Enrico, ora coach della Rome Tennis Academy, parla al Tennis Italiano della sua collaborazione con l’ex numero 1 al mondo: “A Wimbledon giravo con la guardia del corpo, Monica aveva ricevuto delle minacce”

Dalle quali al Foro a sparring della numero 1 al mondo

Sono passati ventisette anni da quel tragico pomeriggio sul rosso di Amburgo. Era il 30 aprile del 1993, Monica Seles è in controllo contro la Maleeva ma durante il cambio campo viene aggredita da Gunter Parche, lo squilibrato sedicente tifoso della Graf che giustificò il suo folle gesto con la volontà di restituire il primato del ranking alla tedesca. “Non ricordo dove fossi quel giorno maledetto, probabilmente su un campo da tennis come al solito. Ci rimasi davvero male, tristemente stupefatto“. A parlare è Enrico Sellan, l’ex sparring partner della numero 1 al mondo nella stagione 1992. “Quell’anno giocai le qualificazioni al Foro, lei si allenava nel campo accanto – ha raccontato al Tennis Italiano – all’epoca si giocava prima l’evento femminile e poi quello maschile. Non so se il padre sbirciò sul mio campo quel pomeriggio, comunque Monica rimase qualche altro giorno all’Hilton per allenarsi una volta terminato il torneo. Conoscevo molto bene il maestro dell’hotel, mi chiamò dicendomi che la Seles cercava qualcuno con cui allenarsi. Lavorammo un paio d’ore di grandissima intensità, poco prima che finisse la sessione papà Karolj mi avvicinò dicendomi che Monica si era trovata bene e mi propose di seguirla al Roland Garros. Ovviamente accettai senza pensarci due volte, di lì a poco giocavamo sul centrale del Roland Garros”.

Enrico, ora coach della Rome Tennis Academy, ha assaggiato i grandi palcoscenici grazie alla collaborazione con la Seles. “Vinse a Parigi in una finale al cardiopalma contro la Graf, 9-7 al terzo e subito dopo fu il suo manager, questa volta, ad avvicinarsi a me: “Monica vorrebbe farti un contratto fino a WImbedon”. Lei non giocò tornei di preparazione, ci allenammo a Bristol per sei ore al giorno: un massacro, farlo sull’erba fu durissimo“. La Seles alloggiava da sola, sotto falso nome per ragioni di sicurezza e viaggiava in auto con vetri oscurati. “Ai Championships giravo con la guardia del corpo, aveva ricevuto delle minacce di morte anche se penso si riferissero a questioni politiche e non legate al tennis”.

Nel frattempo, Enrico strinse un bellissimo rapporto con il padre della Seles: “Avevo 21 anni ed ero essenzialmente solo, per questo lui passava tanto tempo con me. Cenavamo insieme, mi spiegava tante cose. Nei momenti liberi studiavamo le possibili avversarie e devo dire che sia Karolj che Monica erano aperti ad ascoltare i miei consigli nonostante lei fosse la numero 1 al mondo”. Nonostante la sconfitta in finale contro la Graf, la collaborazione proseguì per il resto della stagione. “Durante l’interruzione per pioggia, il manager mi avvicinò nuovamente proponendomi l’allungamento del contratto sino al 31 dicembre, in cui restai a disposizione della Seles“.

Seles, la tennista spartiacque

Poi il fattaccio di Amburgo. “Dopo quel torneo sarebbe tornata a Roma, avevamo già l’accordo per ripetere il set di tornei del’anno precedente. I mezzi di comunicazioni di quei tempi non erano efficienti come i nostri, le mandai un telegramma e lei mi rispose che le faceva piacere aver ricevuto un mio messaggio. La rividi nuovamente dopo diversi anni al Foro allenata da Pistolesi: lì continuavo la mia attività da sparring e ci salutammo”.

Uno dei più grandi interrogativi degli appassionati riguarda la possibile bacheca della Seles al termine della carriera senza quella maledetta aggressione. “Nella storia del tennis ci sono dei giocatori spartiacque e Monica era una di questi. Si piazzava dopo il tennis di Navratilova e Graf e può essere definita come una antesignana di Serena Williams – descrive Enrico – Aveva un tempo sulla palla difficile da descrivere, tirava forte da qualsiasi parte del campo e ti massacrava dal primo all’ultimo punto. E poi non ti lasciava mai la partita, un po’ come Nadal sotto il punto di vista della mentalità. Come lei non ce n’erano sul circuito, l’unica che poteva avvicinarsi come stile era la Capriati ma parliamo di due categorie differenti”.

Il dualismo con la Graf era percepibile sul campo. “Tra di loro non c’era chissà quale feeling, si salutavano appena quando si incrociavano sui campi ma è una cosa che nel circuito femminile si può verificare con più facilità. Il gesto di Parche non ha nulla a che fare con possibili sette di tifosi: è solo quello di uno squilibrato che magari si sarebbe verificato in una partita di calcio o in qualsiasi altro sport. Oggi, fortunatamente, non sarebbe più possibile grazie ai progressi fatti nel campo della sicurezza”.