Rafael Nadal è tornato a casa dopo il ritiro nei quarti dell'Australian Open, ma echeggiano ancora le sue frasi in conferenza stampa. Lo spagnolo ritiene che i campi in cemento siano pericolosi per la salute dei giocatori e auspica maggiore attenzione da parte dell'ATP. Pochi giorni dopo, è arrivata la replica dell'associazione giocatori, peraltro in linea con quanto detto da Chris Kermode durante il periodo di offseason. Il principio è chiaro: non ci sono più infortuni oggi rispetto a qualche anno fa. Parlando con l'agenzia di stampa DPA, una fonte ATP ha sostenuto che “non ci sono più infortuni, la percentuale è simile rispetto al passato. L'unica cosa che succede è che diversi giocatori infortunati si trovano nelle prime posizioni”. Dopo aver alzato bandiera bianca contro Marin Cilic, il maiorchino aveva sostenuto che la lista degli infortuni era troppo grande. “E quando ce ne sono troppi bisogna domandarsi se si stanno facendo le cose giuste sul piano della salute. Anche noi siamo esseri umani e avremo una vita al di là della nostra carriera sportiva. A volte mi preoccupa pensare alle condizioni in cui mi troverò dopo il ritiro”. In questo momento, altri top-players come Novak Djokovic, Andy Murray, Milos Raonic e Kei Nishikori soffrono problemi fisici di vario genere. Il giapponese ha addirittura perso al primo turno di un torneo Challenger, affermando di essere al 30% della forma. L'ATP, tuttavia, si rifà ai dati: nel 2017 non ci sono stati più infortuni rispetto al 2016 e, soprattutto, all'Australian Open ci sono stati soltanto tre ritiri a partita in corso: oltre a Nadal, aveva alzato bandiera bianca Mischa Zverev: il tedesco è stato poi multato dall'ITF. Il caso ha voluto che il terzo arrivasse proprio in semifinale, con Hyeon Chung che si è arreso alle vesciche sotto i piedi.
CARRIERE PIÙ LUNGHE
A sposare le posizioni ATP è arrivato Roger Federer. “Per me è una coincidenza – dice lo svizzero – è come una squadra di calcio, a volte ci sono stagioni con meno infortuni, a volte con più problemi. Ovviamente quando si fanno male i più famosi ce ne accorgiamo, però capita che si faccia male chi sta giocando sul campo 25 e allora non se ne parla. È questo a fare la differenza”. Lo svizzero invita a riflettere sul fattore età per capire se il circuito sia davvero così duro. “In passato, molti giocatori si ritiravano intorno ai 30 anni d'età. Edberg, Sampras, Becker… era normale pensare al ritiro in una fascia compresa tra i 29 e i 32 anni. Adesso tutti si aspettano che continuiamo a giocare fino ai 36. E quando si fa male un giocatore di 31 anni tutti dicono: 'Com'è possibile?'. In realtà è normale”. Per allungare le carriere dei giocatori, da qualche anno l'ATP ha tolto l'obbligo di partecipazione ai Masters 1000 per quei giocatori che rispettano tre requisiti: hanno giocato almeno 600 partite nel tour, hanno compiuto 31 anni e sono professionisti da almeno 12 anni. Dallo scorso giugno, anche Rafael Nadal ne può usufruire. Resta un problema: se è vero che gli infortuni nel 2017 si sono ridotti del 6%, com'è possibile che si siano concentrati sui giocatori più forti? Con la suo equipe di medici, l'ATP sta cercando di capire quali sono le ragioni degli infortuni. Scarsa istruzione sui rischi? I diversi tipi di palle e superficie? Il problema è di attualità da qualche mese: chissà se ci saranno contromisure. Vedremo se l'atteso calendario del 2019 terrà conto anche di questo.