Reduce dalla semifinale a Wimbledon, il numero 1 americano riparte dall'amato cemento americano. Cerca il quinto titolo ad Atlanta, poi giocherà altri tre tornei di fila. Un po' troppi in vista dello Us Open? Almeno salterà Winston Salem. Intanto spiega il segreto del suo gran momento: “Non sono più ossessionato dal risultato”.

Perdere una semifinale di Wimbledon, 26-24 al quinto, dopo oltre 6 ore e mezzo di gioco, può essere (molto) dura. È stata dura anche per John Isner, ma il numero 1 americano è ripartito alla grande. Qualche giorno di riposo e poi di nuovo in campo per la sua fetta di stagione preferita, sull'amato cemento americano. Prima testa di serie al BB&T Atlanta Open, ha esordito con una facile vittoria su Alex De Minaur. Un 6-3 6-2 che vale, perché il giovane australiano non molla una palla, non si arrende mai. “Long John” tornerà in campo venerdì, per i quarti di finale, contro Mischa Zverev. Approfittando del clima rilassato di Atlanta, dove per anni ha rappresentato la University of Georgia, ha svelato il segreto che gli consente di giocare così bene a 33 anni: non preoccuparsi più di tanto del risultato. Questo approccio mentale, unito a un tennis ancora più aggressivo (non solo botte col servizio, ma una ricerca della rete più costante e ragionata), lo ha riportato stabilmente tra i top-10. Per intenderci, nei quarti di Wimbledon contro Milos Raonic, si è presentato a rete per 37 volte, portando a casa 30 punti. “Ma credo che l'approccio mentale sia ancora più importante – ha detto Isner – non sto necessariamente giocando più aggressivo, ma sento di essere in grado di farlo perché mi sento più a mio agio, più rilassato, non così preoccupato dal punteggio. Ovviamente è bello vincere, ma se perdo…così sia”. È uno step di crescita importante: in passato, Isner era molto preoccupato dal risultato di una partita, magari perdendo di vista i processi di crescita a lungo termine. “Ultimamente non lo sto facendo, e penso che sia uno dei motivi per cui sto giocando così bene”.

ATLANTA, UN TORNEO SPECIALE
È uno splendido momento per Isner: lo scorso dicembre ha sposato la fidanzata di lungo corso Madison McKinley, oggi incinta di una bambina che dovrebbe nascere il 22 settembre. In quel weekend ci sarà la Laver Cup: difficilmente lo vedremo in campo a Chicago. Di sicuro farà del suo meglio nella stagione americana, in cui – come sempre – si sottoporrà a un tour de force di tornei: lo vedremo anche a Washington, Toronto e Cincinnati. Programmazione un po' troppo fitta, in chiave Us Open? Probabile, ma Atlanta è un torneo importante per lui: non solo per il passato nei “Bulldog” (soprannome della squadra universitaria), ma perché è arrivato in finale sette volte, raccogliendo quattro titoli. Ha giocato 31 partite, vincendone 27. Il suo peggior risultato? La semifinale del 2012, persa contro Andy Roddick. “Tanti fattori mi aiutano a giocare bene qui – racconta – prima di tutto la superficie è molto adatta, amo giocare sui campi duri, sui quali sono cresciuto. Poi mi piace giocare negli Stati Uniti: nel corso della mia carriera, ho sempre giocato meglio da queste parti. Atlanta, in particolare, è un po' casa mia. Sono andato a scuola qui vicino e in città ci sono tanti fans dei Georgia Bulldog. Sento il calore del pubblico e questo mi spinge e giocare bene”. Gli obiettivi – fattibili – sono già fissati: Isner vuole chiudere per la prima volta una stagione tra i top-10 ATP, magari qualificandosi per le NITTO ATP Finals di Londra. “Sì, il mio grande obiettivo è il Masters – dice Isner – a 33 anni, sto giocando il mio miglior tennis. È molto incoraggiante per andare avanti. Adesso sta a me spingere il più possibile sull'acceleratore”. Va bene, ma dovrà farlo con criterio: giocare troppo in queste settimane potrebbe farlo arrivare spompato allo Us Open. È già successo, deve evitare che ricapiti. Non giocare a Winston Salem è una buona idea: basterà?