15 anni! Tanto è passato dal primo titolo Slam di Roger Federer, nel 2003 a Wimbledon, al ventesimo, l'Australian Open 2018. Nell'avvincente finale contro Cilic lo svizzero manca qualche chance di troppo, si ritrova al quinto e sembra non averne più, ma nel momento più difficile trova la forza di reagire. Grande commozione durante la cerimonia: Federer è il miglior testimonial che il tennis potesse chiedere.Piangevano tutti. Roger Federer, mamma Lynette e papà Robert, Ivan Ljubicic, chissà quanti appassionati sugli spalti della Rod Laver Arena e quanti altri incollati alla tv in ogni angolo del mondo, uniti da quell’amore per le leggende dello sport che supera tutte le barriere: politiche, culturali, territoriali, linguistiche e chi più ne ha più ne metta. Ha detto bene il presentatore, nell’invitare il campione di Basilea a ritirare il suo trofeo: dalla Svizzera, ma amato in tutto il mondo, Roger Federer”. Una bella sintesi di chi è mister 20 Slam, l’uomo che in molti davano per finito già una manciata di anni fa, invece ha ripreso a dominare come ai tempi d’oro. Quel 17 che spesso viene ritenuto un numero sfortunato sembrava la sua croce, invece i sei mesi di stop che ne hanno rigenerato fisico e motivazioni, insieme ai problemi di alcuni dei rivali, l’hanno rilanciato fino a vincere tre degli ultimi cinque tornei del Grande Slam. Australian Open, Wimbledon e di nuovo Australian Open, al termine di una finale contro Marin Cilic meno avvincente di quella di dodici mesi fa con Nadal (ma è normale che sia così), ma ugualmente carica di pathos ed emozioni, fino al 6-2 6-7 6-3 3-6 6-1 da montagne russe che gli ha dato il titolo. Ci sono voluti di nuovo cinque set, di nuovo la paura di non farcela, ma soprattutto di nuovo una reazione quando lo spettro della sconfitta era vicinissimo, a causa di una lunga serie di occasioni gettate al vento. Invece Federer la sconfitta l’ha rifiutata ancora una volta, ha stretto i denti e ha trovato la forza mentale di chiudere tutte le difficoltà in un cassetto e accelerare un'altra volta, quando Cilic proprio non se l’aspettava. Col senno di poi, è come se il numero due del mondo avesse trovato il modo di rendere ancora più importante un traguardo, quello dei 20 Slam, che con una comoda vittoria in tre set avrebbe avuto un fascino diverso. L’avrebbero celebrato allo stesso modo, ma con un tasso d’emozioni inferiore, quelle che solo la battaglia riesce a regalare.
REAZIONE IMPENSABILE NEL QUINTO SET
Il compito di Cilic era tanto semplice da capire quanto difficile da applicare: doveva fare tutto bene, servire tante prime, spingere col diritto, spingere col rovescio, sbagliare il meno possibile e sperare che bastasse. Sotto il tetto del Centrale, in condizioni indoor causa della heat rule (decisione che ha fatto discutere, ma col WBGT superiore ai 32,5 era fra le facoltà del giudice arbitro), il 29enne di Medjugorje è partito malissimo, consegnando il primo set in 24 minuti, ma un secondo set di indecisioni di Federer gli ha dato fiducia. La vera partita è iniziata lì: Roger ha mancato palle-break in tre game diversi, lui è riuscito a prendersi il tie-break e l’ha vinto con due risposte magnifiche: una col diritto, nel sesto punto, per recuperare il mini-break concesso, e una seconda col rovescio, per salire 6-4 e risolvere il set. Per Federer è stata una mazzata, perché il punteggio era sinonimo anche di un equilibrio maggiore, e di una risposta che gli dava molto meno rispetto al primo set. Ma la parte più difficile doveva ancora venire. È arrivata nel quarto set, dopo che nel terzo il servizio ha dato allo svizzero una bella mano a tenere alto il ritmo del suo tennis, e un break nel sesto gioco l’ha mandato avanti un’altra volta. Nel quarto la partita sembrava finita: Federer è scappato subito sul 2-0 e nel terzo game ha avuto una palla del doppio break, dal sapore di match-point. Il problema è che l’ha mancata e poi è andato completamente in tilt. La percentuale di prime è crollata, è arrivato un drastico calo fisico e Roger si è trovato costretto a ripartire da zero. Aveva tenuto 17 game di servizio consecutivi, poi ne ha persi due di fila, Cilic ha alzato il livello e il match è finito al quinto set, con tutta l’inerzia dalla parte del croato. Era più reattivo, molto più carico, e l’allungo sembrava solo questione di minuti, persino secondi quando ha avuto due palle-break nel game d’apertura. Invece, sarebbero rimaste l’ultimo momento degno di nota della sua finale. Sulla prima non ha risposto col diritto, colpo che ha fatto malissimo a Federer (e oggi sembra più incisivo del rovescio), mentre sulla seconda ha servito bene Roger, che ha strillato un “komm jetzt” e – non si sa bene come – ha deciso che il match doveva finire lì. Ha tenuto la battuta, poi è scappato sul 3-0 vincendo tre game ai vantaggi, e ha corso in sicurezza fino al successo.
TECNICA? SÌ, MA ANCHE TANTO LAVORO
Proprio come nel 2017, prima di lasciarsi andare Federer ha avuto il brivido del Challenge, ultimo disperato tentativo di Cilic (che salirà al n.3 ATP) di restare nel match, ma anche stavolta la festa è stata rimandata solo di qualche secondo. Da giovane Federer si lasciava cadere a terra in maniera teatrale, anche in delle finali senza storia, mentre col tempo le sue celebrazioni hanno assunto contorni più emotivi, più spontanei, quasi genuini. Si può esserlo anche al ventesimo titolo Slam? Lui è l’unico a poter dare una risposta, ed è sì. Bastava osservarlo durante la premiazione, prima che nel ringraziare il suo team scoppiasse in lacrime, commosso. Roger guardava la sua coppa con l’entusiasmo di un bambino che non ne ha mai vinta una, quando invece in salotto ne ha 96 solo per i titoli, ora 6 anche a Melbourne, come Novak Djokovic e Roy Emerson. Un titolo che gli permette di portarsi a soli 155 punti dal numero uno della classifica mondiale, che potrebbe diventare suo anche senza giocare, il 5 marzo, se Nadal dovesse decidere di non andare ad Acapulco a difendere la semifinale del 2017. Sarebbe il finale perfetto a una favola iniziata dodici mesi fa proprio a Melbourne, e che si fa sempre più interessante settimana dopo settimana, grazie alle qualità di un atleta straordinario. È riduttivo soffermarsi ai colpi, restare affascinati dalla facilità di impatto o dalla fluidità di un tennis che non ha eguali e mai ne avrà. Non va dimenticato che per giocare un certo tipo di tennis, danzando in campo contro avversari più giovani, più alti e più potenti, serve una preparazione atletica impeccabile. A 26 anni arriva senza grossi sforzi, a 31 ne richiede qualcuno in più, a 36 diventa molto molto difficile, e rende necessaro lavorare tanto, quotidianamente. Federer continua a farlo, con il palmarès più ricco di sempre, col conto in banca (tennistico) più ricco di sempre, con una moglie e quattro figli a casa. Tutto per amore del suo sport. È il più forte di tutti i tempi? Non è il momento per dare una risposta, e non è nemmeno così importante. Di sicuro, però, è il miglior testimonial che il mondo del tennis potesse chiedere. E in quello sì, che sicuramente un nuovo Roger Federer non nascerà mai più.

AUSTRALIAN OPEN – Finale maschile
Roger Federer (SUI) b. Marin Cilic (CRO) 6-2 6-7 6-3 3-6 6-1

I PIÙ TITOLATI NEI TORNEI DEL GRANDE SLAM
20 – Roger Federer
16 – Rafael Nadal
14 – Pete Sampras
12 – Novak Djokovic
12 – Roy Emerson
11 – Bjorn Borg
11 – Rod Laver
10 – Bill Tilden