Il 1 ottobre 1988, Steffi Graf raggiungeva un traguardo ancora ineguagliato: vincere i quattro Slam e l'oro olimpico nello stesso anno. Completò l'impresa alle Olimpiadi di Seul, al termine di una permanenza vissuta pericolosamente. Papà Peter la portò via dall'insostenibile confusione del villaggio olimpico, rischiò nei quarti contro la Savchenko, ma ci fu il lieto fine.

Steffi Graf non ha molta voglia di concedersi apparizioni pubbliche. Lascia volentieri i riflettori al marito Andre Agassi: preferisce dedicarsi ai figli e ad alcune attività. Quando si fa vedere, tuttavia, molti rimangono colpiti dalla sua straordinaria forma fisica. E le chiedono se continua a giocare a tennis. “Capita raramente – dice Frauelin Forehand, come l'avevano soprannominata negli anni d'oro – credo di aver giocato abbastanza nella mia vita. Quando lo faccio, è soprattutto per eventi legati alla fondazione benefica di Andre”. Però i ricordi, gli articoli e i filmati hanno imprigionato una carriera che esattamente 30 anni fa ha raggiunto un apice tuttora ineguagliato. Lo slogan fa venire i brividi: “Golden Slam”. Steffi Graf è stata l'unica a vincere nello stesso anno tutti i tornei del Grande Slam più l'oro olimpico. L'impresa è già titanica per conto suo, poi ci sono poche occasioni per centrarla, visto che i Giochi Olimpici si svolgono una volta ogni quattro anni. E allora è probabile che Steffi rimanga l'unica, ancora a lungo. Il 1 ottobre 1988 aveva 19 anni e aveva appena centrato il Grande Slam, prima donna dai tempi di Margaret Court. Con Chris Evert prossima al ritiro e Martina Navratilova in fase calante, la Graf era la dominatrice del tennis. Prima del ciclone Seles, soltanto Gabriela Sabatini riusciva a starle dietro. Un paio di settimane prima le aveva strappato un set nella finale dello Us Open e non c'è da sorprendersi che sia stata la sua ultima avversaria, nel match per la medaglia d'oro. “Fu un momento straordinario, molto importante per me – ricorda la Graf – l'atmosfera dei giochi fu molto speciale, condividere l'esperienza con gli altri atleti è un grande ricordo”. Appena arrivò a Seul, aveva tanti occhi puntati addosso. Era uno dei personaggi più attesi, appena un gradino sotto Ben Johnson e Carl Lewis, i quali avrebbero dato vita a una mitica finale dei 100 metri (che però ebbe un epilogo amaro, con la squalifica per doping del canadese).

MISSIONE D'ORO
Per lei non era lo stesso. “Ero stanca, esausta, non mi importava molto di quelle Olimpiadi. Volevo soltanto stare un po' tranquilla”. Ma non fu possibile. D'altra parte, era reduce da 35 vittorie consecutive: l'ultima sconfitta risaliva ad aprile, contro Gabriela Sabatini ad Amelia Island. Quell'anno, l'argentina era stata l'unica a batterla: l'aveva superata anche a Boca Raton. Appena arrivata al Villaggio Olimpico, Steffi si sistemò in una stanza insieme alle compagne di squadra Claudia Kohde-Kilsch e Sylvia Hanika. Tempo poche ore, e la permanenza a Seul divenne un incubo: ovunque andasse, era circondata da atleti di altre discipline che volevano una foto, un autografo, un saluto. “Era una follia” ricorda Klaus Hofsass, all'epoca capitano della Fed Cup tedesca, nonché suo allenatore. Papà Peter prese in mano la situazione, imponendo alla figlia di trasferirsi in albergo per ritrovare tranquillità e salvare la “missione d'oro”. Non fu troppo difficile portarla a termine, salvo la canonica buccia di banana nei quarti di finale. Si trovò in svantaggio 3-1 al terzo contro la sovietica Larisa Savchenko, ma con cinque game consecutivi scacciò i fantasmi (finì 6-2 4-6 6-3). Neanche l'eleganza di Gaby, in finale, la mise in difficoltà: 6-3 6-3 in appena 41 minuti e Golden Slam in bacheca. “Direi che è stato uno dei momenti più emozionanti della mia carriera, probabilmente superato soltanto dal successo al Roland Garros 1999”. Per intenderci, il suo 22esimo e ultimo Slam, al termine di una folle finale contro Martina Hingis. Col senno di poi, tuttavia, il titolo olimpico assume un valore simbolico ancora più elevato. Difficilmente qualcuno potrà eguagliare il suo Golden Slam. Oggi Steffi è serena, tranquilla, felice di non finire ogni giorno sulle pagine dei giornali (durante la carriera le era capitato anche per vicende extra-tennistiche), però quel ricordo resterà indelebile. Indimenticabile. Incancellabile, canterebbe Laura Pausini.