I bookmakers lo hanno collocato come secondo favorito. In fondo, Novak Djokovic ha vinto per tre volte a Wimbledon. Ma, soprattutto, la sua rinascita è sana, graduale, concreta. Lo sta dimostrando in questi giorni, con due nette vittorie contro Tennys Sandgren e Horacio Zeballos. Il problema, semmai, è il dolore al ginocchio sinistro maturato nel cuore del terzo set. Dopo il 6-1 6-2 6-3 finale che ha apparecchiato il terzo turno contro Kyle Edmund, il serbo ha ridimensionato la portata del problema. “È stato un cattivo movimento durante il punto. Ho sentito qualcosa al ginocchio negli ultimi due game, ma non sembra niente di grave. Non è il tendine: fosse qualcosa di grave, mi costringerebbe a dare forfait”. Nole ha poi scherzato con i giornalisti, segno che il problema non lo preoccupa. Sul campo, ha trovato un nuovo alleato: il servizio. Ha vinto 41 punti su 46 con la prima palla. “In effetti è un'arma importante, sull'erba trovi sempre quei dieci punti gratis in più”. Wimbledon è il suo nono torneo dopo il piccolo intervento al gomito, ma l'origine del nuovo Djokovic va individuata nel ritorno di Marian Vajda. Ha capito che bisogna ricostruire tutto, anche facendo un piccolo bagno di umiltà. Testa di serie numero 12, non giocava da dieci anni in un campo secondario. Per sfidare l'argentino, lo hanno collocato sul Campo 2. Non è l'ex “cimitero dei campioni”, ma un impianto nuovo che ha la caratteristica di essere abbastanza distante dagli altri campi. “Non mi ha creato nessun problema, è stato interessante – dice Djokovic – anzi, è stato bello passeggiare verso il campo e sentire l'affetto della gente. Mi hanno incoraggiato, mi hanno fatto tanti auguri… mi è piaciuto”. L'anno scorso, un ritiro a Wimbledon aveva segnato l'inizio del suo calvario. Il torneo del 2018 può rappresentare una simbolica rinascita, anche se contro Edmund non sarà facile (“Ha una grande dedizione, poi conosco il suo coach, è una persona molto scrupolosa. Dovessi giocare contro Kyle, avrebbe molta pressione addosso. Però la sta gestendo molto bene”).
PRESENTGEN, CURRENTGEN, OLDGEN
La delusione mostrata a Parigi, dopo la sconfitta contro Marco Cecchinato, sembra molto distante. Per esempio, parla volentieri della torta che Johanna Konta ha promesso di preparargli. “La sto aspettando, anche se oggi Johanna ha perso. Non so se riuscirà a prepararmela per Wimbledon, magari aspetterò i tornei americani”. La torta della Konta è stata un assist per ricordare il suo regime alimentare, particolarmente rigido. Novak ritiene che certe scelte non siano più rivoluzionarie come potevano sembrare qualche anno fa. “Oggi c'è una consapevolezza diversa rispetto al cibo. Le persone, gli atleti, prestano molta più attenzione a quello che mangiano. Dappertutto, ormai, si possono soddisfare le esigenze come le mie. La torta di Johanna? Me l'ha chiesto e le ho detto sì, ma facendole presente cosa può metterci e cosa no”. Dando un'occhiata al tabellone, il serbo ha un percorso di media difficoltà: Edmund è certamente avversario ostico, poi uno tra Khachanov e Tiafoe in vista di un possibile quarto contro Alexander Zverev, collocato sul Campo 1 per il suo match contro Taylor Fritz. Hanno chiesto a Djokovic se i ragazzi della Next Gen ricevono troppi vantaggi, come denunciato da Fabio Fognini durante il Roland Garros. “Beh, Fabio è un mio coetaneo – ha detto – siamo nati entrambi nel 1987. Forse per lui è difficile accettare il fatto che non siamo più così giovani. Forse potremmo fare un tour chiamandolo PresentGen, CurrentGen oppure OldGen. Scherzi a parte, per tanti anni ci si è lamentati del fatto che il circuito fosse dominato soltanto da quattro giocatori. Adesso ci sono nuovi nomi e stanno cercando di renderli delle star. Non la vedo come una cosa negativa: quando ci rimetti in prima persona può anche darti fastidio, ma in generale è buono per lo sport”. Tanto i match si vincono sul campo, qualsiasi esso sia, e non sulla carta. E Novak Djokovic lo sa benissimo.