A Wimbledon è tempo di ottavi: 16 uomini e 16 donne sono ancora in lizza per il titolo più prestigioso. 16 come i giocatori e le giocatrici (in gara nel 2018) che in passato avevano conquistato la prova junior. Da Roger Federer in giù, la lista degli ex baby campioni è decisamente variegata: è il segno di come vincere da junior, anche il torneo più importante del mondo, non sia affatto garanzia di successo. Basti pensare alle fatiche di Gianlugi Quinzi, che soltanto cinque anni fa batteva Hyeon Chung sul Campo 1 e oggi sgomita tra alti e bassi nei Challenger dopo aver frequentato a lungo l'inferno dei Futures. Dando un'occhiata agli albi d'oro, si scopre che soltanto in sei hanno colto la doppia corona: Bjorn Borg, Pat Cash, Stefan Edberg e Roger Federer tra gli uomini, mentre tra le donne ce l'hanno fatta Martina Hingis e Amelie Mauresmo. La maggior parte di loro non ce l'hanno fatta: in certi casi, non si sono nemmeno avvicinati a una discreta carriera. Tra Hingis e Mauresmo, rispettivamente vincitrici nel 1994 e nel 1996, si è imposta la polacca Aleksandra Olsza, capace di vincere appena tre partite negli Slam e mai oltre il numero 72 WTA. Per non parlare di Roman Valent, talentuoso svizzero che si impose due anni dopo Roger Federer. Travolto dagli infortuni, ha giocato soltanto una partita nel circuito maggiore. Ma se gli Slam Junior sono un buon viatico per individuare i talenti del futuro, non sono l'unica via. Esistono casi di campioni che hanno saltato (o quasi) l'attività junior. Si tratta delle sorelle Williams, la cui carriera è stata telecomandata da papà Richard. Anche Rafa Nadal ha avuto una crescita tutta sua: ha giocato un solo Slam giovanile (Wimbledon 2002, arrivando in semifinale).
DA WIMBLEDON ALLA POLIZIA
Nell'edizione in corso ci sono stati un paio di incroci tra ex vincitrici junior: Jelena Ostapenko (campionessa nel 2014) ha superato Kirsten Flipkens (2003), mentre Ashleigh Barty (2011) non ha dato scampo a Eugenie Bouchard (2012). Proprio la canadese ha sfiorato la doppietta, visto che soltanto due anni dopo il successo junior è arrivata in finale nel torneo vero. Secondo "Genie", i tornei giovanili sono un ottimo viatico per avvicinarsi gradualmente al professionismo. “Era come se alcuni ragazzi e ragazze volessero diventare professionisti troppo in fretta, saltando un passaggio necessario – ha detto – io ho fatto l'intera attività giovanile, e credo che mi abbia dato la giusta base per quando sono entrata tra le professioniste. Per questo ho fatto così bene”. Dopo un inizio di carriera travolgente, tuttavia, è piombata in una spirale di risultati negativi che l'ha fatta uscire addirittura dalle prime 100, anche se la ragioni delle sue difficoltà non sono certo legate all'attività junior, ma a una condotta non sempre professionale. Da parte sua, Ashleigh Barty è stata un fenomeno di precocità: nel 2011 aveva appena 15 anni. “E mi è piombato addosso tutto troppo rapidamente – ha detto al New York Times – è stato allo stesso tempo uno dei momenti migliori e peggiori della mia carriera, nel senso che è stato un fattore importante quando è cambiato tutto. Può aiutarti se sei pronta accettare quello che sta arrivando. Io non la ero”. La Barty si era ritirata da giovanissima, dedicandosi al cricket, poi però ha trovato la forza di riprovarci e diventare un'ottima tennista. Si può dire che ce l'abbia fatta. Non è andata così a Noppawan Lertcheewakarn, thailandese che è stata finalista nel 2008 e vincitrice nel 2009 (in finale su Kristina Mladenovic). Tra le grandi, è stata al massimo numero 149. Nemmeno l'esperienza di Paradorn Srichaphan è servita a farle gestire il passaggio. “Per me è stato molto complicato, erano tutti coinvolti. Fosse successo in Gran Bretagna o negli Stati Uniti, sarebbe stato normale. In Thailandia no. Potessi tornare indietro, mi sarebbe piaciuto allenarmi da qualche altra parte, in modo da concentrarmi solo sul gioco”. Oggi la Lertcheewakarn sta studiando per diventare ufficiale di polizia, ma non ha escluso del tutto la possibilità di tornare a giocare. “Non sono sicura di aver fatto la scelta giusta. In fondo ho solo 26 anni. A volte, quando guardo indietro, mi piacerebbe riprovarci”.
TANTI POSSIBILI PERCORSI
Ci sono poi casi di giocatori che tribolano un po', ma poi ce la fanno. È il percorso che sogna di intraprendere Gianluigi Quinzi, magari imitando chi ce l'ha fatta quattro anni prima di lui: Marton Fucsovics. Dopo anni trascorsi nel purgatorio dei Challenger, l'ungherese è entrato tra i top-50. “Ho pensato che sarebbe stato molto facile entrare tra i top-100, ma non era così. Ci sono voluti molti anni e posso dire che quel successo non ha influito positivamente nella mia carriera”. Tuttavia, non esiste una regola: dopo il successo junior, si intersecano mille sentieri. Per esempio, Denis Shapovalov è l'unico tra gli ultimi sette campioni ad aver abbattuto il muro dei top-100, ma non è detto che resti tale. Laura Robson vinceva da ragazzina, ad appena 14 anni, poi aveva un travolgente inizio di carriera. Dopo le fiamme iniziali, si è spenta a causa di un grave infortunio al polso. Adesso si è fermata di nuovo per un'operazione all'anca. Dei 16 ex campioni di Wimbledon Junior in tabellone, negli ottavi sono rimasti Roger Federer e Jelena Ostapenko. La lèttone ha vinto il Roland Garros dopo appena tre anni, salvo poi spingersi nei quarti anche ai Championships. Chissà che non possa centrare la clamorosa doppietta. “Alcune giovani ragazze, quando affrontano le top-10 dopo l'esperienza junior, vanno in campo tremando, in preda a un timore reverenziale. Personalmente, ero ancora più motivata e le volevo battere" ha detto Jelena. Secondo Nick Kyrgios, in tabellone nell'anno di Quinzi (perse negli ottavi contro Chung), l'exploit dell'anno dopo (battè Rafa Nadal arrivando nei quarti) era figlio della familiarità con le strutture, costruita l'anno prima. “Però c'è un rischio: quando diventi numero 1 junior, pensi che tutto ti sia servito su un piatto d'argento. Pensi di essere un fenomeno quando non lo sei ancora”. Alla fine, la chiave è quella delineata da Kirsten Flipkens: dopo tante difficoltà, si è costruita una carriera più che dignitosa, con tanto di semifinale proprio a Wimbledon. “Sono professionista da 15 anni e amo ancora quello che faccio. Tutto qui”.