In un'intervista col The Guardian, Andre Agassi entra nei dettagli che non hanno fatto funzionare la sua collaborazione con Novak Djokovic. Le incertezze del serbo, e il fatto che fosse restio a certi cambiamenti ritenuti necessari da Agassi, non hanno fatto nascere l'alchimia necessaria per andare avanti.La collaborazione fra Novak Djokovic e Andre Agassi, partita con enorme entusiasmo per il ritorno nel Tour del Kid di Las Vegas, è rimasta archiviata nel faldone dei fallimenti, perché è durata meno di un anno (e solo pochissimi tornei) e – almeno secondo i risultati – non è servita al serbo a ritrovare lo smalto perduto. “Nole” lo sta recuperando piano piano, da Roma in avanti è tornato sulla strada giusta e a Wimbledon può puntare ad andare in fondo. Ora che la situazione di Djokovic sembra pian piano tornata alla normalità, anche Agassi ha accettato di entrare nei dettagli di ciò che non ha funzionato nella loro collaborazione, chiusa a fine marzo con un messaggio che parlava di una costante differenza di visioni. Il vincitore di otto tornei del Grande Slam ne ha parlato dall’All England Club in un’intervista col quotidiano The Guardian, spiegando che i primi “scontri” sono nati già dopo pochissime settimane di collaborazione, quando c’è stato da decidere come muoversi per trattare il problema al gomito che assillava Djokovic ormai da mesi. “Ha avuto problemi al gomito per l’intera durata della nostra collaborazione – ha detto Agassi –, quindi ci sono sempre stati dei problemi. Credevo davvero che ci fosse la possibilità di superare l’infortunio senza ricorrere alla chirurgia, ma non sono mai stato un grande fan di quella soluzione. Chiaramente un allenatore non può forzare il proprio giocare a prendere una decisione relativa al proprio corpo, e deve comprenderne le esitazioni, ma salute significa prendersi cura del proprio corpo, anche quando questo richiede delle decisioni difficili. Bisogna prendersi il giusto tempo e lavorare in maniera metodica. Secondo me il solo riposo non faceva parte di questa sfera. Quando ho visto la sua risonanza magnetica sono stato molto chiaro: secondo me si doveva operare, così da risolvere il problema una volta per tutte”.
LE ESITAZIONI DI DJOKOVIC NON HANNO AIUTATO
Djokovic si è convinto ad andare sotto i ferri solamente a febbraio, dopo la sconfitta contro Hyeon Chung all’Australian Open, e da allora Agassi e Radek Stepanek (anche lui durato pochissimo) hanno cercato di modificare sensibilmente il movimento del servizio di “Nole”, così che andasse a stressare il gomito il meno possibile. Ma le esitazioni dello stesso Djokovic non hanno aiutato. “Quando un giocatore ha un problema al gomito – ha aggiunto Andre – è normale che sia abbastanza restio a sforzarlo, e Novak non era così aggressivo come sarebbe dovuto essere. Anche perché non ci sono mai stati due giorni consecutivi senza che avesse dolore”. Come se non bastasse, Djokovic e Agassi non erano d’accordo nemmeno sugli aspetti nutrizionali, da sempre uno dei credo principali di Djokovic. Il coach ha provato a modificare alcune parti dal programma alimentare del campione serbo, ma “Nole” non è stato troppo ricettivo. “Credo che certi passaggi si sarebbero potuti svolgere più rapidamente. Djokovic è quel tipo di ragazzo che deve avere pienamente il controllo di tutto ciò che fa. È capace da solo di rendersi conto quando non ha abbastanza forze o sufficienti energie. Io ho sempre creduto nell’importanza del lavoro sulla forza, così come in alcuni aspetti della nutrizione, ma lui per anni ha seguito un altro tipo di dieta”. Tutta questa serie di divergenze, più o meno importanti e più o meno gravi, hanno fatto sì che fra i due non si sia mai creata l’alchimia necessaria per far funzionare un rapporto giocatore-coach, spingendo Agassi a gettare la spugna. “Capita di arrivare a un punto in cui se non sei parte della soluzione diventi parte del problema. Ci siamo trovati troppo spesso in disaccordo per pensare che lo stessi aiutando come desideravo”.