Alison Van Uytvanck è una ragazza simpatica e gentile. L'abbiamo vista lo scorso aprile, in Fed Cup, quando ha regalato il punto del 2-0 al Belgio battendo Sara Errani in un match molto tirato. La sua notorietà è cresciuta nel 2018, quando ha deciso di far uscire dai confini del Belgio la notizia della sua omosessualità. Tuttavia, poteva forse risparmiarsi il gesto che ha portato alla squalifica di Shuai Peng, su cui vi abbiamo relazionato qualche giorno fa. I fatti: la belga avrebbe dovuto giocare il doppio con la cinese. Tuttavia, quando era già scaduto il tempo limite per il sign-in, la Peng aveva appreso della disponibilità di Sania Mirza, una delle migliori doppiste al mondo. Con tutto il rispetto, più forte della Van Uytvanck, almeno in doppio. Quel che è successo è poco chiaro: la Peng giura di non aver effettuato particolari pressioni sulla collega affinché si ritirasse, mentre la Tennis Integrity Unit ha parlato di “coercizione”, peraltro con l'offerta di un benefit economico per ritirarsi citando un infortunio e lasciarle campo libero. La vicenda ha destato un certo scalpore: non era mai capitato che la Tennis Integrity Unit intervenisse su un caso del genere. L'unico a cui era successo qualcosa di simile era stato il nostro Walter Trusendi. Ma andiamo con ordine: a causa del clamore generato dalla notizia, la Van Uytvanck ha sentito il bisogno di esporre la sua versione dei fatti via Twitter.
This is what happened during the qualifications of Wimbledon 2017.???? #honest #tennis #keepthissportclean pic.twitter.com/mm3l6FVcH7
— Alison Van Uytvanck (@AlisonVanU) 12 agosto 2018
VERSIONI DIAMETRALMENTE OPPOSTE
Il suo messaggio recita così: “Questo è quanto accaduto durante le qualificazioni di Wimbledon 2017. Io e il mio ex allenatore Alain De Vos siamo stati perseguitati (ha usato il termine “stalked”, ndr) giorno e notte da Shuai Peng: voleva che mi ritirassi dal doppio. Voleva giocare con Sania Mirza dopo che era già scaduta la deadline. Il mio ex allenatore si è recato dalla Tennis Integrity Unit e loro hanno indagato con la massima discrezione. In base alle prove ottenute, la commissione ha deciso di sospenderla. Da quando sono una ragazzina, il tennis è tutto per me. Per questo voglio che il tennis resti pulito in ogni sua espressione”. La versione della Van Uytvanck arriva dopo che la Peng (che sta pensando di appellarsi al CAS di Losanna per ottenere lo sconto o l'annullamento della sanzione) si era affidata a Weibo, il principale social network cinese. Shuai scriveva così: "Durante i miei 20 anni di carriera professionistica non ho mai utilizzato nessun sistema per obbligare una partner a ritirarsi da un match”. E proseguiva: “Fu totalmente una sua azione quella di cancellarsi dal doppio. Non le abbiamo mai dato soldi per cancellarsi citando un falso infortunio”. Sempre su Weibo, la cinese aveva scritto che – una volta apprese le regole – aveva confermato la Van Uytvanck come compagna. “A quel punto l'ho aspettata per 3 ore dopo aver firmato, ma lei non è arrivata. Nel primo giorno di gara, ho ricevuto un suo messaggio in cui diceva di essersi ritirata a causa di un infortunio. A quel punto, io e la Mirza volevamo giocare insieme e così ci sarebbe piaciuto darle il prize money di primo turno per aiutarla con l'affitto della sua casa a Londra, e il cambio di programmazione. Ma io non sapevo niente delle comunicazioni tra la Van Uytvanck e il mio ex coach”. Versioni diametralmente opposte.
POSSIBILE CHE LA "CORRUZIONE" SIA TUTTA QUI?
A parte quanto stabilito dalla TIU, è probabile che la verità stia nel mezzo. Probabilmente l'ex coach della Peng (Bertrand Perret, anche lui squalificato) ha esagerato nel prendere contatti con Alain De Vos, ma sarebbe interessante sapere quanti messaggi ha realmente inviato e se davvero “giorno e notte” come sostiene la Van Uytvanck (che intanto ha perso nelle qualificazioni di Cincinnati per mano dell'americana Jamie Loeb). Il gesto della Peng non è stato elegante, ma coinvolgere addirittura l'organo anti-corruzione ci sembra francamente eccessivo. Semplicemente, perché non era corruzione in senso stretto. Non è da escludere che episodi del genere avvengano con una certa regolarità, magari con sfumature diverse. Qualche anno fa, Walter Trusendi fu squalificato dalla Tennis Integrity Unit perché aveva dato forfait al Challenger marocchino di Mohammedia, lasciando spazio al francese Elie Rousset in cambio del prize money di primo turno. Una compravendita tutto sommato innocua ma non consentita dal regolamento, che costò al massese ben 6 mesi di squalifica e 5.000 dollari di multa (peraltro, durante lo stop scoprì di avere un melanoma alla schiena). Una dinamica non troppo diversa da quella di Peng e Van Uytvanck. Due considerazioni: è comprensibile che la Van Uytvanck si fosse sentita ferita nell'orgoglio, come se la Peng pensasse che fare coppia con la Mirza fosse meglio che con lei. Tuttavia, la scelta di contattare la TIU (pare chiaro che non sia stata una decisione autonoma di De Vos, ma ampiamente condivisa) sia stata più una ripicca personale che qualcosa fatto in nome della “pulizia” dello sport. E poi, francamente, possibile che la Tennis Integrity Unit non trovi di meglio che squalificare una giocatrice per un fatto del genere (oltre a pizzicare Robert Farah per un tweet a favore di un'agenzia di scommesse) e non riesca a stanare qualche nome importante? Magari è una buona notizia: potrebbe significare che, ad alti livelli, il fenomeno della corruzione e dei match (veramente) truccati non esiste. Magari è davvero così.