Grazie all’altura e a una superficie rapidissima, il Challenger di Ortisei sta diventando il torneo dei record: Olivetti fa 11 ace di fila, Simon 52 in tre set. Una questione che rievoca il caso Groth e ha riaperto il dibattito: i record stabiliti nei Challenger vanno considerati? Il fronte del no è più nutrito, ma in questo caso non ci sono attenuanti legate alle apparecchiature.Per gli appassionati di Guinness World Record applicato al tennis, gli ultimi giorni sono stati una piacevole sorpresa, con due nuovi record uno via l’altro, entrambi provenienti dal Challenger di Ortisei, in Alto Adige. Il cocktail fra l’altura di 1.220 metri sul livello del mare, le condizioni di gioco indoor, e dei campi in Play-It particolarmente rapidi, ha prodotto nell’arco di tre giorni il nuovo record di ace in un match di tre set e il nuovo record di ace consecutivi, entrambi a livello di qualificazioni e in due incontri diversi. Il primo record ad aver fatto il giro del mondo è quello siglato da Tobias Simon, gigante tedesco classe 1991, numero 433 del ranking ATP e noto nel sottobosco del circuito per il suo servizio-bomba. Nel match – vinto per 7-6 6-7 7-6 – contro il bosniaco Sektic che lunedì mattina gli è valso l’accesso al tabellone principale, Simon ha servito la bellezza di 52 ace in tre set (19, 15, 18), superando il primato fatto registrare nel 2015 a Halle da Ivo Karlovic, che ne servì 45 contro Tomas Berdych. Ma due giorni prima di record ce n’era stato un altro: gli undici ace consecutivi del gigante francese Albano Olivetti, altro big server del tennis minore, alto 2 metri e 3 centimetri e un tantino più noto al grande pubblico (nel 2012 arrivò ai quarti a Marsiglia, battendo Fish allora n.8 ATP). Nel primo turno delle qualificazioni, vinto contro il tedesco Marc Sieber, il 26enne n.410 del mondo ha migliorato il primato di Sam Querrey, che di ace consecutivi ne servì dieci nel 2007 a Indianapolis, contro un impotente James Blake. Olivetti ha servito i primi due ace dal 40-40 del primo game del secondo set, poi ha realizzato due game perfetti consecutivi (saranno tre nello stesso set: uno anche sul 5-5) e quindi ha fatto undici nel primo punto del settimo game.IL DIBATTITO SUI RECORD DEI CHALLENGER
Ciò che rende ancora più sorprendente la tempistica dei record è il fatto che, rispetto alle prime tre edizioni dello Sparkasse Challenger (2010-2012), la superficie dei campi coperti del Tennis Club Ortisei sia stata sostituita proprio su richiesta dell’ATP, perché il mix fra l’altura e la rapidità del precedente tappeto rendeva gli scambi molto molto rari. Eppure, malgrado il rallentamento dei campi i due nuovi primati sono arrivati ora, e hanno riaperto il dibattito relativo a se sia giusto o meno considerare come record ATP anche quelli fatti registrare nei Challenger. Va detto che ATP e WTA non hanno un proprio libro dei record, ma da quando le statistiche vengono raccolte per tutti gli incontri è diventato semplice conservarle. Tuttavia, a livello di omologazione dei numeri l’ATP si è sempre limitata a considerare solo Slam, Masters 1000, 500 e 250, senza badare ai Challenger. Ad aprire la social-discussione è stato un tweet di James Blake: “Non mi dispiace particolarmente non essere più parte di questo record”, ha scherzato l’ex numero 4 del mondo, condividendo un link a riguardo degli undici ace di Olivetti, e il suo intervento ha stimolato Andy Roddick. In sintesi, il pensiero di A-Rod è che i record ATP non debbano riguardare anche i Challenger, in quanto eventi minori. La sua argomentazione è semplice: dato che i successi ottenuti a livello Challenger non vengono tenuti in considerazione per il bilancio vittorie-sconfitte in carriera, nemmeno tutte le altre statistiche andrebbero considerate. In realtà, la questione è diversa: l’ATP non considera i Challenger per evitare di addentrarsi in un percorso scivoloso, in quanto gli standard imposti per il Tour maggiore garantiscono di avere dati sempre uniformi e precisi, mentre a livello minore le regole sono meno restrittive, e capita anche di trovare campi molto più rapidi degli standard ATP.LE DIFFERENZE COL CASO DI GROTH
In questo senso torna in mente il record “fantasma” di Sam Groth, l’australiano che ha detto addio al tennis allo scorso Australian Open, e che nel 2012 al Challenger coreano di Busan contro il bielorusso Uladzimir Ignatik fece registrare un servizio a 263 km/h, il più veloce di sempre. Malgrado l’ATP ebbe la conferma dalla società che si occupava del rilevamento della velocità (la polacca Flightscope, una delle più presenti nel Tour) che i rilevatori fossero gli stessi utilizzati anche a livello ATP, decise comunque di non omologare il record. Tuttavia, dai due casi recenti emerge una differenza importante rispetto a quello di Groth: la velocità del servizio viene rilevata da delle apparecchiature, e può darsi che dove gli standard sono più permissivi capitino degli errori, mentre il conteggio degli ace non è soggetto ad alcun fattore esterno. Basta armarsi di pazienza e contarli (qui il video integrale di Simon-Sektic, mentre non c’era lo streaming per Olivetti-Sieber). Quindi, anche se la superficie ben più rapida rispetto a quelle che si trovano a livello ATP ha certamente facilitato il compito di Simon e Olivetti, l’ipotesi di un’omologazione dei record non è così remota. Roddick suggerisce le creazione di statistiche relative solamente ai tornei Challenger, ma è corretto ricordare che – pur trattandosi di un circuito secondario – il Challenger Tour fa a tutti gli effetti parte dell’ATP, ergo non sarebbe folle pensare che certi record possano essere estesi da un circuito all’altro. Un tempo era comprensibile un velo di scetticismo, data l’assenza nei Challenger di telecamere e interesse, ma oggi grazie alla tecnologia è diventato tutto molto più semplice, gli standard richiesti sono sempre più alti ed è presente lo streaming praticamente di ogni singolo evento del calendario. Simon 52 ace li ha tirati sul serio, in un evento ATP. Perché il suo non deve essere considerato un record?
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