Davide Scala racconta il percorso che lo portò agli Internazionali d’Italia 1997 e la vittoria contro Tim Henman sul Centrale
Una crescita iniziata nel 1996
Gli Internazionali d’Italia 1997 sono il torneo di Davide Scala. Dopo il primo round, il tennista emiliano è l’unico superstite azzurro in tabellone, al varco lo aspetta Tim Henman; il resto è storia. L’impresa capitolina arriva dopo un percorso di crescita iniziato nel finale della stagione 1996, come racconta il diretto interessato ai microfoni de Il Tennis Italiano: “Io venivo dai tornei inferiori, c’erano ancora i satelliti, ma quell’anno arrivai intorno alla 200esima posizione giocando principalmente le qualificazioni dei Challenger – ricorda Davide che prese un rischio per alzare l’asticella – Viaggiavo con la mia macchina e ai tempi non avevi nulla di garantito nelle quali, ogni settimana rischiavi di andare a casa senza punti, senza soldi e con l’albergo da pagare. Fortunatamente ho iniziato a qualificarmi in diverse occasioni fino a fare finale a Budva nel 1996 – prosegue Scala che di quel torneo ricorda in particolare un doppio turno – Un giorno giocai doppio turno, al mattino su un campo pesantissimo vinsi 7-6 al terzo contro Vicente e alla sera regolai Lopez Moron con un doppio 6-2. La settimana dopo feci quarti a Skopje e da lì iniziai ad ingranare riuscendomi a garantire il main draw in diversi Challenger”.
La rimonta in notturna contro Tim Henman
Trovata regolarità nei Challenger, arriva la settimana di Roma 1997 e senza un infortunio precedente, non è neanche certo che Scala avrebbe provato l’avventura al Foro. “Venivo da venti giorni stop per un infortunio, trascorsi quel tempo a Bologna a fare fisioterapia senza toccare la racchetta. In quel periodo però mi allenavo a Roma, ero convalescente e decisi iscrivermi senza aspettative particolari – ricorda Davide che inizia così la sua cavalcata nelle qualificazioni – Al debutto trovai Kiefer, ai tempi era un giovane in ascesa ed era intorno alla centesima posizione (finirà l’anno in top 40 ndr). Pronti, via ed è 3-0 per lui, da quel momento però persi un solo game e finì 6-4 6-0 per me. Il turno successivo giocai contro Martin Sinner e staccai il pass per il main draw”.
Con il 6-2 7-5 sul tedesco, Scala guadagna il primo main draw della carriera al Foro Italico; il sorteggio lo mette di fronte ad un match particolare. “Al primo turno fui sorteggiato contro Musa (anche lui qualificato), ci allenavamo insieme ed entrò in gioco anche il fattore emotivo; tra l’altro lui da romano aveva il pubblico a favore. Fu una battaglia, ma io nei derby mi esaltavo; alcuni li soffrono ma per me conoscere l’avversario era un vantaggio”. Spiega il bolognese che alzo le braccia al cielo dopo 2 ore e 52 minuti di gioco, punteggio di 6-4 6-7 7-6 alla stretta di mano.
“Così dopo venti giorni di inattività senza impugnare la racchetta, giocai tre match e arrivò il secondo turno contro Henman – dice Davide che aggiunge un ulteriore dettaglio – Quell’anno il caso volle che io fossi l’unico italiano ad aver superato il primo round, per questo giocai alle 20.00 sul Centrale”. Arriva così il momento della sfida al britannico: un inizio da copione, poi la rimonta: “Fisicamente avevo risentito del match con Musa, gli adduttori erano cotti. Con Henman entro in campo e perdo il primo set 6-1, fui sorpreso dal suo gioco; era un altro tennis – commenta ancora oggi Davide – Annullò il mio schema di riferimento perché dal lato del rovescio era ingestibile. Nel secondo parziale andai sotto di un break e reinventai il mio approccio senza aver nulla da perdere. Decisi che non avrebbe più fatto un rovescio e all’improvviso cambiò la partita, i dolori sparirono e vinsi il secondo. Nel terzo set siamo stati in parità fino al mio break e alla vittoria”. A dirla così la fa forse anche semplice Scala che infatti sottolinea le difficoltà nel togliere il servizio a Henman per via di un kick insidiosissimo sul rosso. Punteggio finale sul centrale 1-6 6-3 6-4 per l’azzurro. Scala rimembra brevemente anche il match di terzo turno perso in due set contro Scott Draper: “Il turno dopo beccai Draper che il giorno prima aveva battuto Muste, quindi sicuramente era uno che sapeva giocare. Io ero cotto, lottai nel primo set ma dopo averlo perso 7-5, cedetti per 6-2 il secondo. Tra l’altro dopo quel match fui costretto ad un nuovo stop e saltai Parigi”.
I tre derby vinti a Merano ed un piccolo rimpianto per la classifica
Il periodo buono però non si esaurì con la rassegna capitolina, Scala ricorda in particolare due tornei dove confermò il suo valore: “Rientrai a Bologna con una wild card e vinsi con Gumy prima di perdere contro Lapentti sotto un sole incredibile alle 14, faceva così caldo che alla fine era come fosse lui a giocare in casa”. Ride Davide ricordando quel match, l’altro grande ricordo è quello di Merano: “Quell’anno giocai anche un 100.000$ a Merano. Alla vigilia di quel torneo mi allenai tutta la settimana con Gaudenzi, mio amico dai tempi di Riano; quando tornava a casa a Ravenna di solito ci allenavamo insieme – afferma Scala che all’arrivo trovò un sorpresa – Io e Andrea entriamo al circolo per vedere il tabellone ed eravamo contro. Giochiamo la sera sul centrale, match incredibile vinto 3-6 6-2 7-6. Al turno successivo becco Camporese e vinco agevolmente, ai quarti batto Sanguinetti sempre in due ed in semifinale trovo Santopadre; con lui perdo al terzo dopo essere stato sopra di un set ed un break: ero cotto di testa”. Spiega Scala che inseguiva il sogno Coppa Davis: “In quel periodo mi giocavo la convocazione per la semifinale di Davis che si giocava però in Svezia sul veloce e non fui chiamato da Panatta. Però avevo battuto tantissimi connazionali in quel periodo, d’altronde l’ho detto che nei derby mi esaltavo”.
Ripensando a quei due anni il giocatore classe 72 fa una riflessione: “Il mio periodo d’oro è stato tra il 1996 ed il 1998, poi mi sono un po’ perso. Arrivai ad essere 117 del mondo ed ho un po’ di rammarico perché credo avrei potuto avere tranquillamente un best ranking più alto – dice Davide con onestà – Ai tempi c’erano ancora i punti bonus e andando a vedere la classifica, molti dei miei punti erano in dote proprio perché avevo battuto gente forte”. Spiega Scala che in quel periodo giocò tra l’altro due match alla pari con Moya (uno con match point in qualificazione a Kitzbuhel) ed uno con Muster. “Potevo battere chiunque come perdere da chiunque se non ero in fiducia, ma giocavo bene e potevo essere ostico per quasi tutti. Un po’ di gente forte l’ho battuta quindi potevo sicuramente avere una classifica migliore”.