La tedesca sembra avere ritrovato se stessa dopo un periodo pieno di dilemmi interiori, compresa la preoccupazione per il ticchettio dell'orologio biologico. Superate Stephens e Bencic, punta a ritrovare una finale dopo 3 anni. È già stata due volte tra le top-10: può concedere il tris?

Sarà pure un torneo combined, ma il Citi Open di Washington non garantisce lo stesso comfort a uomini e donne. Qualche anno fa, le giocatrici si lamentarono perché erano costrette a utilizzare spogliatoi provvisori, oltre a descrivere una serie di disagi. Le cose sono migliorate, ma il giorno dedicato ai quarti di finale è molto particolare: i match maschili sono programmati sul campo centrale, quelli femminili sul Grandstand. È l'unico torneo WTA in cui nemmeno un quarto si gioca sul centrale. Tuttavia, potrebbe sancire la (terza) rinascita di una delle giocatrici più amate e intelligenti del tour, la tedesca Andrea Petkovic. Infortuni e dure prese di autocoscienza l'hanno allontanata dal tennis che conta, eppure ha raggiunto per due volte le top-10, nel 2011 e nel 2015. Quando le hanno chiesto delle due vite nel tour, quella tra le migliori e i periodi fuori dalle top-100, ha detto così: “È come chiedere a un genitore che ha due figli – dice la Petkovic – è difficile scegliere chi preferisce. Entrambe sono una parte di me”. Al Citi Open aveva battuto Sloane Stephens e si è confermata nei quarti, in un match-maratona contro Belinda Bencic. Nel terzo set era salita 4-2, con palla break per andare a servire sul 5-2. Si è trovata in svantaggio 4-5, è rimasta a galla e si è imposta al diciottesimo punto del tie-break, peraltro dopo aver annullato tre matchpoint. Per lei, il primo è stato quello buono: 6-3 2-6 7-6. Come è noto, Andrea pubblica i suoi pensieri per il magazine tedesco Suddeutsche Zeitung, oltre a collaborare per Racquet Magazine. Nei suoi articoli, tuttavia, non parla quasi mai di tennis. Si occupa di libri, di arte, di cinema. Appassionata lettrice, in un articolo ha saputo mischiare Federer e Nadal con Willem de Kooning e Jackson Pollock. “Mi piace andare a fondo nelle cose. Lavoro sulle mie frasi e provo a prendermi del tempo per questo”.

NIENTE PIÙ OSSESSIONI
Andrea ha le idee chiare: vuole continuare a scrivere dopo il ritiro, mentre pensa di non intraprendere una carriera in TV (per quanto abbia talento e presenza scenica). “Di sicuro mi iscriverò a un corso di scrittura creativa, preferibilmente in una bella università – ha detto – non voglio necessariamente restare nel mondo dello sport. Penso che sia qualcosa di limitante, mentre io voglio uscire dalla mia zona di comfort”. Ma c'è tempo per pensarci: il Citi Open le sta dando belle emozioni. Se quella contro la Bencic è stata una conferma, la vittoria contro Sloane Stephens è stata un vero exploit, il miglior successo negli ultimi tre anni. Andrea, che oggi è numero 91 WTA, non era sorpresa. È convinta di poter battere le migliori perché è stata una di loro, in più occasioni. Ma quando hai una mente così complessa, l'infelicità può arrivare anche se raggiungi la semifinale al Roland Garros. Andrea ha commesso degli errori: per esempio, ha cambiato qualche coach di troppo, ha esagerato con la programmazione e si è fatta prendere da obiettivi sbagliati. La classifica attuale non rispecchia la sua qualità, però quest'anno si è liberata dall'ossessione per i numeri. E nel tennis ce ne sono tanti. “Per questo sto giocando meglio – racconta – essendo scesa in classifica, è stato più facile. Uscire dalle top-100 può costarti i tornei del Grande Slam. Ero costantemente stressata e dunque cercavo di ottenere i punti che mi tenessero a galla. Non ero concentrata sul mio gioco e su quello che volevo migliorare. Ero solo concentrata sui tornei, sul viaggiare stupidamente in giro per il mondo”.

NUOVA VITA A 30 ANNI
Una volta scavallati i 30 anni c'è una nuova maturità, poi ha scelto di farsi aiutare da un team tutto serbo, guidato dal coach Dusan Vemic. Per lei è stato positivo, a differenza di tante donne che a quell'età sentono l'inarrestabile ticchettio dell'orologio biologico. “In effetti ho vissuto questa fase quando avevo 28-29 anni. Come donna, ti domandi se vuoi creare una famiglia. Se lo vuoi, inizia a essere un po' tardi. E allora ti domandi cosa vuoi dalla vita”. Al compimento dei 30 anni, si è rilassata. “Probabilmente era una fase che dovevo affrontare". Pur non essendo sicura su quanto durerà ancora la sua carriera (a fine 2015 aveva pensato al ritiro, mettendo da parte i propositi perché desiderava giocare le Olimpiadi), oggi è molto serena. “Ho esaurito il mio ego: ho più fiducia in me e nelle persone che mi affiancano. Questo mi dà un modo più equilibrato di guardare alla vita”. Per tornare a giocare una semifinale WTA (sarebbe la prima dopo tre anni e mezzo) dovrà battere la vincente di Kuznetsova-Putintseva. Si dice che non ci sia due senza tre: in realtà, una terza volta tra le top-10 sarebbe un mezzo miracolo. Ma Andrea Petkovic ci ha saputo spesso sorprendere. Dunque, perché non provarci?