Lo spagnolo Carlos Alacaraz Garfia, classe 2003, e l’americano di origini messicane Emilio Nava, classe 2001, hanno dato vita a uno dei migliori match delle ultime edizioni del Trofeo Bonfiglio. Ha vinto Nava al tie-break del terzo set, ma c’è da giurare che questo incontro si riproporrà tante volte anche a livello proCi eravamo lasciati con pioggia e freddo e ci ritroviamo in estate. La splendida giornata di sole fa cadere le ultime riluttanze e l’incontro di giornata aiuta a smuovere la volontà di andare ad assistere a un match che potremmo rivedremo spesso a livello pro. Opposti, la testa di serie numero 1, Emilio Nava, americano di origine messicana, classe (dicembre) 2001 al giocatore più atteso del torneo, lo spagnolo Carlos Alcaraz Garfia (classe 2003) che si è conquistato la fama di grande promessa del tennis iberico con una serie di risultati inusuali per un quindicenne, entrando anzitempo nel mondo pro. Infatti, non gode di una testa di serie unicamente perché da qualche tempo predilige i tornei Futures e Challenger. Pensate che ha conquistato il primo punto ATP a 14 anni, superando in precocità anche Nadal.

Già ieri avevo osservato brevemente il giovanissimo CAG (acronimo necessario per Carlos Alcaraz Garfia) superare al primo turno il triestino Dambrosi (classe 2001), un giovanotto assai ben piazzato con un pregevole rovescio monomano che mi fa piacere citare in quanto protagonista di un incontro molto positivo, tra l’altro neppure nel suo habitat preferito, almeno osservando le sue caratteristiche fisiche e tecniche. All’angolo dello spagnolo sedeva nientemeno che Juan Carlos Ferrero, un nome e una garanzia, come recitava quella pubblicità: il ragionamento che ne consegue è che se un personaggio di tale prestigio e capacità (ha già allenato Zverev e certamente non gli sarebbero mancate altre proposte) decide di impegnarsi in un progetto di così lungo termine, evidentemente intravede delle potenzialità immense. Emilio Nava, aldilà della nazionalità ufficiale, vive e pratica in Spagna, nella medesima accademia del suo rivale, la Equelite Sport Academy, nella piccola cittadina di Villena, poco distante da Alicante (a questo proposito vi anticipo che il Direttore ha intervistato sia CAG sia Juan Carlo Ferrero per un servizio che verrà pubblicato nel prossimo numero di Tennis Italiano). In ogni caso, non si direbbe trattarsi di una sorta di derby: i ragazzi non appaiono per nulla condizionati dalla conoscenza stretta, forse anche amicizia, tanto che Ferrero a fine match non mancherà di far notare al suo giovane collega che segue specificatamente Nava, una situazione in cui avrebbe dovuto comportarsi diversamente. E, tutto sommato, aveva ragione.

Il match è stato magnifico e combattuto, come basterebbe lo score a far capire: ha vinto Nava con il punteggio di 64 57 76 (5), in oltre tre ore di gioco e in una della più belle ed emozionanti partite che il torneo abbia offerto nelle ultime edizioni. Emilio ha approfittato di un calo fisico di Alcaraz Garfia, colpito dai crampi, per recuperare un terzo set che pareva compromesso, ma nel complesso ha meritato il successo, considerato che già nel secondo set aveva mancato diverse opportunità per chiudere il match. Il finalista dell’ultimo Australian Open (ricordo che Musetti lo superò al termine un tie-break infinito, 14-12) ha compiuto un ottimo salto di qualità nell’ultimo anno: per dire, solo la scorsa stagione perdeva da Davide Tortora al primo turno del torneo di Santa Croce. Sebbene la terra non rappresenti la sua superficie preferita, frenando la potenza di servizio e dritto, ha giocato una partita di grande intensità, carattere e freddezza, abile anche nel gioco di rimbalzo nei pressi della rete, qualità molto rara in chi preferisce usare la clava. Di contro, l’osservato speciale ha lasciato l’impressione di un giocatore già formato in tanti aspetti, con tutte le cose già al loro posto, anche se bisognose di cura: un tennis efficacissimo, con pochi fronzoli e costruito in funzione dell’efficienza e dell’incisività, più che del piacere meramente estetico. Ricorda incredibilmente, pur nella diversità, quello del tennista al quale si ispira (indovinate un po’?). Da segnalare come, al momento del tie-break decisivo, ho contato almeno 500 persone assiepate intorno al campo 8, pur con la visione limitata ad un solo lato, come costringe il campo 8.
Piccola digressione relativa a 24 ore prima, quando in un campo poco distante e contemporaneamente a CAG, giocava un ragazzo italiano di belle speranze, Luca Nardi, anche lui nato nel 2003 e da sempre ai vertici delle classifiche mondiali nelle varie fasce di età. Preciso che non si tratta di un vezzo quello di inserire gli anni di nascita dei giocatori quando si racconta di tennis junior, ma di un modo per cercare di valutare meglio le loro possibilità di crescita: in questa fase dello sviluppo, anche solo qualche mese di differenza può farsi sentire. Nardi era opposto all’ucraino Beloborodko (2001, ranking ITF 34) che mostrava chiaramente i due anni in più, sia in certe fasi del gioco sia nell’aspetto generale ricordando, anche complice il medesimo taglio di capelli, il celebre avversario di Rocky dei primi episodi della serie, Ivan Drago. Luca, che è marchigiano e precisamente di Pesaro, ha una varietà di colpi impressionante e una manualità sorprendente: sa fare tutto, ma in questa fase è una qualità che quasi si trasforma in limite, nel momento di scegliere le soluzioni. Però, se questo aspetto verrà ben coordinato, gli offrirà una possibilità infinita di opzioni. Nell’ultimo anno, forse complice il lavoro svolto o per il corso naturale dello sviluppo fisico, ha incrementato in maniera notevole la muscolatura degli arti inferiori, in particolare della coscia, se i puristi mi passano il termine. Decisamente meno evidente lo sviluppo della zona superiore del corpo, mentre in altezza siamo già su standard più che accettabili. Insomma, senza voler fare il veggente, posso dire che il suo tennis è estremamente piacevole, mai banale e con margini di perfezionamento tattico e caratteriale ancora inesplorati. Si dice che ancora non si sia offerto al tennis con tutto se stesso, come altri già fanno alla medesima età. E anche che la famiglia, seppur condividendo e assecondando la sua passione, si voglia riservare anche l’opzione di una carriera diversa. Quel che posso dire con sicurezza è che di giocatori così non se vedono tutti i giorni e che quando scende in campo ti prende l’occhio. In sintesi, è piaciuto almeno quando CAG, tecnicamente parlando.

Nel torneo femminile, Federica Rossi ha battuto la russa Pepelyaeva: il prossimo match sarà lo spartiacque del suo torneo: affronterà infatti l’attesa statunitense Hurricane Black, testa di serie 2. Pensate che i genitori hanno chiamato la sorella, anche lei tennista, Tornado: una delle storie curiose di cui parleremo nei prossimi giorni.