in maniera molto serena, tanto che il clamore per la vittoria a Tarbes l’ha quasi infastidito. «È carattere: non gli piace stare al centro dell’attenzione. Come famiglia cerchiamo di lasciargli vivere questa esperienza con la massima tranquillità, che credo sia una delle sue armi. Si deve lavorare seriamente, ma l’atmosfera deve essere questa. Nel tennis ne arriva uno su un milione: sappiamo che è un mondo difficilissimo». La grande capacità di tenere i piedi per terra è mixata con un elemento particolare: l’assenza di un vero progetto. Tutto è nato quasi per caso e continua senza fretta. Anche se il prossimo anno iniziano le superiori e prima o poi una decisione andrà presa. «Confrontandoci con i maestri – aggiunge mamma – ci rendiamo conto che bisognerebbe intensificare gli allenamenti, ma per ora proviamo a navigare a vista: è un’esperienza nuova anche per noi. Non sappiamo quale possa essere la scelta ideale in chiave tennis, ma conosciamo il carattere di Luca e sappiamo come ci dobbiamo muovere con lui». Nel frattempo, però, fra tornei di Tennis Europe e impegni con la nazionale, le assenze dai banchi iniziano a diventare sempre di più. «Siamo stati fortunati a trovare una preside e degli insegnanti che hanno capito l’importanza dello sport per Luca, e il rumore della vittoria a Les Petits As ci ha dato una mano anche in ottica superiori (è iscritto a un liceo scientifico sportivo, ndr). Fino ad ora conciliare tennis e studi è stato fattibile, anche grazie a dei buoni risultati a scuola. Speriamo resti così in futuro. Faremo di tutto affinché Luca possa continuare la sua vita così come è ora». Un concetto ribadito anche dai maestri: «Ci adegueremo a fare ciò che servirà per il suo percorso. Sicuramente ci vorrà una progressione, ma nei tempi giusti, senza calcare troppo la mano. Bisogna continuare a cementare l’aspetto tecnico, e crescere passo dopo passo. Se son rose, fioriranno».La parola chiave, ancora una volta, è tranquillità. Niente esaltazione, niente proclami controproducenti. Quando Gianluigi Quinzi ha vinto Wimbledon juniores, al suo ritorno a Porto San Giorgio ha trovato una maxi-festa con palloncini verdi e viola, foto, striscioni di ringraziamento e pure qualche giornalista. Lui invece ha trovato qualche pacca sulla spalla, due battute e via in campo a preparare il prossimo torneo. Certo, Wimbledon juniores non è Les Petits As. Ma i punti ATP in palio sono gli stessi: zero. Come le garanzie di diventare, un giorno, uno di quei nomi che balzano all’occhio scorrendo l’albo d’oro del torneo del Parc Des Expositions: Nadal, Safina, Clijsters, Ferrero, Hingis, Chang e tanti(ssimi) altri. Ma quella, a casa Nardi, non è una priorità: fra un grande tennista e un grande uomo preferiscono… «senza dubbio un grande uomo. Se poi riuscisse a diventare entrambe le cose sarebbe l’ideale. Intanto – chiude la mamma – spero resti il ragazzo normalissimo di oggi». Intende quello del match-point di Tarbes: niente tuffi per terra, niente lacrime, niente di niente. Giusto le braccia al cielo e un bel sorriso.E pensare che in Francia ha rischiato di non andarci a causa di un virus gastrointestinale, con febbre a 39. La mamma non voleva farlo partire, poi ha detto «sì» e lui l’ha ringraziata vincendo singolare e doppio, in coppia con Alessio Tramontin. Così, quella domenica 29 gennaio in cui il tennis mondiale ha riscoperto la rivalità Federer-Nadal, quello italiano ha scoperto un giovane su cui puntare. «Che giocatore diventerà? È troppo presto per mettergli un abito – dicono in coro Sani e Costantini –, saremmo solo presuntuosi. Ha le caratteristiche per diventare un tennista completo, sa fare un po’ di tutto: attaccare, difendere, variare, usa bene il servizio, il back, la smorzata. Sta crescendo nel modo corretto. Noi crediamo in lui da parecchio e ogni passo in avanti che compie ce lo fa credere ancora di più. Ha tutte le doti per arrivare in alto, ma la strada è lunghissima. Un giocatore di tennis è come un puzzle: se manca anche solo un piccolo pezzo non si completa». Per aggiungere un tassello, e completare un set d’allenamento col fratello che sta andando oltre le aspettative, Luca vorrebbe stare in campo ancora qualche minuto, ma la seduta dal fisioterapista chiama. «Chiedigli se possiamo ritardare un po’», domanda. Ma mamma Raffaella non ne vuole sapere: «no, gli appuntamenti si rispettano». Discussione chiusa. Resta il tempo per un’ultima battuta col giovane, forse la più significativa dell’intera giornata. «Mi piacerebbe che nella mia vita non ci fosse solo il tennis», dice un po’ impacciato. E poi via negli spogliatoi. Vuoi vedere che il segreto è proprio quello?
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