Soltanto due teste di serie avevano raggiunto i quarti all'Hall of Fame Open di Newport: in mezzo a tanti risultati inattesi, Steve Johnson non ha mai vacillato e ha conquistato il quarto titolo in carriera. L'americano era giunto in finale lasciando le briciole, senza mai perdere più di tre game per set. Ben più complicata la finale contro Ramkumar Ramanathan, unico a portargli via un set. E pensare che il match ha rischiato di non giocarsi a causa della pioggia: inizialmente programmato alle 15 locali, è stato spostato alle 11 per anticipare l'acquazzone previsto a ora di pranzo. “Il tempo si era guastato, ha piovigginato per buona parte del match, ma mai abbastanza per farci smettere – ha detto Johnson dopo il 7-5 3-6 6-2 finale – non posso credere di avercela fatta, anche perché le previsioni sono cattive anche per i prossimi giorni”. Già vincitore a Houston, non aveva mai vinto più di un titolo nella stessa stagione. E pensare che non aveva buoni precedenti a Newport: in tre apparizioni non era mai andato oltre i quarti. Ma il suo tennis, basato su un servizio molto potente (in finale ha raccolto l'83% dei punti con la prima palla), è perfetto per l'erba e lo ha dimostrato contro Ramanathan, intascando 250 punti che porteranno al numero 34 ATP. Oltre a lui, soltanto Roger Federer ha vinto tornei ATP su almeno due superfici diverse nel 2018. È stata una partita gradevole grazie al costante serve and volley di Ramanathan, atteggiamento tattico quasi estinto. I punti più spettacolari li ha raccolti l'indiano, ma Johnson lo ha neutralizzato sul più bello, sia pure procurandosi un lieve infortunio alla spalla per un "tuffo" nel primo set.
UN SUCCESSO PER PAPÀ E CRAIG
“Ramkumar sa come si gioca a Newport – ha detto il vincitore – è molto bravo a rete. Io ho giocato alcune belle risposte sui piedi, ma lui se l'è cavata con grandi volèe. Direi che sono stato fortunato a trovare il break in avvio di terzo set”. Fortunato, ma con merito. I suoi passanti sono diventati via via più incisivi, soprattutto con il dritto. Johnson nutre talmente tanta fiducia in questo fondamentale che è disposto a mettere i piedi fuori dal campo pur di evitare il rovescio. Stavolta, ha avuto ragione lui. Ramanathan (n.161 ATP prima del torneo) sperava di diventare il primo indiano a vincere un torneo ATP a vent'anni dal successo di Leander Paes, proprio a Newport. Al contrario, l'ultimo finalista era stato Somdev Devvarman (Johannersburg 2011). “È stata comunque una grande settimana – ha detto – ho dato il massimo, ma Steve ha giocato alcuni dritti straordinari. E nel terzo set è stato più bravo di me”. Questo successo certifica la ripresa di Johnson, che nell'ultimo anno ha vissuto parecchi alti e bassi per la morte del padre, dolore che ha faticato parecchio a superare. Da qui allo Us Open, avrà soltanto 110 punti da difendere, poiché l'anno scorso aveva perso al primo turno a Washington, Montreal e Cincinnati. Significa che il prossimo mese e mezzo potrebbe dargli una bella spinta in classifica. Intanto si gode un successo già dedicato a papà Steve Sr., ma anche a coach Craig Boynton: “Perché mi ha visto quando ero n.200 al mondo e perdevo al primo turno dei Challenger, mentre adesso mi vede vincere i tornei ATP. Negli alti e bassi c'è sempre stato”.
ATP NEWPORT – Finale
Steve Johnson (USA) b. Ramkumar Ramanathan (IND) 7-5 3-6 6-2