La maggior parte dei giocatori sogna di vincere un torneo del Grande Slam, o magari diventare numero 1. Tra loro non c'è Roger Federer. Quando è tornato a giocare, l'anno scorso, dopo sei mesi in officina, sperava che il ginocchio fosse a posto. Vincere uno Slam sarebbe stato bello, ma in fondo ne aveva già 17 in tasca. Oggi è a caccia del titolo numero 20 e può dare un'altra spallata nell'eterno dibattito sul GOAT. Forte di un bel mix tra esperienza e tranquillità, si presenta alla finale contro Marin Cilic da (netto) favorito. In fondo, è la 30esima volta che vive una vigilia del genere. In caso di successo, eguaglierebbe i sei titoli australiani di Novak Djokovic e Roy Emerson (quest'ultimo li vinse in epoca dilettantistica). Non ci sarà Rafael Nadal dall'altra parte della rete. Per carità, l'anno scorso lo ha battuto al termine di una splendida finale. Ha rovesciato gli equilibri della loro rivalità, ma Rafa resta Rafa. Il suo storico rivale si è fatto male, e lui gli ha prontamente mandato un messaggio. Perché Roger è capace di instaurare buoni rapporti con tutti. Avrebbero mille motivi per odiarlo, invece i colleghi sono i primi ad ammirarlo. Soltanto Novak Djokovic – pur rispettandolo – non è caduto nella fascinazione. Non a caso, gli ha scippato parecchi match importanti. Ma oggi il serbo ha ben altri problemi. Un paio di mesi fa, Federer si è allenato con Marin Cilic alle Maldive. Non pensava che sarebbe stato l'antipasto della finale di Melbourne.
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Sapeva che il collega era lì, aveva voglia di tirare due palle, ma non lo ha voluto disturbare. Ha aspettato che fosse il croato a cercarlo. Allenamenti, drink, dolce insieme. “Noi ci odiavamo davvero” dice spesso Jimmy Connors, ricordando le rivalità degli anni 80. Di certo, Sampras e Agassi non sarebbero mai andati a cena insieme. McEnroe e Lendl avrebbero cambiato direzione se solo si fossero incrociati in mezzo alla strada. Al contrario, Federer è diventato un killer sorridente. Un campione gentiluomo che però non fa sconti sul campo da tennis. In sei partite a Melbourne Park non ha perso un set, cedendo il servizio in sole quattro occasioni. Ci sono stati momenti in cui ha dato qualche segno di debolezza, ma non hanno mai superato i 20 minuti. Soltanto il primo set contro Tomas Berdych ha seminato qualche dubbio. Nel primo set contro Chung ha messo in campo il 21% di prime palle, ma il resto del gioco andava talmente bene che non ne ha pagato le conseguenze. “Di sicuro giocherò aggressivo, anche se non so ancora in che modo”. Come a dire che sa variare la sua strategia a seconda dell'avversario. Con un arsenale tecnico così importante, può permetterselo. E il risultato è quasi sempre a suo favore. Dovrebbe esserlo anche stavolta: se è vero che Cilic ha sette anni meno di lui, Roger è rimasto in campo per meno di 11 ore e arriva più fresco, anche perché lo hanno fatto giocare di sera cinque volte su sei. L'elisir di eterna giovinezza è nascosto da qualche parte, ma non ha neanche avuto bisogno di usarlo. Per ora.