Quella classifica al numero 259 ATP dice molto, ma non tutto. Racconta, per esempio, che Jo Wilfried Tsonga viene dalla stagione più complicata della sua carriera. Un problema al ginocchio lo ha bloccato per quasi tutta la stagione, poi è tornato un paio di mesi fa, mettendo in atto un precipitoso piano di recupero per essere in forma per la finale di Coppa Davis. La prima parte el progetto è andata bene (nonostante un piccolo strappo addominale), visto che è stato convocato a discapito di Gilles Simon e Gael Monfils, e si sta giocando un posto per il ruolo di secondo singolarista con Jeremy Chardy. Il gigante di Le Mans può essere l'ago della bilancia dell'intero weekend. Con uno Tsonga in buone condizioni, la Francia sarebbe favorita. Ma se non fosse in condizione? E se Noah fosso costretto a schierare Chardy? Il rischio è ancora più concreto dopo i fatti di martedì, anche se il team francese cerca di minimizzare, magari dissimulare. La verità è che Tsonga ha interrotto un paio di volte i suoi allenamenti per un problema localizzato tra spalla e schiena. “Jo sta bene – taglia corto il suo allenatore Loic Courteau – la scorsa settimana è stata molto intensa e ha la spalla un po' arrugginita: visto che nei giorni scorsi aveva forzato, oggi non abbiamo voluto rischiare. Davvero, non c'è nessun problema”. Sarà. Nel pomeriggio di martedì, mentre si allenava con lo sparring Gregoire Barrere (n.139 ATP), Tsonga ha interrotto l'allenamento dopo un'ora. È tornato in campo dopo dieci minuti per eseguire una dozzina di servizio, ma si è fermato di nuovo. Circa un'ora dopo è tornato nuovamente in campo, stavolta per una sessione di lavoro atletico senza racchetta, sotto gli ordini del preparatore atletico Xavier Moreau. Durante l'ultima sessione sembrava di buon umore e si muoveva senza imbarazzi, anche se la spalla era bloccata. Pare evidente che l'unico problema sia quello.
OTTIMO BILANCIO, MA NELLE FINALI…
“Non bisogna correre rischi – ha chiuso Courteau – la cosa importante è che la scorsa settimana si sia allenato senza limitazioni. Lo stop di oggi, dopo un'ora, non cambia nulla in vista di venerdì. Non conosciamo ancora le decisioni di Noah…”. È probabile che i dubbi saranno sciolti soltanto alla vigilia, anche se la scelta sembra semplice: dovesse essere a posto, Tsonga è più forte di Chardy. Già a Genova, contro l'Italia, quest'ultimo aveva evidenziato le sue fragilità sulla terra battuta. Nei giorni scorsi, Tsonga aveva manifestato un certo ottimismo, confermando il grande feeling con capitan Noah. “Non lascia nulla al caso e ha un approccio molto umano – racconta Tsonga – si concentra sulle cose buone e non si lascia condizionare da quello che viene detto. Credo che non si possa mai giudicare male chi dà il meglio di sé”. Tsonga ha una vasta esperienza in Coppa Davis: ha giocato 36 partite, vincendone 27 (il 75%). Tuttavia, non è mai stato decisivo in finale. Nel 2010 non fece parte del team che perse in Serbia, mentre nel 2014 perse un brutto match contro Stan Wawrinka nella prima giornata, poi risultato decisivo nell'economia della finale contro la Svizzera. Fu titolare anche l'anno scorso, ma per lui fu festa a metà: vinse senza problemi nel primo giorno contro Steve Darcis, ma poi avrebbe perso contro David Goffin. Ergo: l'eroe fu Lucas Pouille, che ebbe la fortuna di giocare l'ultimo match. Stavolta, in caso di 2-2 (scenario tutt'altro che improbabile, visti i valori in campo), potrebbe essere proprio Tsonga a scendere in campo. Per lui sarà un weekend ad alto rischio: potrebbe infilare un successo indimenticabile, ma c'è il rischio che diventi un disastro, con tanto di mazzata psicologica per i prossimi impegni. Per adesso, prega che la spalla lo lasci in pace. Poi si vedrà.