Quella che si sta giocando al Rock Creek Park è la 50esima edizione del torneo di Washington, voluto da Arthur Ashe negli Anni '60. Si tratta di un evento molto particolare: è di proprietà di un'associazione no profit, che investe buona parte degli utili per aiutare – anche col tennis – le comunità meno abbienti della città.Specialmente ad alti livelli, la parola tennis equivale a business. La stragrande maggioranza dei tornei sono nelle mani di società che li utilizzano come strumento di guadagno, ma qualche eccezione c’è. Per esempio, fra i tredici ATP 500 del calendario ce n’è uno dalla mission particolare, che proprio in questi giorni festeggia l’edizione numero 50: il Citi Open di Washington. L’appuntamento, infatti, è di proprietà della Washington Tennis & Education Foundation, un’associazione no profit che devolve buona parte degli introiti per aiutare le comunità meno abbienti della città a ricevere degli adeguati programmi sportivi ed educativi. Per questo motivo, il torneo ha la stessa importanza per un super campione come Andy Murray, che l’ha scelto per lanciare il suo ritorno ad alti livelli, come per il diciassettenne Xxavier Boone, uno dei tanti giovani aiutati dai progetti finanziati coi soldi del Citi Open. In partenza la WTEF si era posta l’obiettivo di provare a creare dei giocatori di tennis, ma poi col crescere del torneo e quindi dei suoi introiti – che hanno portato anche alla nascita di un evento femminile – ha cambiato l’obiettivo, provando a usare lo sport per raggiungere e aiutare il maggior numero di giovani. Boone non è l’esempio: non punta a vincere un torneo del Grande Slam, ma ha come obiettivo quello di guadagnarsi grazie al tennis una borsa di studio per poter frequentare il college e quindi garantirsi un futuro migliore, possibilità altrimenti preclusa dalle risorse economiche carenti della sua famiglia. “Non posso dire – ha raccontato al Washington Post – che il tennis mi abbia salvato da uno stile di vita pericoloso, ma mi ha formato in modo che successivamente non ci sia stata la necessità di salvarmi da certe strade. Il tennis è educativo: non si vince sempre, anche se dai il massimo le cose possono comunque andare male. Ma l’importante è non mollare e continuare a credere di potercela fare. Quello che conta è capire cosa non funziona e provare a risolvere i problemi. Così se si dovesse presentare un’altra volta si conosce già la soluzione”.
UN TORNEO STUDIATO PER AIUTARE GLI ALTRI
Il torneo di Washington ha sempre avuto una funzione sociale sin dalla sua fondazione, che risale al luglio del 1969. Il merito è soprattutto del compianto Arthur Ashe, che passando in macchina da Washington con Donald Dell, al tempo capitano della rappresentativa statunitense di Coppa Davis, espresse il desiderio di veder nascere un torneo in città, in uno dei tanti parchi pubblici dotati di campi da tennis. L’obiettivo era di dare una spallata al razzismo, portando la popolazione di pelle nera a uscire di casa per andare a vedere il tennis, e contribuendo così alla loro integrazione. Ashe promise che se il torneo fosse nato lui l’avrebbe sempre giocato, e l’ha fatto per ben undici volte, vincendo anche il titolo nel 1973, tanto che nelle celebrazioni per il cinquantesimo anno gli è stato appena dedicato un murales, firmato dall’artista Aniekan Udofia. Quello di Washington è stato il secondo torneo degli Stati Uniti a offrire un montepremi dopo lo Us Open, grazie ai 25.000 dollari messi in palio per la prima edizione dal primo sponsor (il quotidiano Washington Star), e poi si è evoluto fino alla fondazione del William H.G. Fitzgerald Tennis Center, così chiamato in memoria del benefattore che donò un milione di dollari – dei dieci totali – per la costruzione dell’impianto, situato all’interno del Rock Creek Park. La fondazione opera lì ma soprattutto all'East Capitol Campus, aperto nel 2012 con un investimento di 10.2 milioni, utili per realizzare campi indoor e outdoor, classi, laboratori e quant’altro. In tutto i ragazzi coinvolti nel progetto sono circa 900, ma il sistema prevede anche delle scuole serali per gli adulti e una sorta di asilo per i piccolissimi, che vengono introdotti allo sport con un’ora di lezione al giorno. “Senza il Citi Open – dice una delle responsabili della Washington Tennis & Education Foundation – tutto ciò che facciamo non sarebbe mai stato possibile. Non è solamente un torneo di tennis: è un evento studiato per aiutare il prossimo. Si vede del grande tennis, ma ciò che piace di più è sapere che tutte le persone che collaborano per il torneo stanno lavorando anche per i bambini meno fortunati. Una combinazione impossibile da battere”.