Il ruolo è tanto bello quanto scomodo. L'anno scorso, Kristina Mladenovic lo sosteneva con spavalderia. Quest'anno, il tennis francese si presenta al Roland Garros senza grandi cartucce né speranze. Tranne una: Caroline Garcia. È l'unica transalpina – uomini compresi – ad essersi avvicinata nel migliore dei modi al sacro happening parigino. In fondo è proprio sul Campo Chatrier che si è rivelata, sette anni fa, appena diciottenne. Per poco non batteva Maria Sharapova e aveva acceso le fantasie (solo tecniche, s'intende) di Andy Murray. Il tweet dello scozzese, che le pronosticava un futuro da numero 1 del mondo, le è ronzato attorno fino allo scorso autunno, quando ha finalmente abbattuto il muro che separa le buone giocatrici dalle top-players. Vittoria a Wuhan, bis a Pechino, qualificazione al Masters. Oggi Caroline è stabilmente tra le top-10 e può permettersi di muoversi come fanno i vip: circondata di persone. Ma non sono né guardie del corpo e nemmeno una combriccola di amici. Accanto a lei c'è uno staff ben definito: lo sparring partner, l'addetto stampa, i genitori e il suo adorato Endy, uno yorkshire da cui si separa il meno possibile. Per onorare radici familiari antiche ma solide, ha scelto Torrevieja, localita balneare non troppo distante da Alicante, come sede di allenamento. Le altre sono Lione e Miami. Secondo le guide, Caroline risiede a Lione: “Ma non possiamo dire di vivere lì" dice la diretta interessata. "Allo stesso tempo, siamo ovunque e da nessuna parte. Siamo come un circo, nomadi che passano la vita a fare e disfare le valigie”. A parlare è Louis Paul Garcia, padre-coach-demiurgo di un progetto che fino a oggi ha fruttato 7 milioni di dollari.
NIENTE FIDANZATI ALL'ORIZZONTE
La premiata ditta Garcia è un'impresa familiare: Caroline gioca, il padre allena, mamma Mylene si occupa della logistica. Le consulenze esterne sono necessarie, ma mai troppo invadenti. Come quella di Nathalie Tauziat, finalista a Wimbledon 1998, che le dà qualche suggerimento. Nulla di più. Da bambina, Caroline giocava a pallacanestro. Ma poi, a 9 anni, ha iniziato a giocare a tennis a Villeurbanne. Appena i genitori ne hanno intuito la stoffa, hanno fatto partire il progetto. A 15 anni ha iniziato a studiare a distanza. “I miei genitori mi sono sempre stati accanto. Hanno fatto tanti sforzi per mettermi al centro del progetto e passare più tempo possibile con me”. Il padre aveva un lavoro come direttore di vendite per la filiale francese di un'azienda americana: l'ha abbandonato per dedicarsi alla figlia. Per garantire la fattibilità del progetto, la madre ha messo in piedi un'agenzia immobiliare. “Abbiamo potuto investire così tanto solo perché Caroline era figlia unica” riconosce il padre. Viste tante esperienze non proprio edificanti di vari padri-padroni, il mondo del tennis guarda con sospetto l'ingerenza di papà Garcia nella carriera della figlia. In effetti sono sempre insieme. “Però abbiamo il desiderio di andare contro il il pensiero comune" dice Garcia senior. “In effetti è stato complicato durante l'adolescenza, quando viene fuori il lato ribelle di ognuno di noi. Abbiamo avuto discussioni tese, ma sappiamo fino a dove possiamo spingerci” aggiunge Caroline. L'equilibrio perfetto è garantito dall'assenza di figure esterne, magari un fidanzato. In questo momento Caroline è single e non ha progetti di coppia. “È molto difficile intavolare una relazione. O la persona ti capisce e vivi a distanza, oppure mette da parte le sue aspirazioni professionali e viaggi in coppia. Per il momento sono concentrata sul mio tennis. Un giorno, arriverà”. Scelta un po' cinica, che stride con la maggior parte dei giocatori e delle giocatrici francesi. Quasi tutti hanno (o hanno avuto) relazioni stabili e importanti. Ma non tutti hanno raccolto i risultati della Garcia.
UNA SCELTA IMPOPOLARE
Il suo ingresso tra le prime 10 le ha fatto conquistare tanti sponsor. Persino Rolex ha scelto di legarsi a Caroline, che compirà 25 anni il prossimo 16 ottobre. I soldi arrivano, ma nemmeno quelli sembrano essere il motore portante della sua esistenza. “I miei genitori mi hanno tramesso il valore delle cose. Prima di spendere, ci penso su”. Per arrivare lassù, tuttavia, ha dovuto tribolare. A fine 2016 ha fatto una scelta impopolare, rinunciando alla Fed Cup. Peccato mortale, nella patria di Monsieur Chauvin. Un dolore alla sciatica, inoltre, l'aveva convinta ad abbandonare il doppio, dove raccoglieva un successo dopo l'altro insieme a Kristina Mladenovic. Secondo il suo preparatore atletico di allora, Jerome Simian, non poteva nemmeno piegarsi per allacciare le scarpe. Scelte discutibili ma legittime, forse comunicate nel modo sbagliato. Ha informato la Mladenovic con un messaggio: da lì si è scatentata la tempesta. Le ex compagne di squadra l'hanno ripudiata, mentre la Mladenovic ne ha dette di tutti i colori: l'ha accusata di ingratitudine verso la FFT e una certa mancanza di autonomia. Lei l'ha presa male. Si è rifugiata in se stessa, nell'ovile familiare. Per blindare le sue fragilità, ha chiamato una persona che l'ha aiutata a “gestire ed esprimere le mie emozioni”. Mental trainer, psicologo, non si sa. È ben noto, invece, il ruolo di Jerome Simian nella ricostruzione di un corpo a brandelli. Adesso è in condizioni fisiche perfette. Molti si domandano e sue origini, visto il cognome spagnoleggiante. Facile: i suoi bisnonni vivevano nel sud della Spagna, da cui sono andati via sul finire del 19esimo secolo per migrare in Algeria, laddove è nato il padre. Caroline tiene molto alle sue origini spagnole. Ha imparato la lingua e, come detto, ha scelto il club Los Balcones per allenarsi in alcuni periodi dell'anno. In questi giorni si trova a Lione, a trovare i suoi cuginetti, prima di dare l'assalto al Roland Garros. Laddove si è rivelata, e laddove avrà tutti gli occhi addosso. Non le piace. A differenza della Mladenovic, non ama troppo fare show. Però, quando sente la tempesta attorno a sé, sa cosa fare: appoggiare lo sguardo sui suoi genitori. “Gioco a tennis per spingere il più possibile i miei limiti. È uno sport individuale, ma si concretizza un lavoro di squadra. C'è una forte condivisione, soprattutto con la mia famiglia”. Già, la famiglia.