Un anno è passato da quel nostalgico indomani in Church Road! Da quel down agrodolce di un lunedì mattina rapito ancora dagli echi di strusciate possenti, di palline impattate e di applausi a scena aperta. Un anno da un pigro giorno di metà luglio in cui, vagando per il verde di Wimbledon, potevi captare l’illusione di prolungati “oooooohhhh” per i twiner del funambolico Kyrios o per le braccia al cielo di un Djiokovic al settimo sigillo. Un clima ovattato nel quale la fantasia era finita in un Purgatorio dantesco dove scorgere figure eteree che dal glorioso centrale rimandavano a gesta appena consumate seppure passate alla storia. In un caos calmo, macchie giallastre animavano figure saettanti lungo un’incerta baseline alternate ad altre tese alla rete, figlie di attacchi moderni diversi da quelli del tempo che fu. Ancora nicchie color dell’ocra tradivano tutt’intorno l’opera di raccattapalle solerti mentre altre più lontane raccontavano di compassati giudici di linea armati di buon occhio e di forte amor proprio. Rasenti l’arbitro, infine, stretti viottoli avevano visto campioni ciondolanti avviati a meritato riposo e solerti terapisti chiamati al capezzale di eroi più malandati. Un day after in cui i Championships consumavano la nostalgia per quel mondo racchettaro che fino a ieri brulicava su e giù per Henman Hill e St.Mary’s walk. Un anno è passato, molto è cambiato e quei fantasmi di bianco vestiti incarneranno presto nuovi e vecchi eroi in cerca di gloria.
Su tutti aleggia la sagoma di un nobile piumate. Si chiama Roger e per l’eleganza dei gesti rimanda al Jonathan Livingstone di Richard Bach, gabbiano sognatore con tanta voglia di volare e il perfezionismo fatto ossessione. La metafora narra che quello splendido pennuto vive nel profondo di noi tutti, quindi può annidarsi anche in un tennista immortale ormai fuori dai giochi ma coccolato con amore dalla sua stessa leggenda. Prima di abdicare, il buon Jonathan aveva scelto il giovane Fletcher quale meritevole successore. Non è dato sapere ma pare che anche il Livingstone del nostro tempo abbia adocchiato il suo possibile prosecutore. Risponde al nome di Carlitos, viene dai cieli di Spagna e, a detta di molti, su quelli di Wimbledon potrebbe svettare in sofisticati volteggi sfruttando correnti ascensionali con spiccato senso tattico. In gara con un falco di Belgrado si cimenterà in spericolate cabrate, picchiate mozzafiato e improbabili impennate , mostrando al mondo il gusto di osare oltre i limiti, a dispetto di uccelli sparagnini, poco inclini al rischio. Lui ama volare alto e sulla scia del suo mentore, poco bada a cosa frulla nella mente altrui. Lui è così, gli atri se la sbroglino tra loro!