Javier Alonso e Galo Blanco, rispettivamente direttore generale e sportivo di Kosmos, hanno illustrato alcuni dettagli della nuova competizione. Dicono che l'evento sarà itinerante (“Si sposterà ogni 2-4 anni”), continuano a sostenere di poter coinvolgere i migliori e affermano che lo spogliatoio ha generalmente accolto bene la novità.

Ad appena 48 ore dalla malinconica finale di Lille, è già tempo di pensare alla nuova Coppa Davis. O meglio, la competizione che il Gruppo Kosmos ha scelto di chiamare “Davis Cup Finals”, ma che non ha nulla a che fare con la storia. In un incontro con i giornalisti a Madrid, Javier Alonso e Galo Blanco (rispettivamente direttore generale e direttore sportivo di Kosmos) hanno rivelato parecchi dettagli su quello che sarà, oltre a toccare gli argomenti sui quali si è tanto dibattuto in questi giorni. Per esempio, la partecipazione dei top-players. “La preoccupazione dei giocatori è il calendario – dice Alonso – grazie al nostro intervento, la Davis occuperà due settimane e non più quattro. Era qualcosa che i giocatori chiedevano da tempo”. A suo dire, ci sono diversi giocatori favorevoli alla manifestazione. Oltre a Rafael Nadal, dovrebbero aver garantito la loro partecipazione Marin Cilic e Dominic Thiem (quest'ultimo, tra l'altro, è stato allenato da Blanco per quasi tutto il 2018). Detto che la Svizzera di Federer potrebbe anche non qualificarsi, in una delle tante riunioni Novak Djokovic avrebbe detto che gli piace il progetto, ma che ama anche la Laver Cup e si è impegnato a promuovere l'ATP Cup. “Il suo sogno è quello di avere un'unica grande competizione a squadre”. Quanto a Zverev, fortemente critico con il nuovo format, i vertici di Kosmos sono possibilisti. “Intanto giocherà il primo turno: dovesse vincere, per lui sarebbe difficile spiegare alla sua federazione che non giocherebbe le finali. Cambi come questo richiedono tempo, e il tempo sarà il nostro maggiore alleato”. Quelli di Kosmos dimenticano che la federazione tedesca è stata tra le più accanite oppositrici della riforma. Se Zverev non dovesse andare a Madrid, non dovrà spiegare proprio niente al suo presidente Ulrich Klaus. Questo è pacifico.

VERSO INDIAN WELLS?
Il sorteggio delle fasi finali si terrà il 10 febbraio (una domenica), in modo da dare il tempo sufficiente alle 18 nazioni qualificate di organizzare eventuali trasferte. Ogni federazione avrà a disposizione un numero di biglietti con tariffe agevolate. “Dall'Argentina ci hanno già chiesto informazioni sulla procedura, perché hanno già una domanda importante”. Va detto che il pubblico argentino non è esattamente un paradigma di quello mondiale. Due anni fa andarono in 6.000 a Zagabria per la finale contro la Croazia, e basta dare un'occhiata a quello che sta succedendo in questi giorni per la finale di Copa Libertadores tra River Plate e Boca Juniors. Insomma, citare gli argentini come termometro dell'interesse del pubblico è quantomeno curioso, se non bizzarro. Dopo un paio di edizioni a Madrid, l'evento si sposterà negli Stati Uniti. Alonso non lo ha detto, ma è probabile che si giochi a Indian Wells, a casa di Larry Ellison, che alla vigilia del voto di Orlando aveva espresso il suo appoggio alla manifestazione. “Vogliamo andare in luoghi dove c'è passione e che assicurino il record di pubblico – dice l'ex direttore generale della DORNA, oggi sostituito da Loris Capirossi – la sede cambierà ogni 2-4 anni. Abbiamo ricevuto una proposta da Singapore che era 2,5 volte superiore a quella di Madrid, ma volevamo iniziare in un luogo di tradizione come l'Europa”. Quest'ultima rivelazione fa capire perché Yannick Noah abbia menzionato Singapore nel suo commosso discorso di commiato. C'è poi la questione economica, sui cui Kosmos e ITF battono a volontà. Secondo i promotori, le singole federazioni intascheranno 4-5 volte in più rispetto a oggi.

FED CUP E DAVIS CUP JUNIOR
“C'erano federazioni che non volevano organizzare delle partite in casa perché ci avrebbero rimesso del denaro. Lo stesso Djokovic ci ha detto che la federtennis serba gli chiedeva di organizzare eventi nella sua accademia, perché la federazione non era autosufficiente”. La faccenda del mancato guadagno apre mille interrogativi, anche perché la soluzione non sarebbe stata troppo difficile: bastava ridurre gli obblighi e i vincoli (spesso molto pesanti) per i paesi organizzatori. “L'epica non mancherà neanche con i match al meglio dei tre set – interviene Blanco – in passato le finali dei tornei Masters 1000 si giocavano al meglio dei cinque set, e il cambio è stato assimilato bene”. Non ricorda, l'ex top-50 spagnolo, che l'anomalia era giocare una finale con un format diverso rispetto a quello utilizzato nel corso del torneo. E comunque, per quanto accettata, la regola non ha certo fatto fare i salti di gioia agli appassionati. Per esempio, non avremo più finali fantastiche come quelle vissute a Roma nel 2005 e nel 2006 (Nadal-Coria e Nadal-Federer), mentre negli ultimi anni abbiamo vissuto poche finali davvero memorabili. Al di là di questo, la formula dei match al meglio dei cinque set era tra gli ingredienti più saporiti della Davis. In totale contrasto con quanto detto qualche giorno fa da Frederik Rosengren, Blanco sostiene che la novità sia stata accolta bene nello spogliatoio. “Sono stato tutto l'anno al fianco di Thiem e la percezione dei giocatori è molto positiva”. Si mettano d'accordo: un frequentatore dello stesso spogliatoio (appunto, Rosengren), ha detto esattamente il contrario: “Non c'è nessuno che si sia espresso positivamente sulla nuova Davis”. Confermata la superficie in cemento: le Davis Cup Finals si giocheranno sulla stessa superficie dei tornei precedenti e successivi. A novembre e settembre, dunque, sarà cemento. Soltanto un eventuale spostamento in primavera potrebbe favorire la terra battuta. Come era prevedibile, ci sarà grande spazio per la spettacolarizzazione dell'evento: musica dal vivo, eventi collaterali e l'intenzione di coinvolgere la Fed Cup e persino le competizioni giovanili. Uno scenario che può piacere a qualcuno, ma mette infinita tristezza a qualcun altro.