Dirk Hordorff fa crollare il muro di segretezza sulle scelte delle federazioni più influenti: all'assemblea di Orlando, il 71,57% dei voti permise di sgretolare la Coppa Davis. La notizia più dolorosa è che tra i responsabili c'è anche l'Italia: la delegata Luisanna Fodde ha votato sì. Gli indizi erano evidenti, ma averne la certezza è una grossa delusione.

Fischi. Pesanti e impietosi. Oltre 20.000 francesi hanno manifestato così il loro dissenso sulla riforma della Coppa Davis, sibilando ogni volta che David Haggerty veniva inquadrato durante la finale di Lille, o quando è stato costretto a scendere in campo per premiare l'ex giocatore francese Francois Jauffret. I francesi, come tanti appassionati, si sono sentiti traditi dalla federazione internazionale che non solo ha permesso – ma ha addirittura favorito – lo scempio di Orlando, in cui la rivoluzione targata Kosmos è diventata realtà. Perché sia stato uno scempio ve lo abbiamo già raccontato. Si pensava che i nomi dei delegati e delle federazioni responsabili sarebbero rimasti nell'ombra, in nome della segretezza del voto. Invece un post scritto su Facebook da Dirk Hordorff (vicepresidente della federazione tedesca) espone al pubblico ludibrio i 17 paesi europei che hanno votato a favore. La notizia più dolorosa – per quanto gli indizi fossero chiarissimi – è che tra i responsabili c'è anche l'Italia. Una coltellata nella schiena di ogni (sincero) appassionato. Aveva detto bene Yannick Noah nella conferenza di domenica scorsa, rispondendo a una domanda di Ubaldo Scanagatta: "Vi potrei raccontare la storia della Coppa Davis dell’Italia. Dove sarebbe il tennis in Italia senza la Coppa Davis? Dove? Ha rappresentato talmente tanto. Quelle persone che hanno deciso… forse non lo sanno, o magari per loro è uguale"

LA CROCETTA DI LUISANNA FODDE
Già. Eppure l'Italia (nonostante le dichiarazioni contrarie di Corrado Barazzutti in tempi non sospetti) ha votato sì tramite il suo delegato, la professoressa dell'Università di Cagliari Luisanna Fodde, 60 anni, vecchia conoscente di Angelo Binaghi, con il quale tanti anni fa vinse il doppio misto agli Assoluti Universitari. La Fodde ricopre da anni il ruolo di “ministro degli esteri” del nostro tennis: non era la prima volta che rappresentava la FIT a un'assemblea internazionale. Storico membro di Tennis Europe (la ex ETA, European Tennis Association, una specie di UEFA del tennis, ma meno influente), lo scorso anno ne è diventata vicepresidente. Difficile immaginare che la Fodde, per quanto autrice materiale della crocetta sul “sì”, abbia avuto un reale potere decisionale. È probabile che abbia eseguito indicazioni provenienti da piani ancora superiori. Le indiscrezioni sono note e ve le abbiamo raccontate a suo tempo: si dice che la FIT, inizialmente in dubbio, abbia optato per il sì in cambio dei diritti TV della nuova competizione, fino al 2021. In effetti, l'annuncio dell'accordo arrivò pochi minuti dopo l'ufficialità della vittoria del sì. Una dinamica simile a quella ipotizzata per altre federazioni incerte, la cui crocetta è poi finita nella casellina del “sì”. Vi abbiamo già parlato di queste indiscrezioni.

La novità di queste ore sono i nomi delle federazioni europee (alcune molto influenti) che hanno votato “sì”, con nomi e cognomi dei loro delegati a Orlando. Non sappiamo come Hordorff possa affermare con certezza il loro voto, ma la serietà dell'ex coach di Rainer Schuettler è fuori discussione. Dunque, ecco (oltre a Stati Uniti, Canada, Cina, Giappone, Corea del Sud, Sudafrica, Argentina, Brasile, Cile e Messico) i 17 Paesi europei e i rispettivi rappresentanti (9 presidenti federali, 4 segretari generali e 4 delegati) che hanno contribuito alla morte della Coppa Davis.

SVEZIA – Thomas Wallen, presidente (9)
DANIMARCA – Henrik Thorsoe Pedersen, presidente (5)
FINLANDIA – Teemo Purho segretario (3)
SVIZZERA – Rene Stammbach, presidente (9)
SPAGNA – Thomas Carbonell, delegato (9)
OLANDA – Erik Poel, general manager (9)
BELGIO – Andre Stein, presidente (5)
ITALIA – Luisanna Fodde, delegato (9)
FRANCIA – Bernard Giudicelli, presidente (12)
PORTOGALLO – Vasco Magalhaes Costa, presidente (3)
BIELORUSSIA – Anton Yuspa, segretario (3)
UCRAINA – Evgeniy Zukin, segretario (3)
ISRAELE – Yoni Yarom, presidente (5)
LITUANIA – Ramunas Grusas, presidente (1)
RUSSIA – Alexei Selivanenko, delegato (9)
NORVEGIA – Alexander Kjaer, segretario (3)
TURCHIA – Cengiz Dormus, presidente (5)

CASI CONTROVERSI
I numeri tra parentesi indicano i voti che avevano a disposizione le nazioni citate. Cifra impressionante: 17 nazioni avevano ben 102 voti in mano, quasi il 25% del totale. Una forza politica notevole (e tutto sommato giusta: le federazioni più importanti devono avere maggiore influenza rispetto a quelle meno ricche). Tra questi nomi, tuttavia, si trovano le chiavi che hanno permesso al “sì” di ottenere il 71,43% dei voti contro il 28,57% del “no”. Come è noto, la riforma sarebbe passata con il 66,66% dei voti. L'ITF non ha mai svelato il numero esatto, ma è stato calcolato che per evitare la riforma sarebbero bastati circa 140 voti negativi. Alla fine sono stati 123 (o forse 122). Significa che il limite è stato superato per un soffio. E tra le 17 nazioni elencate qui sopra ci sono alcuni casi molto discussi. Pensate alla Spagna (9 voti), che ha optato per il sì dopo aver odorato la possibilità – o la promessa – di ospitare le prime due edizioni. O al Portogallo (3), che avrebbe dato l'OK dopo aver ottenuto la possibilità di ospitare l'AGM l'anno prossimo. Si dice che il presidente della federtennis ucraina (3) sia stato invitato a una lussuosa vacanza a Bali da Bernard Giudicelli, presidente della FFT (12): come è noto, il francese non avrebbe avuto diritto di voto ma ha potuto esprimersi grazie a un emendamento ad-personam, che ha derubricato la condanna per diffamazione che aveva subìto in Francia e, regolamenti alla mano, avrebbe dovuto costargli il posto.

SAREBBE BASTATO POCO
Un paio di mesi dopo il voto, Giudicelli si è dimesso dall'incarico in seno all'ITF. Sembrava che anche la Russia (9) fosse incerta, ma alla fine ha scelto per il “sì”. Il suo delegato, Alexei Selivanenko, fa parte del Consiglio di Amministrazione ITF, così come Renè Stammbach, presidente di Swiss Tennis (9). Ai tempi della votazione, qualcuno sussurrò che la federtennis belga (5) avesse optato per il sì in cambio di una wild card per la nuova edizione. Fosse andata veramente così, sarebbero stati beffati: gli inviti sono andati ad Argentina e Gran Bretagna. E poi c'è il caso italiano, quello che per noi è più doloroso. L'intero staff tecnico del team di Coppa Davis, da Corrado Barazzutti ai giocatori, si era espresso negativamente sulla riforma. Invece i nove voti dell'Italia si sono riversati altrove, per motivi che non sono mai stati ufficializzati. Difficilmente li saranno. In queste righe abbiamo elencato le scelte di otto nazioni, il cui “potere di voto” totale era di ben 59 voti. Per evitare la riforma, ne sarebbero bastati molti meno. Senza dimenticare le probabili astensioni, che certamente non hanno aiutato il fronte del "no". Per esempio, è certo che l'Austria abbia scelto di non esprimersi ed esiste qualche dubbio anche sulla Gran Bretagna, che pure inizialmente aveva annunciato il "no". Oggi il tennis non sarebbe oggetto di una guerra civile, ma soprattutto la storia sarebbe rimasta al riparo dal volgare attacco dell'opulenza. Invece hanno preferito travolgerla con qualche decina di crocette.