Esattamente un anno fa, Stan Wawrinka si trovava nello studio del suo medico in attesa di brutte notizie. Dentro di sé, sapeva quale sarebbe stato il verdetto. Fu tutto più chiaro quando visionarono la risonanza magnetica al suo ginocchio. Senza mezzi termini, il dottore gli disse che c'era soltanto una possibilità: operarsi. Gli aveva dato fastidio per tutto l'anno, nonostante pochi mesi prima avesse giocato la finale al Roland Garros. Quando ha capito che giocare sul dolore non avrebbe portato a nulla di buono, ha scelto di sottoporsi a due interventi al ginocchio sinistro, la cui eredità è una vistosa cicatrice. “Ma dovreste vedere cosa c'è dentro!” ha detto, scherzando, alla vigilia dello Us Open 2018. Non si può dire che sia campione in carica, ma le sue ultime memorie newyorkesi riguardano la finale del 2016, vinta contro Novak Djokovic. Terzo Slam in carriera, qualcosa di impensabile soltanto qualche anno prima. Le memorie positive gli hanno dato una mano, poiché ha superato senza patemi Grigor Dimitrov. Ma se la cicatrici fisiche resteranno a vita, quelle metaforiche dovevano essere estirpate. La prima parte del 2018 è stata un incubo, con l'eliminazione al secondo turno in Australia, quando non si reggeva in piedi contro Tennys Sandgren. Ha provato a insistere, poi lo hanno convinto a lasciar perdere Indian Wells e Miami. Non sembrò una mossa straordinaria, poiché ha giocato male anche nella stagione sulla terra battuta.
10 ANNI OLTRE IL LIMITE
A Wimbledon aveva battuto Dimitrov, ma il cemento americano ha improvvisamente restituito un giocatore vero. Ed è una bella notizia, poiché le superfici dure non sono l'ideale per le articolazioni: significa che il ginocchio è finalmente stabile. La classifica ATP lo colloca al numero 101, ma il livello espresso contro Dimitrov (battuto per la seconda volta in due mesi) fa capire che lo svizzero ha ancora qualche colpo in canna. “Sono felice per questa vittoria, ma soprattutto per il tennis che sto esprimendo – ha detto Wawrinka – penso di essermi allenato bene”. Proprio la qualità degli allenamenti, peraltro dopo aver ritrovato il coach-guru Magnus Norman (con il quale non si era lasciato benissimo lo scorso autunno), lo ha convinto a riprovarci seriamente, dopo essere stato accarezzato da sinistri propositi di ritiro. Gliel'avevano detto: il rientro sarebbe stato lungo e doloroso, senza garanzie. “Ok, ma dentro di me c'è sempre stata una piccola voce che mi diceva: 'Tu vuoi di più, non vuoi fermarti. Puoi farcela e hai bisogno di andare avanti'. E allora mi sono armato di pazienza, con la curiosità di verificare se avrei ritrovato il mio livello. In fondo, negli ultimi quattro anni prima dell'infortunio avevo vinto tre Slam, avevo giocato la finale a Parigi e stavo bene. Ero al vertice, dunque ho pensato che non avrei potuto farmi bloccare da un infortunio”. Vincere tre Slam, dunque, non è arrivato a costo zero. Probabilmente ne è valsa la pena, ma Stan ha ammesso di aver spinto tanto, forse oltre il limite, negli ultimi 10 anni. Voleva sempre di più e questo lo ha portato a esagerare con gli allenamenti. L'origine degli infortuni è tutta lì.
QUESTIONE DI PAZIENZA
“Nei giorni più difficili mi domandavo come avrei fatto a sopportare tutto quel dolore, non soltanto quello al ginocchio, ma anche di cancellare le scorie mentali”. Il Wawrinka attuale ha bisogno di crescere sul piano della resistenza, ma il livello espresso nelle ultime settimane – e confermato a New York – fa pensare che non ci siano dubbi sulla capacità di tornare tra i migliori. A suo dire, c'è un lavoro da terminare. Di sicuro ha una forte spinta a vincere il più possibile. “Ma devi provare, devi testare, e non sai cosa aspettarti” ha detto ai giornalisti, citando alla lontana la frase di Samuel Beckett che si è fatto tatuare sul braccio. “Se guardo a quello che sto facendo, so che il mio livello è molto alto – dice Wawrinka – ma so che posso avere dei problemi, degli alti e bassi. Per questo devo tenere duro. Direi che il 2018 è un anno di transizione. Non voglio mettermi troppa pressione: vorrei giocare bene, vincere il più possibile, salire in classifica, finire bene a Bercy e costruire per l'anno prossimo”. Ok, tutto vero, ma un giocatore della sua classe non passerà mai inosservato. A New York, si è preso lo slot di Dimitrov in tabellone ed è sulla rotta dei bombardiere: dovesse battere Ugo Humbert, sulla strada per i quarti ci potrebbero essere Milos Raonic e John Isner. Inutile spingersi verso pensieri troppo arditi, ma attenzione: Stan Wawrinka sta tornando. E fa sul serio.