In finale ha superato 6-2 7-6 il francese Corentin Moutet, vendicandosi della sconfitta incassata nel 2019 contro l’altro francese Monfils. E’ il terzo titolo Atp che vince dopo Umago e Mosca. L’anno scorso era scivolato fuori dai primi 100 per colpa degli infortuni, accettare le sconfitte e i momenti no è stata la chiave della risalita. E Federer si aspetta grandi cose da lui nel 2020.

Escluso dall’Atp Cup, campione in Qatar

Piccola vendetta: la Russia è fuori dalla Atp Cup, Andrey Rublev – che per via del regolamento in Australia non ha potuto giocare – si prende l’Atp 250 di Doha, il terzo titolo Atp della sua carriera dopo quelli di Umago (2017) e Mosca (2019). L’anno scorso qui aveva perso in finale da un francese, Gael Monfils, la rivincita, in due set (6-2 7-6) se l’è presa con il connazionale di La Monf, Corentin Moutet, vent’anni, arrivato a Doha per giocare le qualificazioni e che se ne riparte con un posto fra i primi 70 e 126 mila dollari in tasca. Il pubblico era tutto per ‘Co’, ma Rublev è stato decisamente più forte. Appena entrato in campo ha estratto la spada laser (Darth Andrey?) e solo il talento elastico in difesa di Moutet e un il break restituito sul 4-2 del secondo set lo hanno costretto al tie-break, dove comunque ha spadroneggiato (anche per colpa degli errori di un Moutet un po’ sciupà), chiudendo 7-3 dopo essere stato in vantaggio 6-1. E’ il secondo russo che si porta a casa il trofeo con il falcone d’oro dopo Nikolay Davydenko (2010) e il secondo più giovane a riuscirci dopo Andy Murray (2009-2010).

In lotta contro gli infortuni

Qualche giorno fa Roger Federer aveva detto che si aspetta molto da Rublev : accontentato. Per ora. Da lunedì, a 22 anni, sarà per la prima volta fra i primi 20 del ranking (n.19), e l’impressione è che non si fermerà lì. Dopo essere arrivato al n.31 nel 2018, gli infortuni, anche seri (frattura da stress alla schiena) lo avevano bloccato, all’inizio del 2019 era scivolato fuori dai primi 100 (115 a febbraio) e il lungo stop lo aveva mandato in depressione. L’impresa vera è stata non mollare, non cedere all’istinto autodistruttivo («ogni volta che sbagliavo un colpo mi dicevo: sei il peggiore, non puoi farcela… anche se sotto sotto ho sempre creduto di poter diventare forte»), e un ruolo importante nella risalita lo ha avuto anche la vittoria su Thomas Fabbiano a Winston Salem nello scorso agosto: «era la prima volta che giocavo contro di lui, non sapevo cosa fare per batterlo e questo mi mandava nei matti. Però sono riuscito a vincere. Sono i match che ti danno fiducia, perché impari ad accettare il fatto che puoi perdere ma anche a dare tutto quello che hai».

In serie positiva da novembre

Una lezione che evidentemente Andrei sta iniziando ad applicare con continuità, visto che fra le Finali di Madrid a novembre e la vittoria a Doha siamo a otto vittorie filate. «Sono contento di essere un top-20 – dice – e il lato buono è che sento di avere ancora molto margine di miglioramento. Qui mi trovo sempre bene, allenamenti, organizzazione, clima, tutto, non avevo mai iniziato la stagione vincendo un torneo quindi stavolta è due volte okay. In campo oggi ho perso un po’ la pazienza, ma alla fine sono riuscito a controllarmi, e questo è il mio obiettivo principale: riuscire a stare bene in campo e lottare su ogni punto. Se ci riesco in Australia mi andrebbe bene anche perdere al primo turno. L’Atp Cup? Non ho visto il match con la Serbia, stavo dormendo, ma mi sembra che sia stato un grande incontro, l’Atp piace molto, quindi va benissimo. Moutet? E’ un altro che in campo mostra le sue emozioni, nessuno può capirlo meglio di me perché io sono proprio come lui. La prima volta che l’ho ncontrato è stato in Junior Cup, da under 16, si vedeva già allora che è velocissimo, sente benissimo la palla e sa variare molto, ha un grande potenziale».