Le parole del tennista torinese, intervistato da Il Tennis Italiano al termine dell’avventura che l’ha visto spingersi fino in semifinale nel Challenger di Bendigo
Nel mito di Rafter e Sampras
Andrea Vavassori è pronto al grande salto. Dopo anni di duro lavoro e tanta gavetta, il tennista torinese sta inanellando prestazioni convincenti che gli hanno aperto le porte verso la Top300. Con la preziosa semifinale nel Challenger di Bendigo, torneo del circuito minore che molti giocatori di prima fascia hanno sfruttato per prepararsi al meglio all’Australian Open, Andrea da lunedì avrà un nuovo best ranking, intorno alla 290° posizione mondiale. Proprio a Bendigo è arrivato il successo su Damir Dzumhur, superato con lo score di 6-4 7-5. Durante tutto il torneo Vavassori ha mostrato un tennis di alto livello, a tratti anacronistico e che volge lo sguardo al passato: “Merito di mio padre, che mi ha cresciuto con le videocassette di Rafter e Sampras – ha confidato Vavassori, raggiunto telefonicamente da Il Tennis Italiano.
Quella partita contro Zverev…
“Ho iniziato a giocare all’età di 3 anni, nel campo di mio nonno. Inizialmente era in cemento, con alcune crepe, poi abbiamo messo l’erba sintetica e da lì iniziai a fantasticare sognando di giocare Wimbledon. All’età di 8 anni mi sono trasferito al CT Monviso a Grugliasco, dove sono stato seguito principalmente da mio padre. A 16 anni la mia famiglia si è trasferita a Pinerolo, dove tutt’ora abitiamo. Ho iniziato con le competizioni a squadre, molte delle quali giocate coi miei pari età come Sonego, Donati e Napolitano. Fino agli anni del liceo il mio percorso è andato a gonfie vele, poi ho avuto difficoltà nel combinare il tennis con la scuola. Non potevo permettermi troppe assenze, questo credo abbia tardato un po’ la mia crescita sportiva ma penso anche mi abbia arricchito tanto: per questo devo ringraziare i miei genitori, che mi hanno spinto a non mollare mai nonostante le difficoltà. Dopo la scuola ho deciso di dedicarmi al professionismo, cercando di giocare principalmente qualche futures dopo aver di fatto bypassato lo step junior, a parte qualche torneo giocato in Italia. Uno di questi lo ricordo sempre con il sorriso, in quanto a Salsomaggiore ho incontrato Zverev che mi diede 6-2 6-2. Ero arrabbiato, ma mio padre mi tranquillizzò subito dicendomi: “Tranquillo, hai perso con un fenomeno: questo tra due anni lo vediamo in alto”. Morale della favola? Dopo due anni aveva già vinto titoli e Atp ed era entrato tra i primi 20″.
Un doppista prestato al singolare
Un po’ per necessità un po’ per caratteristiche, Andrea negli anni trascorsi nel circuito si è concentrato molto sul doppio. Complice la riforma del Transition Tour, poi abolita, il tennista torinese si è costruito una classifica di tutto rispetto nella specialità: attualmente ricopre il 129esimo gradino del ranking Atp, a pochi passi dall’agognata top 100 che gli consentirebbe di giocare i main draw degli Slam, importanti sia a livello di esperienza sia a livello remunerativo.
“Da quando ho iniziato ho sempre avuto una predilezione per il doppio. Mi è sempre piaciuto. Mio padre fin dagli inizi mi ha spinto ad attaccare a rete e a usare spesso il serve and volley: era un fan accanito di Rafter e Sampras, sono cresciuto vedendo le loro videocassette e questo non può che avermi ispirato. Da lì ho cercato di applicare un tennis diverso, per certi versi più estroso. Questo ovviamente mi ha penalizzato all’inizio, perchè è un tennis più difficile da assorbire e da affinare rispetto ad uno stile di gioco più regolare. Attualmente gioco il doppio con Luca Margaroli, siamo reduci dalla vittoria di un torneo Futures in Nuova Zelanda e dalla finale nel Challenger di Noumea: spero di entrare nei 100 per partecipare ai Major, mentre nel singolare spero di ottenere presto la classifica per giocare le qualificazioni”.
“Obiettivi futuri? Non si dicono”
Si dice che chi ben comincia è a metà dell’opera. Con l’exploit australiano, Vavassori salirà in classifica e potrà guardare con maggiore fiducia ad un 2020 che si preannucia promettente. Merito anche di un off season oculato, di una programmazione che non lascia nulla al caso e di un atteggiamento positivo e ambizioso.
“Sono molto soddisfatto del lavoro svolto nella preparazione invernale. Con il nuovo preparatore Marco Sesia e di comune accordo con tutto il team ho deciso di venire in Australia. A Bendigo ho giocato ad alto livello, servendo bene fin dalla prima partita in ottavi contro Banes: ho messo a segno 18 ace, credo sia il mio record. Poi ho battuto un top 100 come Dzumhur, non posso che essere felice per il livello espresso. Obiettivi futuri? Non si dicono. Ma posso assicurare che sono ambiziosi, com’è giusto che sia“.