Il legame tra Lucas Pouille e il coach Emmanuel Planque sembrava inscalfibile, eterno. Invece è bastata una cattiva stagione per chiuderlo "di comune accordo" con un freddo comunicato. Le avvisaglie c'erano, ma sorprende la tempistica: tra pochi giorni c'è la finale di Davis. Il francese è sceso al numero 32 ATP.

Era stato Patrice Dominguez, quasi sette anni fa, a metterli insieme. Era un rischio: da una parte Lucas Pouille, ragazzo quadrato, ambizioso, a cui non avevano ancora presentato la distrazioni. Dall'altra Emmanuel Planque, personaggio molto particolare: coach, ma anche preparatore atletico e laureato in psicologia, look particolare e una passionaccia per Bruce Springsteen. Poteva essere un rischio, invece i due si sono “presi” benissimo ed è nata una bella favola che ha vissuto la sua sublimazione lo scorso anno, quando Pouille ha dato alla Francia il punto decisivo nella finale di Coppa Davis. Sembravano esserci tutte le premesse per una partnership eterna, fino alla fine della carriera del francese. Invece la prima stagione veramente negativa è stata sufficiente per separarli. Planque lo aveva preso quando Pouille si era appena imposto ai campionati nazionali under 18 ed era numero 705 ATP. Lo ha guidato nel passaggio verso il professionismo, lo ha seguito passo passo fino al raggiungimento della top-10, conquistata lo scorso marzo. Dopo aver contribuito a portare la Francia in semifinale di Davis, battendo Seppi e Fognini e Genova, è piombato in una crisi di risultati che è sfociata in una depressione tennistica. In attesa della finale di Davis, in cui dovrebbe comunque essere titolare, il suo bilancio stagionale parla di 25 vittorie e 20 sconfitte, un ranking sceso al numero 32 e un desolante “zero” nella casellina delle vittorie contro giocatori meglio piazzati di lui. Sembra quasi che stia pagando la buona sorte avuta in certe situazioni tra il 2016 e il 2017. Molti ricorderanno la semifinale al Foro Italico, da lucky loser, quasi senza giocare. Oggi, invece, si registrano nove eliminazioni al primo turno negli ultimi 15 Masters 1000 giocati.

"ADESSO HO RIMPIANTI. L'ANNO PROSSIMO NON NE AVRÒ"
La notizia della separazione fa rumore perché i due avevano un rapporto speciale, però non è una vera a sorpresa. A Parigi Bercy, dopo l'ultima batosta, alcune sue affermazioni potevano essere lette tra le righe: “Stiamo cambiando alcune cose – aveva detto dopo la sconfitta contro Gilles Simon – voglio rivedere le mie priorità e iniziare con una base diversa. Il 2018 non ha espresso quello che sono in grado di fare. So cosa ho fatto e so cosa non devo fare di nuovo. Sono numero 32 del mondo e mi sento come se avessi vissuto l'anno peggiore della mia vita. So dove voglio arrivare, e se l'anno prossimo sarò ancora numero 30, significa che quello sarà il mio livello. Quest'anno ho rimpianti, ma alla fine del prossimo non ce ne saranno”. Più che altro ha sorpreso la tempistica, visto che potrebbe destabilizzare Pouille alla vigilia della finale di Davis, l'ultima con il vecchio format, a cui tiene moltissimo. Noah lo conosce bene, gli ha fatto da mentore qualche anno fa (proprio su richiesta di Planque) e ha costruito attorno a lui il nuovo ciclo della Davis francese, non soltanto per una questione anagrafica. Oggi è difficile pensare che possa essere escluso, ma sarà interessante verificare le sue prossime mosse. Di solito i giocatori francesi si affidano ai connazionali, anche perché hanno un settore tecnico di primo piano. Pouille, tuttavia, potrebbe anche sfuggire alla regola. Da qualche anno ha spostato la residenza a Dubai ed è un po' sfuggito al “giro” federale francese. Essendo una persona ambiziosa, che non ha mai lesinato investimenti, potrebbe anche assumere un coach straniero. Nei mesi scorsi, sempre su iniziativa di Planque, si era visto nel clan nientemeno che Tommy Haas. Potrebbe essere un'opzione, anche se il tedesco vive negli Stati Uniti ed è molto preso dal suo ruolo di direttore del torneo di Indian Wells. Si vedrà.