Quando Paul Kilderry aveva sette anni, nel 1980, John McEnroe e Bjorn Borg arrivarono a Perth. Ebbe la possibilità di palleggiare con Borg, il cui manager mandò immediatamente un telegramma all'IMG, dicendo più o meno così: “Ho appena visto la prossima superstar del tennis”. Tale corrispondenza finì nelle mani di Mark McCormack, all'epoca l'uomo più potente dello sport internazionale. Nel 1987 si trovava a Perth per la Coppa America di vela e chiese di veder giocare quel ragazzo. Risultato: una borsa di studio presso l'Accademia di Nick Bollettieri. Kilderry ebbe la fortuna di palleggiare con Andre Agassi, Jim Courier e Monica Seles. Erano più forti di lui, così come un'altra dozzina di giocatori. “In effetti è stato scoraggiante – racconta Kilderry, che oggi ha 44 anni e dirige la Hopman Cup – però mi è piaciuto ugualmente e il mio viaggio nel tennis è iniziato così”. Tutta la famiglia si è spostata negli Stati Uniti su indicazione di Rob Kilderry, padre di Paul. Aveva la percezione – poi risultata corretta – che il tennis australiano fosse indietro rispetto al resto del mondo. Da parte sua, Kilderry ha avuto una carriera discreta ma non eccezionale. A 22 anni è stato numero 138 ATP, con una bella vittoria a Miami su Richard Krajicek. Sarebbe rimasto il punto più alto della sua carriera, poiché l'anno successivo si ruppe il femore scivolando a Wimbledon. “Da allora, mi sono dedicato principalmente al doppio. Ho provato ancora con il singolare, ma non sono più riuscito a muovermi come prima. Mi dà fastidio ancora oggi. Ovviamente ci sono rimasto male, ma non ripenso troppo quell'infortunio. Avrei potuto fare meglio, ma sono grato per tutto quello che ho avuto. Ho girato il mondo per 12 anni, ho giocato a Wimbledon… sono in pace col mio tennis”. Ha smesso di giocare nel 2001: memore della sua amicizia con McCormack, si era accordato con lui che dal gennaio 2002 avrebbe iniziato a rappresentare i giocatori per conto di IMG. Cinque giorni dopo ci sono stati gli attacchi dell'11 settembre, il cui effetto immediato è stato un blocco delle assunzioni.
PRIMA COACH E POI MANAGER
Allora ci ha provato come coach: sette mesi con Taylor Dent, sfociati in un licenziamento nonostante alcuni buoni risultati (“Ero troppo onesto per il suo bene”), dopodiché si è spostato a Melbourne e ha seguito, tra gli altri, Alicia Molik. Nel 2006 non aveva più voglia di viaggiare. Una conversazione con Craig Tiley, attuale presidente di Tennis Australia, gli ha dato la possibilità di inserirsi nel management dei giocatori. Era quello che voleva da anni, da prima degli attentati alle Torri Gemelle. La prima giocatrice sotto la sua ala protettiva è stata Casey Dellacqua: era al suo angolo quando ha giocato il fantastico Australian Open 2008, con tanto di vittoria sulla Mauresmo. Poco dopo, ricevette una proposta da Samantha Stosur. “In quel momento era intorno alla 70esima posizione e non sapevo bene come aiutarla, non sapevo da dove partire. Ho avuto la fortuna di metterla in contatto con alcuni sponsor dell'Australian Open, e un anno dopo era tra le top-10. Abbiamo avuto una collaborazione fantastica. Gestire i giocatori è la parte che apprezzo di più del mio lavoro. Mi piace essere parte del loro successo e aiutarli quando le cose vanno male”. L'ultima svolta risale a sei anni fa: con qualche polemica, Tennis Australia ha preso in mano anche la Hopman Cup. Viste le sue origini, lo hanno nominato prima vicedirettore e infine direttore. “Sono cresciuto con questo torneo, da ragazzino facevo da sparring partner – racconta Kilderry – un anno sono stato 10 giorni ad occuparmi di Monica Seles, IMG mi aveva assunto solo per quello”. Kilderry ha mantenuto rapporti cordiali anche con Paul McNamee, co-fondatore dell'evento che aveva perso qualsiasi ruolo dopo l'avvento di Tennis Australia. Un rapporto talmente positivo da convincerlo a tornare alla Perth Arena l'anno scorso, dopo un lungo esilio. Papà Rob è convinto che, se McCormack non fosse scomparso nel 2003, avrebbe chiamato il figlio a lavorare per la IMG nel quartier generale americano. Non è andata così, ma le sue qualità sono emerse comunque in Australia, dove ha realizzato il suo sogno di fare il manager. Attualmente si occupa di otto giocatori australiani, tra i quali spicca Daria Gavrilova. La direzione della Hopman Cup è un bonus, un surrogato. “Adoro il mio lavoro, anche se a volte è stressante. Ti impegna 24 ore al giorno e non sai mai cosa c'è dietro l'angolo”.
BENEDIZIONE FEDERER
Il suo obiettivo immediato è non perdere troppe ore di sonno per la trentesima Hopman Cup, al via tra pochi giorni. Sarà la quinta in cui ricopre il ruolo di direttore. Come ogni direttore di torneo, il timore principale riguarda i forfait dell'ultim'ora. Tuttavia, è dolce il ricordo della passata edizione, in cui sono arrivati a Perth quattro dei primi otto al mondo. Tra loro c'era Roger Federer, che proprio a Perth ha inaugurato il suo fantastico 2017. “Roger aveva trasformato l'evento di Brisbane, qualche anno prima. Vederlo a Perth, con tutte le conseguenze del caso, è stato speciale. Io ci ho giocato contro 16 anni fa, quando stava cominciando”. Federer ci sarà anche quest'anno e tanto dovrebbe bastare per decretare il successo della manifestazione. Il segreto della Hopman Cup (che, ricordiamo, non offre punti ATP-WTA), è che i giocatori amano partecipare. Anche gli ex giocatori ne parlano bene: “È il merito di chi c'era prima, noi cerchiamo di fare del nostro meglio e dare continuità”. A suo dire, è importante trattare ogni singolo giocatore come se fosse il numero 1 del mondo. “In termini promozionali, facciamo molto più di altri eventi. Avendo soltanto 16 giocatori, possiamo creare grande attenzione attorno a loro”. Lo scorso anno, è capitato diverse volte che i giocatori trovassero un regalo nella loro stanza d'albergo. Un giorno un iPad, un giorno dei buoni per il Casino. “Piccole cose che però permettono di farci ricordare”. Secondo Kilderry, ciò che distingue la Hopman Cup da buona parte degli altri tornei è la passione del pubblico. Sono pochi i tornei che garantiscono il tutto esaurito sin dalla prima sessione. La dinastia dei Kilderry dovrebbe continuare ad avere un ruolo nel tennis anche in futuro: se i due figli di Paul, rispettivamente di 8 e 5 anni, non sembrano avere particolari inclinazioni, la sua nipotina Jessie Culley ha vinto i campionati nazionali Under 12 sulla terra battuta. “Benissimo, ma se vuole ricevere i regali di Natale è bene che non firmi con nessun altro” scherza Kilderry. Intanto suo padre, a 76 anni, fa ancora il coach. “La sua passione è qualcosa di incredibile: io amo il tennis, ma mai come lui”. Ormai Kilderry ha smesso di giocare, poiché ha trovato una strada in un ruolo diverso, sia pure nel tennis”. Con uno spirito del genere, la Hopman Cup sembra davvero in buone mani. L'appuntamento, per appassionati e nottambuli, è nella notte tra il 29 e il 30 dicembre, quando scenderanno in campo Russia e Stati Uniti.