Articolo pubblicato prima dell'incontro fra John Millman e Roger Federer
Una decina d'anni fa, John Millman si trovava in Romania, “in un luogo chiamato Pitesti”. In tutta la sua permanenza da quelle parti, non ha visto una macchina. “Al massimo, qualche carro”. Dopo due settimane a Bucarest, ritenne che non fosse il caso di giocare anche lì. Qualche tempo dopo era in Corea del Sud, a Gimcheon, a caccia di qualche punto e qualche dollaro. Visto che si era preso un'intossicazione alimentare, pensò bene di restare al club tutto il giorno e di ordinare qualche pizza. Il problema è che il ragazzo delle pizze arrivò nel bel mezzo del suo match di doppio e non aveva tempo da perdere: chiese i soldi al giocatore al servizio. Un minuto di distrazione e via, partita persa. Bastano questi aneddoti per capire chi è, ma soprattutto da dove viene, John Millman. È l'uomo che scenderà in campo nella notte italiana contro Roger Federer. A parte la retorica del povero che sfida il ricco, dietro questo match c'è una storia. Lo svizzero lo sa ed eviterà di sottovalutarlo, anche perché tra i due c'è un buon rapporto. Si erano allenati qualche volta durante l'Australian Open, poi Roger lo ha invitato in Svizzera per rifinire la preparazione sull'erba, subito dopo il Roland Garros. Lo stesso Federer si è definito “fan” di Millman, ragazzo d'altri tempi che ha una visione romantica del tennis. Udite udite, non gioca per soldi. Chiaro che i 266.000 dollari destinati a chi perde negli ottavi non gli fanno ribrezzo, ma le motivazioni che lo spingono sono altre. Per esempio, la famiglia e gli amici. Tre anni fa, quando ha giocato per la prima volta a Wimbledon, la madre è andata a seguirlo. Certe emozioni non hanno prezzo. Due mesi fa, a Londra, era con lui il pittoresco padre Ron, ex giocatore di football australiano. Chissà se i recenti successi hanno convinto Millman a comprarsi un auto nuova, visto che fino a qualche anno fa continuava a guidare la Holden Astra del padre, fuori produzione da anni e che aveva circa 200.000 chilometri nel cruscotto. Magari qualcuno glielo chiederà.
"GIOCASSI PER SOLDI, AVREI GIÀ SMESSO"
A Wimbledon, papà Ron si è perso e John si è divertito nel raccontarne la storia su Twitter. Però la sua presenza fu utile: nel tempio della tradizione, la sua biancheria intima non era bianca e dunque non adatta. Per questo, il padre risolse acquistando qualche paio di mutande del colore giusto. “Ma a New York non c'è. Manhattan è un luogo folle, ho sbagliato treno persino io. Probabilmente lui finirebbe nel New Jersey. Meglio che non prenda l'aereo, magari finisce dall'altra parte del mondo!”. Non è stata facile, la carriera di Millman. Gira il mondo da una dozzina d'anni, ma la sua classifica è stata oggetto di impressionanti alti e bassi. Motivo, ovviamente, gli infortuni. Si è operato per due volte alla spalla, l'ultima nel 2013, quando c'è stato un delicato processo di ricostruzione. Come se non bastasse, nel 2016 si è operato all'inguine, iniziando il 2017 soltanto a maggio. “Ma io ho sempre pensato che potessi migliorare. Se non avessi avuto problemi fisici, avrei potuto fare buone cose”. E le buone cose, in effetti, non arrivate. Prima finale ATP a Budapest (persa contro Marco Cecchinato), due vittorie Challenger (Kyoto e Aix en Provence) e un best ranking al numero 49, peraltro destinato a migliorare. Anni fa lo si poteva definire “zingaro” e lui accettava di buon grado l'appellativo, pur sottolineando di essere come tanti tennisti che non riescono a emergere e vivono ogni settimana nel sottobosco del tour. Oggi, qualcuno lo ha definito “Guerriero della Strada”. Ci può stare, specie se hai trascorso decine di notti a dormire nelle stazioni o negli aeroporti d'Asia e d'Europa, con il miraggio di potersi sdraiare – prima o poi – nel letto di un hotel a cinque stelle. “Se giocassi per soldi, avrei smesso molti anni fa, io vengo dagli scarti del tour”. Il bello di Millman è che non dimentica le sue origini, non perde l'incanto del baby-tennista pieno di sogni. Chiude gli occhi persino quando tira il dritto.
UN ROMANTICO IN DIFESA DELLA DAVIS
Avreste dovuto vedere la sua faccia quando ha messo piede per la prima volta nella sala interviste principale dello Us Open, solitamente riservata ai più forti. Alle leggende. “Non ero mai stato qui”. Non gli piace lo shot clock, non tanto come principio ma per l'utilizzo che ne viene fatto: a suo dire, sui campi principali il cronometro viene fatto partire sempre qualche secondo dopo, in modo da dare ai più famosi la possibilità di recuperare. Un trattamento di favore che non avviene sui campi secondari. Per una volta, godrà anche lui del privilegio. Non sarà la prima volta in assoluto sull'Arthur Ashe: Federer ci ha giocato decine di volte, mentre lui ricorda con il sorriso un allenamento con Andy Murray di un paio di settimane fa. È un duro dal cuore buono, addirittura puro. È un romantico che ha preso male la riforma della Coppa Davis, lui che ha esordito lo scorso anno nella semifinale contro il Belgio: normale che Lleyton Hewitt provasse stima nei suoi confronti. Il giorno dell'assemblea di Orlando, è stato tra i giocatori più attivi su Twitter, indignandosi per il fatto che la competizione sia stata rivoluzionata da un calciatore (Gerard Piqué) e da un miliardario (Larry Ellison). Le sue lamentele furono accolte con una certa sufficienza da Nick Kyrgios, suo connazionale, che lo invitava a farsene una ragione perché ormai "era andata così". Lo stesso Kyrgios che ha perso al terzo turno allo Us Open, raccogliendo dieci giochi contro Federer. Lo stesso Kyrgios che – notizia dell'ultim'ora – non giocherà l'ultimo match dell'Australia con il vecchio format, lo spareggio del 14-16 settembre contro l'Austria. Millman ci sarà, fiero e orgoglioso. Ma prima ha un impegno: sfidare Roger Federer sul campo più grande del mondo. “Non sono un grande fan della reputazione altrui – ha detto – scenderò in campo senza pensare a chi è il mio avversario, pronto a dare battaglia”. Cinque anni fa, quando lo battè a Wimbledon, Sergiy Stakhovsky disse che per battere Federer bisogna fare i conti anche con la sua reputazione. Bene, John ha cercato di schivare almeno questo avversario. Difficilmente basterà, ma la sua favola si è già scritta.