Un ricordo del grande campione australiano scomparso ieri tratto dal volume di Luca Marianantoni ‘150 volte Slam’, in libreria per l’editore Pendragon di Bologna. Non spettacolare come i suoi connazionali più famosi, per un paio di stagioni alla fine degli anni ’50 Cooper è stato il più forte del mondo grazie al suo tennis solido e aggressivo

Quando Ken Rosewall e soci passarono professionisti, a mettersi in evidenza tra gli australiani fu il ruvido ma solidissimo Ashley Cooper. Aveva lavorato duramente per diventare un campione, senza lasciare alcunché al caso. Allenamenti durissimi, tanta corsa, sollevamento pesi ed esercizi che lo sfiancavano.

Eppure i risultati latitavano: dal debutto, i migliori risultati erano stati i quarti di finale ai Campionati d’Australia (1954, 1955 e 1956), la semifinale al Roland Garros (1956), due modesti ottavi di finale a Wimbledon (1954 e 1956) e un quarto di finale a Forest Hills (1956). Niente che potesse far immaginare un futuro radioso per un giocatore dalla mentalità offensiva, completo, rapido, ma con un difetto imperdonabile: non sapeva essere spettacolare.

Ma al ritiro dei gemelli, Ashley Cooper diventò per due stagioni il più forte giocatore del mondo. Vinse i Campionati d’Australia del 1957 superando Malcolm Anderson in semifinale e Neale Fraser in finale. Al Roland Garros fu semifinalista, a Wimbledon finalista, stracciato dall’impareggiabile Lew Hoad (6-2 6-1 6-2), come a Forest Hills, piegato in finale da Mal Anderson.

Si vendicò subito perché quattro mesi dopo vinse per il secondo anno di fila in Australia battendo proprio Anderson in finale. A Parigi fu per il terzo anno di fila ancora semifinalista (questa volta fermato da Sven Davidson), ma in estate calò la storica accoppiata Wimbledon-Forest Hills. Ai Championships superò Mervyn Rose in semifinale e Neale Fraser in finale, in America Vic Seixas nei quarti, ancora Fraser in semifinale e Mal Anderson in finale. Dopo Crawford, Perry, Budge, Trabert e Hoad, Ashley Cooper fu il sesto della storia a vincere almeno tre Slam in una stagione.

Nel 1959 passò tra i pro senza avere la possibilità di difendere i suoi titoli. Lo ritroviamo in tabellone al Roland Garros del 1968, la prima edizione Open, ma non si presentò alla sfida di secondo turno contro l’australiano Bob Hewitt.