Dopo le recenti dichiarazioni del presidente Fit Binaghi, che si dice ottimista sullo svolgimento del torneo di Roma a settembre, il Foro torna d’attualità. Qui Vincenzo ha raccolto le uniche vittorie in carriera contro un top-10: dalle emozioni per un sogno che si avvera ai corsi e ricorsi storici da allenatore di Berrettini
Dalla magia da spettatore al sogno realizzato
“Neppure il miglior narratore riuscirebbe a trasmettere più di un decimo della magia del Foro Italico”. Vincenzo Santopadre riassume così l’essenza degli Internazionali d’Italia di Roma, teatro di alcune delle sue vittorie più importanti della carriera. “Per un italiano, o a maggior ragione per un romano, giocare su quei campi è come vedere realizzare un sogno che si ha da bambini. Da spettatore, la settimana del Foro era speciale. Ci andavo ogni anno con i miei genitori, a volte saltavo la scuola il giorno dopo perché mi trattenevo sino a tarda sera. Ricordo nitidamente la finale tra Noah e Mecir, ero molto vicino al campo e in estasi per il loro tennis”.
I sogni di Santopadre prendono sempre più forma col passare degli anni grazie alle esperienze da sparring. “Ricordo Navratilova, Seles ma soprattutto Rafter: un anno arrivò a Roma con largo anticipo, ci allenammo per una settimana. Ho giocato poi in parecchie occasioni le qualificazioni, a quei tempi bisognava firmare e sperare di essere dentro. Preferivo però perdere una settimana in cui sarei potuto entrare in un altro che torneo che saltare Roma”. Per Vincenzo quel periodo della stagione assumeva contorni decisamente diversi rispetto a ogni altro evento. “Nell’armadietto avevo sempre dieci racchette, sino all’ultimo ero lì a scegliere in modo maniacale quale fosse la migliore come tensione delle corde. Giocavo il match nella mia testa dall’uscita del tabellone, visualizzavo il campo e l’avversario. Avevo sempre una tensione positiva addosso e ho sempre giocato al 300% delle mie possibilità“.
L’esordio nel main draw per Vincenzo arriva nel 1996 contro Berasategui, ex finalista del Roland Garros. “Partii fortissimo, spingendo su ogni palla per evitare di entrare nello scambio, c’era una bella adrenalina. Purtroppo lui riuscì a prendere le contromisure e, dopo un primo set lottato, fui sconfitto per 7-6 6-2″. Il meglio, tuttavia, doveva ancora arrivare. Nel 1998 sorprese il numero 10 al mondo Karol Kucera per 6-4 6-3. Con il tifo impazzito sugli spalti e sotto gli occhi della futura moglie Caroline Boniek (figlia di Zibi, ex calciatore di Juve e Roma) Santopadre superò per la prima volta il primo ostacolo al Foro. “Mi ero sbarbato qualche giorno prima e per scherzo dissi in conferenza stampa che sarei rimasto così per sempre – confessa a proposito di un fioretto mai rispettato – Al secondo turno giocai contro Tommy Haas. Nonostante la giovane età se ne parlava già molto bene, aveva un tennis potente ma anche di sensibilità. Non mi lasciò scampo, persi per 6-2 6-1: fu l’unica volta in cui mi sentii in totale balia dell’avversario agli Internazionali”.
La vittoria su Norman e le analogie con Berrettini
Non fu l’unica grande gioia per Santopadre sui campi di Roma. Nel 2001, da wild card, Vincenzo estromise il campione uscente Magnus Norman con un altro 6-4 6-3. “All’epoca non c’erano app, non c’erano tabelloni in Pdf da consultare e scaricare. Ricordo che incontrai per caso Giorgio Di Palermo con il foglio in mano, mi guardò un po’ dispiaciuto e mi disse che avrei giocato con Norman – racconta – Ma io non diedi molto peso al sorteggio, lo avevo già sconfitto qualche anno prima e come tipologia di gioco non mi dava alcun fastidio. Un tennista vive di stimoli. Giocare davanti al proprio pubblico contro il numero 5 al mondo, detentore del titolo e senza nulla da perdere: non potevo chiedere di meglio”. Fu un match quasi a senso unico in una giornata strana e condizionata dalla pioggia, l’unico rammarico forse una cornice di pubblico non da tutto esaurito per le condizioni climatiche ma Santopadre riuscì a lasciar comunque il segno: “Non entrai in campo affatto sconfitto: certo, sapevo che per vincere lui avrebbe dovuto giocare un po’ al di sotto degli standard e io al massimo ma un sorteggio che altrove può sembrare molto duro, a Roma ti concede una chance in più. Gli spettatori italiani ti sostengono dal primo all’unico punto, puoi sbagliare anche la palla più facile del mondo ma sei tranquillo che dal quindici successivo saranno ancora lì ad incitarti“.
Diciotto anni dopo Santopadre ha potuto rispecchiarsi per certi versi nell’allievo Matteo Berrettini. Il romano, ora top-10, così come il suo coach è entrato in tabellone nel 2019 attraverso una wild card e ha battuto il numero 5 al mondo Alexander Zverev. “Non sono una persona scaramantica ma, per quanto lo sport possa cambiare col passare degli anni, certe sensazioni rimangono le stesse. Matteo aveva già rotto il ghiaccio al Foro, ero fiducioso ma poi ho pensato a una sorta di ricorso storico. La sera prima gli ho mandato un messaggio, un avvenimento abbastanza raro: “Domani lo purghiamo”. E così è stato”.
In attesa di conoscere le novità del calendario per la restante parte di 2020, Santopadre spera di rivedere i grandi protagonisti del circuito nella capitale. “Giocare a settembre non sarebbe un problema ma per me gli Internazionali d’Italia sono a Roma, non a Milano o Torino. Inoltre i giocatori sono affezionati al posto, si respira un bel clima, si mangia bene: sono tutti fattori cui gli atleti fanno caso. Disputare il torneo altrove non sarebbe lo stesso”.