Fognini sciupa un vantaggio di 4-0 nel secondo set e lascia strada a Denis Shapovalov in un match interrotto per pioggia. La carriera dell'azzurro è disseminata di sconfitte come questa, emblema del perché non ha raggiunto certi obiettivi (peraltro ancora possibili). Fabio è colpevole, ma lo è anche chi ha inopinatamente parlato di Masters: è una missione pressoché impossibile.

La sconfitta contro Denis Shapovalov è la numero 275 nella carriera di Fabio Fognini. Alcune sono gravi, altre meno. Questa rientra nella categorie di quelle che andavano evitate, al netto della forza del baby canadese e del suo rapporto speciale con la Rogers Cup di Toronto. Se Fabio non è mai andato oltre una fantastica 13esima posizione, purtroppo, è perché la sua carriera è disseminata di sconfitte come questa. Non doveva per forza vincere, nell'umido pomeriggio canadese, ma era doveroso portare il match al terzo set. Invece si è fatto coinvolgere in un'inutile bagarre che ha fatto il gioco di Shapovalov e di qualche migliaio di canadesi, fino a sigillare il 6-3 7-5 finale. Adesso Denis sfiderà Robin Haase, emerso dalla parte di tabellone lasciata sguarnita da Del Potro (polso dolorante, lo dovremmo rivedere a Cincinnati). Le prime tracce di Shapovalov all'Aviva Center risalgono al 2008, quando fece da mascotte al match tra Rafael Nadal e Igor Andreev. Sei anni dopo, avrebbe palleggiato con Roger Federer. Nel 2016 ha vinto una grande partita contro Nick Kyrgios, mentre quest'anno si presenta da numero 1 canadese in virtù delle difficoltà di Milos Raonic, peraltro eliminato più o meno in contemporanea, dal rampante Frances Tiafoe. Non era troppo soddisfatto, Shapovalov, prima di scendere in campo. Il match era inizialmente previsto sul Centrale, ma le piogge dell'Ontario hanno obbligato gli organizzatori a spostarlo sul National Bank Court. Si era lamentato via social, scrivendo più o meno così: “Davvero ben fatto! Meno male che è il torneo di casa…”. Qualcuno lo ha riportato a più miti consigli e ha cancellato il post prima di scendere in campo e giocare un ottimo primo set, sempre all'attacco, con un tennis spumeggiante, pressoché unico nel circuito ATP.

QUEL VANTAGGIO SPRECATO
A dargli una mano, il pubblico e una superficie veloce che ha un po' limitato la fase difensiva di Fognini. La ripresa dal basso era impietosa e mostrava le difficoltà dell'azzurro nel replicare al forcing del canadese. Sulla terra, ma anche sul cemento di Los Cabos, sarebbe stata un'altra storia. Il match è stato sospeso per pioggia sul 5-3, e in effetti Shapovalov ha mostrato una maturità notevole. Tenere quel game di servizio, a freddo, non era semplice. La sensazione è che il canadese abbia stimmate importanti. L'incidente dell'anno scorso in Coppa Davis ha soltanto velocizzato un processo inevitabile. Sostenuto a bordocampo da mamma Tessa (colei che mise su Youtube un video del figlio quando aveva otto anni), il capitano di Davis Frank Dancevic e un pupazzetto portafortuna (coach Martin Laurendeau è fermo ai box per un problema alla schiena), Shapovalov ha avuto un passaggio a vuoto in avvio di secondo set. Fognini ha preso a giocare meglio, mostrando sprazzi dell'ottimo tennis che quest'anno gli ha già garantito tre tornei. Si è portato 4-0 e un giocatore della sua qualità, della sua esperienza, non può permettersi di rimettere in discussione un set già vinto. Invece si è distratto e ha concesso a Shapovalov di ricucire lo svantaggio, in parte con merito, in parte con la complicità azzurra. Il canadese ha avuto il merito di crederci e di avere un atteggiamento sempre positivo. Non è da tutti. Tanti giocatori, sullo 0-4, avrebbero conservato le energie per il terzo set. Lui ha percepito il margine e ha avuto ragione. Però Fognini ha colpe precise, intanto perché non è stato aggressivo come avrebbe potuto (6 colpi vincenti in due set sono troppo pochi), e poi perché si è fatto coinvolgere in una rissa verbale con il pubblico.

IL MASTERS È UN MIRAGGIO
I microfoni a bordocampo, impietosi, hanno testimoniato una sfuriata di Fabio sul 5-5. In quel momento è uscito dal match, perdendo nettamente gli ultimi due game. Inoltre, ha anche detto qualche parolina a Shapovalov al cambio di campo sul 6-5, probabilmente seccato dalle manifestazioni di entusiasmo del canadese. Un campione, un aspirante top-10, non può cadere in questi tranelli. Purtroppo la notte di Toronto (ma ce ne sono state altre nella carriera di Fognini) è la fotografia, lo specchio del perché non ha mai raggiunto 'sta benedetta decima posizione. L'imputato principale è lui, ma hanno colpe anche quelli che lo hanno caricato di pressioni eccessive. Se è vero che la Race stagionale lo vede in decima posizione, è evidente che parlare di qualificazione diretta alle ATP Finals è assurdo. Tra Fabio e l'ottava posizione c'è una distanza enorme, di oltre 1.000 punti, che probabilmente salirà nelle prossime settimane. E alle sue spalle ci sono giocatori che spingono forte. Leggere titoli del tipo “Fognini a caccia di Londra” non gli ha fatto bene e lo ha caricato di pressioni inutili, perché qualcuno potrebbe pensare che una mancata qualificazione sarebbe un fallimento. Non è così, ma troppi appassionati pensano che Londra sia fattibile, così come il piazzamento tra i top-10. Quest'ultimo – lo ripetiamo ancora una volta – è molto, molto complicato nel 2018 e ci vorrà un grande Fabio per artigliarlo. Il resto sono poco più che stupidaggini. Fognini lo sa, e sa che Cincinnati e Us Open saranno grandi chance, soprattutto in in termini di prestigio. Alla classifica ci penseremo più in là. Così, per chiarire: se dovesse raggiungere i quarti a Flushing, come non gli è mai riuscito in 12 partecipazioni, intascherebbe 360 punti, il 35% del distacco dall'ottava posizione. Senza contare i risultati altrui. C'è altro da aggiungere?