Federer si era già fermato e alla ripresa sarà attorno ai 40 anni, Nadal potrebbe sfruttare la carta Roland Garros: sempre che si giochi davvero. Djokovic aveva iniziato il 2019 alla grande, ma si troverà ad aver perso un anno. La soluzione dell’enigma non è facile come sembra.
Un 2020 da cancellare
Ci rendiamo conto. Viviamo giorni difficili e non è facile parlare di tennis. Per niente. Da quasi un mese siamo ormai barricati tra le nostre quattro mura e ci deprimiamo con le notizie che arrivano ininterrottamente dall’Italia e dal mondo.
Stiamo vivendo situazioni finora soltanto immaginate in qualche scadente b-movie, e mai avremmo neanche ipotizzato di ritrovarci un giorno a viverle in prima persona. Tutto chiude, tutto rimarrà chiuso per chissà quanto tempo ancora. Triste, molto.
Il tennis, il nostro amato tennis, non fa eccezione. Prima la decisa e tempestiva cancellazione di Indian Wells. Poi quella un po’ meno spontanea di Miami. Quindi anche Monte Carlo ha dovuto alzare bandiera bianca. Prima della bomba atomica che avrebbe sconvolto il mondo del tennis per come lo conosciamo oggi: la decisione autonoma del Roland Garros di rinviare lo slam parigino all’ultima settimana di settembre e alla prima di ottobre. Con ripercussioni e strascichi nei rapporti tra Atp, Wta, Laver Cup, gli altri tornei dello slam e Federazione francese slam che minacciano di avere conseguenze negative anche per gli anni a venire.
E arriviamo così alla seconda bomba, quella di ieri delle ore 17 in punto: la decisione di Wimbledon di cancellare l’edizione 2020. Nessuna esitazione, nessun rinvio, nessun conflitto con gli altri attori del circuito. Appuntamento a tutti direttamente al 2021, con rimborso dei biglietti e annesso diritto di prelazione per l’anno prossimo. Decisione inappuntabile, che spiega una volta di più come Wimbledon non solo sia senza ombra di dubbio il più prestigioso torneo del mondo, ma come a livello di autorevolezza sia proprio un’altra cosa rispetto a chiunque.
Arriviamo così a noi. La cancellazione di Wimbledon potrebbe aprire a scenari finora impensabili. Intanto è arrivata a stretto giro di posta anche la decisione della sospensione di qualunque attività fino al 13 luglio. Ma a questo punto la domanda che inizia a serpeggiare tra tanti è la seguente: si giocherà ancora in questa stagione?
Domanda, se ci pensate bene, nient’affatto peregrina. Intanto perché stiamo vedendo come il virus non viaggia nel mondo alla stessa velocità. Quindi sarebbe assolutamente impossibile oggi prevedere quanto succederà tra 3 o 4 mesi. E poi – anche nell’ipotesi d’un rallentamento nella pandemia – la ripresa della vita non potrà essere che graduale. Nel rispetto di quella che tutti gli esperti stanno chiamando da giorni la “fase 2”, quella della cosiddetta convivenza con il virus. Ma per il tennis sarebbe possibile convivere con il virus? Assolutamente no, fin troppo ovvio. Troppi viaggi, troppi paesi con decisioni diverse in materia, troppi spostamenti di giocatori, team e appassionati. Cos’accadrebbe, ad esempio, se nel famoso Roland Garros di fine settembre anche soltanto uno spettatore risultasse contagiato? Per non parlare dei giocatori… Un rischio elevatissimo e francamente inaccettabile. Da qualche parte è stata ventilata l’ipotesi di una riapertura a porte chiuse… Ve la ricordate Italia-Corea di Coppa Davis? Ecco, no grazie.
Una stagione in meno per raggiungere Federer
Ecco quindi che l’ipotesi che la stagione possa essersi conclusa lo scorso febbraio non è da scartare a priori. E qui inizia la parte più leggera della nostra riflessione. Quella che in qualche modo ci fa tornare – fosse anche solo per cinque preziosi minuti – a pensare alle classifiche, agli slam, ai record e al GOAT.
Già, il GOAT. Proprio lui. La stagione s’era aperta con la vittoria di Djokovic all’Australian Open, che era valsa al serbo – oltre al ritorno al vertice della classifica – il titolo numero 17 negli slam. Con Nadal a soli due titoli di distanza (19) e Federer a tre (20), il serbo aveva finalmente rotto gli indugi: “Voglio finire la stagione da imbattuto”.
A parte l’ipotesi beffarda che la sua profezia potrebbe essersi avverata con ben 10 mesi d’anticipo, la dichiarazione conteneva in sé un paio di implicazioni: la realizzazione del Grande Slam (41 anni dopo Laver) e il raggiungimento di Federer a quota 20 Slam (nonché il sorpasso a Nadal).
Con la stagione 2020 in naftalina l’ambizioso piano del Djoker non solo salterebbe, ma le conseguenze sarebbero difficili da immaginare, per lui e gli altri due protagonisti della storia. Facciamoci due conti. Federer l’anno prossimo andrà per i 40 e dopo la per lui “devastante” notizia della cancellazione di Wimbledon, vedrebbe le sue residue speranze di rivincere uno slam ancor più ridotte. Vero che con lui non si sa mai (do you rememebr 2016-17?) ma la logica porterebbe a pensare questo.
Nadal in giugno compirà 34 anni e sarebbe stato senza dubbio ancora l’uomo da battere al Roland Garros in questa edizione. Lo sarebbe ancora l’anno prossimo a 35 anni, dopo quasi un anno di inattività. Forse sì, ma non possiamo darlo per certo.
Ma forse il danno maggiore lo subirebbe addirittura Djokovic. Quest’anno sarebbe stato il favorito assoluto in almeno due dei restanti slam (Wimbledon e Us Open). Anche non gli fosse riuscito di centrare l’obiettivo di “finire imbattuto”, avrebbe avuto la possibilità di finire l’anno a 19 slam: uno solo meno di Rafa (eventualmente vittorioso a Parigi) e Federer.
Insomma, non si dovesse giocare più si ripartirebbe l’anno prossimo esattamente dalla stessa situazione attuale: Federer 20, Nadal 19 e Djokovic 17. Tutti con la stessa classifica, ma anche con un anno di più. Secondo voi chi ci rimetterebbe?