Nel giorno delle semifinali di Wimbledon, la Tennis Integrity Unit ha comunicato la squalifica (subito sospesa) a Robert Farah per aver pubblicizzato, via Twitter, un'agenzia di scommesse. Riconosciuta la buona fede del giocatore, qualcuno ironizza sul fatto che la TIU avesse bisogno “di un caso facile”.

Diversi media non amano dare queste notizie. Va detto che la sospensione di Robert Farah è stata annunciata nel giorno delle semifinali di Wimbledon, quindi poteva restare in ombra rispetto all'incredibile Anderson-Isner e dai primi tre set di Djokovic-Nadal. Non si tratta di match-fixing, ma il doppista colombiano (vincitore al Foro Italico e n.16 del ranking di specialità) è stato squalificato per tre mesi, poi sospesi, per aver violato una norma del regolamento anti-corruzione, in particolare l'articolo D.1.b, secondo cui le persone coinvolte nel tennis non possono “direttamente o indirettamente, richiedere o facilitare che altre persone scommettano sul risultato o qualsiasi altro aspetto di una partita di tennis. A scanso di dubbi o equivoci, per 'richiedere o facilitare' le scommesse si include anche l'apparizione in spot pubblicitari in cui si incoraggiano gli altri a scommettere sul tennis”. Ma cosa aveva “combinato” Farah? Il 20 febbraio, poche settimane dopo l'Australian Open, dove aveva raggiunto la sua prima finale Slam, aveva pubblicato un tweet in cui pubblicizzava un'agenzia di scommesse neanche troppo nota, la svedese Betsson. Non appena Farah è stato avvisato della leggerezza si è scusato e ha immediatamente cancellato il tweet. Tuttavia, su internet è molto difficile far scomparire ogni traccia e gli screenshot di quanto pubblicò sono ancora disponibili: come vedete qui sotto, quella di Farah era pubblicità a tutti gli effetti “È facile giocare, ci sono vari sport, si può vincere in vari modi – scriveva – io ho già scommesso, anche tu #ApuestaleATuPasion”.

UN ERRORE "ONESTO"
Le indagini, evidentemente, hanno appurato che Farah non scommetteva, almeno sul tennis. In quel caso, sarebbe scattata una sanzione ben più grave. Ma visto che la Tennis Integrity Unit ha scelto la linea della tolleranza zero, ha ugualmente sanzionato Farah. Niente di grave: tre mesi e 5.000 dollari di multa, con l'immediata sospensione della pena. Nel suo breve comunicato, la TIU informa che Farah ha totalmente collaborato con l'indagine. Per questo, Ian Mill QC (la persona chiamata a giudicare) ha stabilito che quello di Farah è stato un errore “onesto”, “in buona fede”, che non si sarebbe ripetuto. Farah è soltanto il secondo giocatore a ricevere una squalifica per questo tipo di infrazione: prima di lui, era successo soltanto a Daniel Koellerer, che poi sarebbe stato squalificato a vita per una lunga serie di infrazioni. Resta curioso il fatto che un singolo giocatore sia stato squalificato per u tweet mentre la stessa ITF e diversi tornei del circuito, fino a qualche tempo fa, si erano fatti sponsorizzare da diverse agenzie di scommesse. Persino Coppa Davis e Australian Open avevano accolto i soldi degli allibratori, salvo poi interrompere le collaborazioni.

"UN CASO FACILE"
Da parte sua, Farah (che in effetti è molto attivo sui social network) non avrà nessuna conseguenza e a breve inizierà la campagna di avvicinamento per lo Us Open insieme allo storico compagno Juan Sebastian Cabal. Come detto, il loro miglior risultato è la finale all'Australian Open. Hanno vinto 11 titoli del circuito ATP, l'ultimo (e più importante) proprio agli Internazionali BNL d'Italia. Al di là del singolo episodio, il caso Farah conferma come la Tennis Integrity Unit sia particolarmente attenta a tutto quello che accade nel circuito. Sia pure tra mille difficoltà, l'organico TIU lavora alacremente. Qualcun altro, tuttavia, continua a criticare l'operato del corpo investigativo anti-corruzione: per esempio, Richard Ings (responsabile dei primi programmi anti-corruzione nel tennis) ha scritto via Twitter che ogni tanto la TIU ha bisogno di un “caso facile”, lasciando intendere che potrebbe invece occuparsi di questioni più delicate e nomi di un certo peso. Al dibattito via Twitter ha preso parte anche Sven Groeneveld, ex allenatore di Maria Sharapova, il quale si domandava perché i tornei possano farsi sponsorizzare dalle agenzie di scommesse e i giocatori no. La verità è che i tornei hanno smesso, ma forse Ings alludeva ad altro.