Nonostante fosse contraria, Petra Kvitova dovrà deporre nel processo a carico del suo presunto aggressore: si è svolta la prima udienza, in cui sono state ribadite le accuse a Radim Zondra. Lui nega tutto e l'avvocato della difesa sostiene di avere “prove inequivocabili” che quel giorno non si trovasse a Prostejov.

Qualche giornale ha censurato il suo nome, altri lo hanno messo in prima pagina e nei sottopancia dei servizi televisivi. Lui si chiama Radim Zondra, ha un paio di condanne per furto ed è l'unico indiziato per l'aggressione ai danni di Petra Kvitova. La storia è stata ricostruita più volte: il 20 dicembre 2016, un malintenzionato ha citofonato all'abitazione della top-10 WTA, a Prostejov, spacciandosi per un tecnico della caldaia. La giocatrice gli ha aperto: cogliendola di spalle, l'ha aggredita mettendole un coltello alla gola. Lei si è difesa e la colluttazione le ha provocato una brutta ferita alla mano sinistra. L'aggressore è scappato soltanto dopo essersi fatto consegnare 10.000 corone, l'equivalente di poche centinaia di euro. Petra ha rischiato la carriera, ma la tempestività dell'intervento le ha permesso di tornare a giocare dopo sei mesi. Al contrario, sembrava che l'aggressore l'avesse fatta franca. Dopo oltre un anno di indagini, quando l'archiviazione sembrava inevitabile, la svolta: la polizia ceca ha arrestato un uomo di 33 anni dopo aver avuto una soffiata e, soprattutto, ha trovato il conforto della giocatrice. Lo avrebbe riconosciuto a seguito di un classico confronto anonimo tramite vetro: l'uomo è stato incriminato e portato in carcere. La faccenda, tuttavia, ha ancora molto da raccontare: lunedì scorso è iniziato il processo presso il Tribunale di Brno (che ha giurisdizione anche su Prostejov). In assenza della Kvitova c'era solo l'imputato e l'udienza è durata appena 40 minuti: il giudice Dagmar Bordovska ha disposto un rinvio per i prossimi 8-9 gennaio. La data non potrà essere rispettata, poiché la giocatrice si troverà a Melbourne per preparare l'Australian Open. E allora sarà necessario individuare un'altra data perché sembra proprio che la testimonianza di Petra sia necessaria. Nell'udienza di lunedì scorso, in cui Zondra si è presentato con un maglione azzurro, ammanettato e circondato a poliziotti, si è discusso soprattutto di questo.

PETRA DOVRÀ RECARSI IN AULA
L'avvocato della difesa, l'energica Lucie Janovská Nejedlá, ha detto che la presenza della Kvitova è necessaria perché ci sarebbe bisogno di ricostruire dettagliatamente l'attentato, ascoltare i testimoni, fare una valutazione psicologica della vittima (“Per capire se è credibile”) e anche una valutazione biomeccanica della ferita (“Per rendersi conto se quelle ferite potevano essere causate da una sola coltellata”). Tramite il suo portavoce Karel Tejkal, la Kvitova ha fatto sapere di non avere intenzione di presentarsi in aula perché per lei potrebbe essere un “trauma” ritrovarsi di fronte il suo aggressore. “Intanto Petra non ha ricevuto nessuna convocazione per questa udienza – ha detto Tejkal – e comunque non vuole venire, perché per lei sarebbe un trauma. Faremo in modo di trovare un altro modo”. Purtroppo per la Kvitova, “l'altro modo” non esiste. La richiesta di una testimonianza scritta, o tramite videoconferenza, è consentita solo in casi eccezionali (persone che risiedono oltre oceano, impossibilitate a muoversi o sotto minaccia). Il caso Kvitova non rientra nella casistica e il processo non può neanche partire senza la sua testimonianza. Lo ha confermato Eva Angyalossy, portavoce del giudice. “Dovrà per forza venire, perché l'imputato non è d'accordo con qualsiasi altro tipo di testimonianza”. Zondra è tutelato dall'articolo 211 del Codice di Procedura Penale ceco, ma è possibile che non ci sia nessun faccia a faccia tra i due. Se la Kvitova dovesse recarsi in tribunale, esiste la facoltà di far uscire l'imputato se mancano le condizioni per un dibattito sereno. “Ovviamente dovrà essere subito informato del contenuto della testimonianza e può porre domande alla vittima tramite il presidente del collegio”.

LA DIFESA: "ZONDRA NON ERA A PROSTEJOV"
Zondra continua a negare qualsiasi addebito. È in custodia cautelare da maggio e, durante l'udienza, è parso un po' spaesato. Ha parlato della Kvitova, dicendo di essere un appassionato di sport e di seguire il tennis, ringraziandola per i buoni risultati che ha ottenuto. In aula ha portato alcune testimonianze a suo favore, persone che escludono “categoricamente” la possibilità di un crimine del genere. La difesa punta tutto su una carta: l'avvocato sostiene di avere prove “inequivocabili” che il 20 dicembre 2016 non si trovasse a Prostejov, bensì a Napajedla, a circa 75 chilometri di distanza. Al di là del merito – su cui non si è ancora entrati – una faccenda che la Kvitova pensava di essersi messa alle spalle rischia di prolungarsi ancora. Come detto, l'8-9 gennaio potrà esserci soltanto un rinvio perché la Kvitova sarà in Australia. “La legge è uguale per tutti” fanno sapere dal tribunale: per questo, la giocatrice dovrà motivare la sua assenza e poi sarà stabilita un'altra data. Questa vicenda fa tornare in mente il caso di 25 anni fa con vittima Monica Seles, accoltellata da Gunther Parche durante il torneo di Amburgo. Le ferite psicologiche, più che quelle fisiche, tranciarono in due la carriera della Seles. Tornò dopo quasi due anni e mezzo e non sarebbe più stata la stessa. Tra l'altro, il processo stabilì un'incredibile sentenza di libertà vigilata per Parche, scatenando una viva indignazione del mondo del tennis. La Kvitova si è miracolosamente ripresa in pochi mesi e sembra non aver subito traumi: quest'anno ha giocato un ottimo tennis e per qualche mese aveva persino lottato per chiudere l'anno al numero 1 WTA. Uno scadimento di forma le ha impedito di essere competitiva fino all'ultimo, tanto da farle raccogliere tre sconfitte al Masters. La prossima settimana giocherà la finale di Fed Cup, ultimo trofeo sollevato prima dell'aggressione. Nel 2019 cercherà di fare ancora meglio, ma dovrà occuparsi anche di questa vicenda. Chissà se sarà in grado di separare le due cose. Per adesso ce l'ha fatta, ma non ha ancora dovuto parlare in un aula di tribunale…