I cinque set strappati a Khachanov, senza mai mollare per 4 ore e mezzo, sono un indizio pesante: il super talento australiano forse ha capito che è venuto il momento di aggiungere una dose di normalità alla sua quotidiana follia. Agli ottavi incontrerà Nadal, e anche Wilander avverte Rafa: “è la sfida più pericolosa per Rafa”

Non solo tweener

E se Nick Kyrgos stesse maturando? E se stesse diventando più – okay, bisogna dirlo con circospezione:- ‘affidabile’?…

Senza perdere la follia che lo abita, inguaribile e benedetta, ma limando le nevrosi che in lui tendono pericolosamente alla psicosi. I cinque set scuciti a Khachanov – 4 ore e 24 minuti, il match più lungo della sua carriera – il russo tutto dedizione e ferramenta, sono una mezza prova che arriva dopo altri indizi. Con una coscia dolorante – «e le gambe, ragazzi, che pesavano quaranta chili ciascuna…» – Nick il Folle non ha mollato, non si è disunito. Non si è cercato un’uscita di sicurezza scavando nel muretto fragile delle scuse. Ha tenuto duro, anche dopo il tie-break perso nel quarto set, e nel super tie-break del quinto ha incollato un punto all’altro restando appiccicato al match. E se l’è preso con uno scambio, quello che lo ha portato al matchpoint, che è la dimostrazione lineare di come il giullare del tennis – quello che ti fa giocare un passante per vedere come va a finire, o che invece di piazzare uno smash aspetta il rimbalzo per baloccarsi con un tweener -, che Nick l’incompiuto sa anche trasformarsi in talento architettonico puro, essenziale: diritto alzato sul rovescio di KK, rovescio schiacciato che scatta lungolinea come un cobra. Applausi a scena aperta, e non solo perché si gioca a Melbourne.

Il giovane Holden del tennis

Kyrgios non sarà mai un giocatore normale, lo sappiamo. Ma può diventare un giocatore. E allora sarebbe tempo di suonare le campane, convocare la banda e gli aedi, perché il tennis gli scorre nelle vene come ad un principe Darth tentato dal lato lato luminoso della Forza.

Negli ottavi gli tocca Nadal, e tutti stiamo trattenendo il fiato perché questo può essere l match che accende il torneo. L’ottavo capitolo di una saga che manda in corto il circuito, iniziata nel 2014 a Wimbledon, quando il 19enne Nick balzo dall’iperspazio per sradicare Rafa – che lui perfidamente chiama ‘Ralph – dalla segale benedetta dei Championhips. Sembrava il giovane Holden del tennis, the catcher in the rye (e rye, non a caso, è il nome inglese della segale), con quei colpi che sono l’alfabeto perfetto di un adolescente inquieto, illuminato e detestabile, pieno di sogni giusti – la sofferenza per la sua Australia che brucia, lo spirito di squadra in Davis e in Laver cup – e di idee sbagliate.

Una mente pericolosa

Nadal è il suo antipode tennistico in una sfida squilibrata – il quasi tutto vinto da Rafa, il quasi niente che si è portato a casa Nick – ma affascinante. Nadal lo osserva come si fa con il nipotino capriccioso che ti si infila fra le gambe, a volte con pazienza, a volte con insofferenza. Kyrgios del numero uno percepisce l’immensità sportiva, ma tende a non rispettarla. Anche a Melbourne per rispondere al giudice di sedia che gli rimproverava i tempi lenti, ha mimato i gesti di Nadal, il nemico pubblico dello shot-clock, toccandosi dietro le orecchie e slargandosi lo slip.

«Un match contro Kyrgios è lo scenario peggiore per Nadal», dice Mats Wilander, guru tecnico di Eurospsort. «E lo è per molti motivi, il principale dei quali è che Nick serve così bene (anche oggi ha superato i 30 ace, ndr) e con lui gli scambi non sono mai lunghi. Ma non è Karlovic o Isner, sa giocare anche da fondo. Ha mani incredibili e grandi fondamentali, quindi non si fa dettare lo scambio, e non ti dà nessun ritmo. E l’ultima cosa è che la mente di Kyrgios è diversa da quella di tutti gli altri». Una mente pericolosa. Per se stesso, ma ora anche per gli altri.