Quello Slam in doppio mitiga certe sensazioni, ma se la carriera di Simone Bolelli terminasse oggi ci sarebbero tanti rimpianti. Ci sarebbe la delusione di non aver vinto quanto avrebbe meritato, vittima di alcune vicende extra-tennis e due gravi infortuni che lo hanno bloccato quando la ruota sembrava girare per il verso giusto (2013 e 2016). Sono trascorsi 10 anni esatti da uno dei picchi della sua carriera, la finale al torneo ATP di Monaco di Baviera. Era il 3 maggio 2008 quando Simone sfidava Fernando Gonzalez, perdeva con onore e poi si faceva largo nei tabelloni di Roma, Roland Garros e Wimbledon. Un anno dopo sarebbe salito al numero 36 ATP, ancora oggi il suo best ranking. Se è vero che Cristiano Caratti (26) e Potito Starace (27) sono saliti più in alto, non è azzardato pensare che Simone sia il più forte tennista italiano a non aver mai vinto un titolo ATP. Se Caratti ha “ballato” principalmente per un anno (quarti in Australia senza battere top-100, poi la finale al vecchio torneo di Milano), Starace avrebbe meritato almeno un titolo per premiare una certa costanza. In fondo ha giocato 4 finali. Forse racconteremo un'altra storia se nello storico Roland Garros 2004 avesse battuto Marat Safin, ma tant'è. Però, troppo spesso, si è limitato a giocare sulla terra battuta e questo lo ha limitato sotto tanti aspetti. Simone possiede la capacità di giocare bene su tutte le superfici e ha un tennis che piace agli italiani. Saremo pure un popolo di terraioli, ma siamo anche un po' schizzinosi. Le bordate di Bolelli, i suoi gesti eleganti, la pulizia tecnica, lo rendono un elemento affascinante. Di sicuro, capace di rispettare i canoni del Paese della Moda. Tenendo conto che si tratta di un ragazzo squisito, è un peccato vederlo al numero 153 ATP, costretto all'ennesima risalita.
DELBONIS BATTUTO IN RIMONTA
Qualche giorno fa, a seguito del successo di Marco Cecchinato a Budapest, scrivevamo che manca proprio Simone all'appello dei “titolisti” azzurri. Sarà un caso, ma appena tre giorni dopo ha ritrovato un quarto di finale nel circuito ATP dopo due anni e mezzo. Nell'autunno 2015 pescava i quarti in due tornei di fila, San Pietroburgo e Shenzhen. Qualche mese dopo, il ginocchio faceva crack a Marrakech dopo che tre anni prima il polso era andato a farsi benedire (a Miami). In entrambi i casi è stato necessario operarsi e dedicare un mucchio di tempo alla riabilitazione. E allora sì, i rimpianti aumentano. Però il braccio è sempre lo stesso e quest'anno le cose sembrano girare per il verso giusto. Simone ha scelto una programmazione prudente: niente Australia, priorità alla Davis e alla terra battuta. Ha giocato un paio di finali (Punta del Este, nel Paese della moglie Ximena, e Barletta) e adesso insiste nella serie positiva: battendo Federico Delbonis ha raccolto l'ottava vittoria negli ultimi nove match, la più prestigiosa dell'anno. Ha vinto 3-6 7-5 6-2 ma è stato un match a mille facce. Sul centrale del Millennium Open (uno dei pochi tornei europei su terra ad avere la sessione serale) non c'era tanta gente, forse distratta dalla Champions League, ma il “Bole” ha spesso tenuto in mano il gioco contro un ottimo tennista, uno di quelli che sono duri da sfondare. Simone ha avuto tante chance ma non ne sfruttava neanche una, mentre Delbonis era più cinico di lui, almeno fino al 6-3 3-1- Qualche segno dell'età si vede, soprattutto nella velocità di punta del servizio, però la sua palla fa ancora male. E sul piano atletico non si muove peggio rispetto a 10 anni fa. Dai e dai, il match è girato. Dal 2-2 al terzo, il “Bole” ha infilato quattro giochi di fila che lo spingono nei quarti. Si è garantito un bottino di 57 punti ATP (compresi quelli delle qualificazioni) che lo porterà intorno al numero 135. Dovesse battere il giovane Frances Tiafoe (che in precedenza aveva estromesso il finalista in carica Gilles Muller), salirebbe intorno alla 120esima posizione, ritrovando una semifinale ATP dopo oltre cinque anni.
L'ENNESIMA RISALITA
L'ultima risale al 2013, a San Paolo, quando polso e ginocchio erano ancora intonsi. Perse contro David Nalbandian. Più che guardare all'età media degli altri, Simone può essere ottimista perché le tante pause ne hanno preservato il fisico e forse il suo motore non è usurato come quello di altri coetanei. Sono tanti, troppi, i giocatori che hanno vinto un torneo ATP senza avere la stessa qualità di Simone. Lui non ha mai perso fede e ha continuato a lavorare con diligenza, affidandosi da qualche anno alle mani esperte di Eduardo Infantino. Dopo la delusione in Coppa Davis, la semifinale a Monte Carlo con Fabio Fognini (coppia che si è un po' sciolta per ragioni di programmazione, nella speranza che si possa ritrovare con continuità) gli ha ridato fiducia, ed ecco il Simone in versione Estoril. Dieci anni fa, a Monaco di Baviera, con lui c'era Claudio Pistolesi. Insieme fecero un lavoro di primissimo piano: è raro che un tennista italiano arrivi così in alto prima di compiere i 23 anni, ma poi il progetto tecnico si interruppe nel maggio 2009 e per due anni Simone ha faticato a ritrovarsi, raccogliendo tante, troppe sconfitte. Si è tirato su ed è onesto ricordare che nel 2015 aveva riazzannato i top-50, accomodandosi al numero 47. Ma il destino aveva ancora qualcosa da chiedergli. Oggi Simone spera di aver pagato tutte le fatture e di poter giocare tranquillo i 3-4 anni di professionismo che gli rimangono. Se gli Dei del Tennis hanno un po' di senso di giustizia, 'sto benedetto titolo ATP arriverà. Sarebbe clamoroso se accadesse proprio all'Estoril, a dieci anni esatti da Monaco di Baviera. Dovesse spuntarla contro Tiafoe, in semifinale potrebbe esserci il campione in carica Pablo Carreno Busta: onestamente, un'asticella molto alta. Ma un pizzico di fortuna, accidenti, arriverà?
ATP 250 ESTORIL – Secondo Turno
Simone Bolelli (ITA) b. Federico Delbonis (ARG) 3-6 7-5 6-2